Parliamone
Parliamone Parliamone PLAGI VILLANI CATTEDRE PULITE w| L caso del professor VilI lani, accusato di aver 1 vinto un concorso a cat§ tedra semplicemente *l copiando libri, va segnalato al Parlamento e al neoministro dell'Università Umberto Colombo. Al di là dello stupore, del pettegolezzo, della facile ironia, esiste il problema reale di come si selezionano i professori universitari. In un Paese capitalistico come gli Stati Uniti, uno si laurea, prende un dottorato ed è con ciò stesso abilitato all'insegnamento. Allora, come chiunque altro, si mette sul mercato per trovarsi un posto. Quando già ne possegga uno e ne cerchi uno migliore, ricorre ugualmente al mercato: se trova chi lo apprezza, viene assunto e contratta anche lo stipendio. Naturalmente, deve fare ricerca e pubblicare («publish orperish»), insegnare, seguire gli studenti. Se non va, viene licenziato, anche se ha la «tenure» (che non allude ad un parassita come invece è il caso del nostro, più o meno equivalente, «ruolo»). Ma l'Italia non è un Paese capitalistico. E' stato, e per quanto riguarda l'Università lo è ancora, un Paese sovietico. I privilegi dei nostri professori sono quelli di membri delle accademie delle scienze della exDdr o dell'Unione Sovietica: superato il concorso, si è pagati per far poco (bastano 50 ore di lezione l'anno!), ci si può assenta re quando si vuole, si può non toccare una provetta o non scrivere una riga, si possono ignorare gli studenti. Nessuno chiederà mai niente a nessuno. L'omertà accademica è superiore a quella mafiosa. Per questo l'università italiana (l'istituzione, intendo, non gli studiosi, che spesso sono geniali e anche premi Nobel) è agli ultimi posti del mondo civile. Per questo i nostri bravi studenti emigrano e molti eccellenti ricercatori cercano posto all'estero, senza che nessuno da fuori aspiri a ricambiarci la visita. Per uscire da questo stato di minorità sovietica, occorrono riforme radicali. La più sacrosanta di tutte è l'abolizione del valore legale del titolo di studio, retaggio da Paese sottosviluppato. Poi la riforma del dottorato di ricerca, partito male e finito peggio. Poi la riforma ormai indilazionabile del sistema dei concorsi, che attualmente sono come gli appalti di Tangentopoli. Infine, occorre una vera autonomia degli Atenei, non solo didattica, amministrativa, finanziaria, ma estesa anche all'arruolamento dei professori. Insomma, in una parola, occorre all'università italiana ciò che occorre alla sua economia e alla sua società: il mercato. Il Parlamento si è già mosso in questa direzione, ma poi si è bloccato. E' augurabile che molto altro faccia. Si sa da dove verranno le maggiori resistenze: costringere al lavoro i professori universitari (soprattutto quelli che ancora si intascano stipendio facendo i parlamentari) sarà tanto dura quanto costringere gli impiegati pubblici, degli enti locali, delle poste, delle Usi. Il ministro Colombo, che è persona seria e studioso rispettabile, può contare sul vantaggio che molti hanno capito che non c'è più la ricreazione. / / / Marcello Pera
Persone citate: Marcello Pera, Umberto Colombo
Luoghi citati: Italia, Stati Uniti, Unione Sovietica
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