NEL'68 ERA UN BAMBINO ORA E' UOMO DI DOLORE
NEL '68 ERA UN BAMBINO ORA E' UOMO DI DOLORE NEL '68 ERA UN BAMBINO ORA E' UOMO DI DOLORE Porporati, un «romanzo di formazione» un io narrante approdato - parrebbe - a una chiara cognizione di sé: stagione per ogni anno cruciale che il nostro eroe-antieroe individua nella sua progressiva esperienza della vita. La primavera della nascita, quasi un prologo breve; l'inverno dell'apprendistato adolescenziale trascorso in un ginnasio-liceo milanese; l'estate di un soggiorno londinese in cerca di assetto e finita in un percorso on the road ai confini o poco meno dell'irrealtà; l'autunno di un ritorno-consuntivo che finisce o sfinisce, forse, in estrema saggezza. Luciano Malaspina (il nome compare poco ma non è da poco) vive in una famiglia borghese appena paradossalmente tipo: genitori separati dopo i soliti tormentoni, padre magistrato, madre giornalista, fratello^reofc, sorella priva di inibizioni. Insomma, la famiglia del disagio. Lui guida un programma radio alla Rai, è nato il 24 aprile '64, nel '68 ha quattro anni, nel '78 quattordici e frequenta una scuola dove la contestazione si fa sentire, vivendo i tremori di un'esistenza in formazione più o meno gregaria. Ma tutta la vita che Porporati fa tessere all'io che dice io è anche nelle tappe successive ima ricerca dell'equilibrio e della felicità improbabile (la felicità «impura» già nel primo libro). Tutto si dispone tra osservanza delle regole e coraggio - ma chissà mai - della trasgressione, tra idealismo e realismo (o piuttosto cinismo), tra ipocrisia e coerenza. Ciò che attanaglia Luciano è la paura, il sentimento addirittura della paura, e poi, la vigliaccheria latente, la mancanza di autostima, l'angoscia di competere, l'incapacità di credere, l'attitudine a mimetizzarsi nei colori di ogni tribù, l'ambiguità di uno sdoppiamento sistematico: come dimostra, tra le tante possibili, la circostanza di un finto matrimonio esoticamente consumato con arida passione e finito negli equivoci pseudoferroviari di una stazione tedesca. A Luciano ne capitano tante: separazione dei genitori, la deriva del fratello, la durezza della sorella, l'aborto della ragazza con cui sta da anni e che decide di sposare contro ogni usura e infedeltà, il cancro e la morte della madre. Ma a lui pare di aver capito finalmente il senso della favola e di aver maturato o strizzato il suo precetto: che è giusto e addirittura altruistico sforzarsi di essere forti e che purtroppo ogni tentativo «di seguire la morale della giustizia, dell'equità, dell'eguaglianza si risolve in disastri, in mali peggiori di quelli che si vorrebbero scongiurare». Un sommario che sta tra Candide e Renzo Tramaglino: proprio di quelli che hanno il veleno nella coda. E dunque Luciano è davvero cresciuto o continua ad illudersi su una svolta che non c'è stata, a rifugiarsi nella sacca protettiva di una saggezza volontaristicamente eretta a difesa, ancora in quel costante mimetismo della paura entro cui è germinato il suo dolore? La risposta non è meno ambigua della domanda, e forse la storia è strettamente condensata nel nome: ogni percorso di luce è disseminato di spine maligne, poiché anche l'ovvietà, a volte, è una conquista e da qualche parte occorre pur approdare. Giovanni Testo Andrea Porporati Nessun dolore Mondadori pp. 279, L. 30.000
Persone citate: Andrea Porporati, Giovanni Testo, Luciano Malaspina, Porporati, Renzo Tramaglino
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