I bei tempi dei pupi in piazza Duomo «Com'è affollata la mia valle»

E' nato il nuovo insulto politico LETTERE AL GIORNALE Ibei tempi dei pupi in piazza Duomo. «Com'è affollata la mia valle» Ma i siciliani votano contro la mafia La Sicilia è terra di mafia. Non c'è dubbio; eppure, domenica scorsa, i suoi elettori hanno votato contro le mafie. Dunque, in quell'isola che si vorrebbe perduta c'è un moto popolare di rinnovamento morale. La grande informazione, con la lodevole eccezione di questo giornale, ha mostrato di non avvedersene. Meno che mai si è accorta della scomparsa dei sindaci camorristi del Napoletano, dove si è votato in città un po' più grandi, diciamo, di Meda. E anche ciò deve avere un perché. Parlando d'altro, si fa per dire di letteratura, Giancarlo Vigorelli (La Stampa 19 giugno) ha risposto a Vincenzo Consolo, che ha dichiarato di non voler più vivere a Milano: «Prendi le tue valigie e vai. Ci fai molto piacere. Stupido! Mi piace la Sicilia e leggo Sciascia, ma andare laggiù per me è come andare all'estero». Mah! Chi scrive deve soffrire di un qualche male oscuro; non si è mai sentito all'estero in nessun lembo d'Italia, mai. E nemmeno in Europa o nel resto del mondo, fatta eccezione per il Giappone; ma questo è un altro discorso. Tornando a Vigorelli ho qualche ricordo. Ho fatto parte della Comunità Europea degli scrittori, da lui fondata, negli anni più bui della guerra fredda. Vi ho svolto anzi una qualche microscopica parte. Ho, infatti, avuto la gioia e l'onore di accompagnare la grande Anna Achmatova a Taormina, in occasione del Premio di Poesia assegnatole proprio da una giuria presieduta da Vigorelli. Ricordo di quei giorni di durissimi scontri e di sottili diplomazie molte cose; ma nessun atteggiamento del critico lombardo - pardon, lumbard - da straniero in Sicilia. Vigorelli amava la Sicilia, la sua cultura. Molte cose sono accadute da allora. Molte in Sicilia e molte nella testa di Vigorelli; moltissime nel costume italiano. A quel tempo la Sicilia era nel cuore di tanti. Da Visconti a Pasolini. A Milano, in piazza del Duomo, si davano spettacoli di canti, danze, pupi, poeti siciliani. E il «treno del sole» viaggiava stracolmo di gente in cerca di lavoro; e Milano li accoglieva. Quasimodo e Vittorini vivevano a Milano, erano anzi, insieme a molti altri, Vigorelli compreso, la cultura di Milano. Ma se la capitale lombarda piange, Torino non ride. Un solo esempio; gli organizzatori del Premio Grinzane Cavour, ente certamente benemerito, hanno organizzato un convegno sulle civiltà letterarie del Mediterraneo. Ne hanno escluso due, la napoletana e la siciliana. Perché? Forse perché qualcuno ha scritto su un cavalcavia dell'autostrada «Serenissima»: «Forza Etna»? No, non si può credere che le teorie del professor Miglio sull'inferiorità razziale degli ulissidi possano contagiare qualcuno. Evidentemente c'è dell'altro. C'è, al fondo, un processo di rimozione. Almeno così sembra. Milano, a giudicare dalla prosa dei due amici citati, è diventata terra di omertà. E Tangentopoli appare già lontana. Dio quanto lontana. Pietro A. Buttitta, Roma Così i nostri figli saranno uomini onesti Vorrei parlare della famiglia, in questi ultimi tempi dimenticata da tutti. I nostri figli vivono una guerra e nessuno cerca di porvi rimedio: la crescita zero; i neonati abbandonati; gli adolescenti che diventano malviventi; i tossicodipendenti; i giovani disoccupati che diventano mafiosi, camorristi ecc.; i tossicodipendenti che muoiono per overdose; i giovani che ogni fine settimana dopo la serata in discoteca vanno a morire in incidenti stradali; i giovani che uccidono i propri genitori per ereditare. Sono tutti esempi di un'Italia che sta morendo; di una Italia senza futuro. I politici, nonostante le vicende che stanno vivendo, pensano so- lo a non perdere il loro potere. Tra genitori e figli non ci sono più le belle chiacchierate che in tempi passati e meno caotici si facevano seduti davanti ai portoni di casa o seduti nei bar. Oggi siamo travolti dal caos quotidiano, dai problemi, dal far fronte alle nuove tasse (lei) spesso disponendo di un solo reddito o in situazione di cassa integrazione (che è il mio caso). Tutto questo in una società di tangenti, evasori condonati. Io propongo di ridurre l'orario di lavoro a sei ore giornaliere e di assicurare un assegno di L. 1.300.000 per il coniuge a carico nelle famiglie monoreddito. Il tetto di reddito al di sotto del quale si ha diritto all'assegno, dovrebbe essere di L. 40 milioni annui. Così le famiglie avrebbero più tempo e mezzi a disposizione per educare i propri figli, facendoli diventare gli uomini onesti per un futuro d'Italia senza mafia e senza tangenti. Antonio Gasparini, Roma Il turpiloquio dei bolscevichi A proposito del colorito linguaggio del Cuore di Serra (Lo Stampa di mercoledì 16, pagina 17) è da segnalare che il turpiloquio caratterizzava i bolscevichi, come c'informa lo storico Roy Medvedev {Gli ultimi anni di Bucharin, Editori Riuniti, Roma 1979). Ma chi si scandalizza oggi per certe espressioni «da caserma», quando si è testimoni di ben altri rigurgiti di brutalità? Cesare Cesari, Bari «Il ministro vuole una folla di cacciatori» Sono un ex dirigente venatorio piemontese che ha partecipato alla stesura non facile della la legge regionale sulla caccia, a opera dell'assessore Michele Moretti. Ben ricordo che, in rispetto della legge quadro n. 968 del 27-12-1977, la capienza faunistica in Zona Alpi era di un cacciatore ogni 100/110 ettari. Nel Regolamento sulla caccia della provincia di Torino per i comparti alpini si arrivava a un'intesa limite minima di un cacciatore ogni 80 ettari. Per esigenze forzate, in alcuni comparti piemontesi la gente del posto non ci stava tutta, e quindi avevano un poco ridotto «l'ettaraggio». Successe il finimondo, fioccarono anche denunce. Ora che il ministero dell'Agricoltura, all'inizio dell'anno, ha ridotto la percentuale a 19 ettari nessuno dice nulla. Ma ciò vuol dire quadrupheare il numero dei cacciatori in zone già assai ristrette come la Val Chisone, che oltretutto intendono ancora ampliare il parco. Sarebbe un grave danno per il patrimonio faunistico già scarso, per la flora, per 1 suolo, senza contare il pericolo provocato dagli spari. A parte l'incoscienza del ministero, mi chiedo cosa facciano i rappresentanti dei cacciatori: l'Unav, la Fide, l'Arcicaccia, l'Enalcaccia, ITtalcaccia, la Libera Caccia, e l'Uncza. Perché mai i protettori della natura non si fanno sentire? La Regione Piemonte avrà il buon senso di interessarsi? La provincia di Torino si è già mossa, grazie all'assessore Besso Corderò. Voghamo proprio rovinare tutto appoggiando un ministro che non capisce nulla? Dobbiamo proprio ritornare in piazza per farci sentire? Meno male che ci sono i sindaci dei vari Comuni, che sapranno affrontare questo problema. cav. Giulio Grande Balma di Roure (Torino) seguono 70 firme Italiani, un popolo di mantenuti Gli italiani hanno versato un milione e mezzo di miliardi di contanti per acquistare Bot. Tali Bot rendono 150 mila miliardi l'anno, intascati dagli italiani, i quali dicono «questi, ai fini delle tasse, non contiamoli». Questo è il popolo onesto che si sente truffato dai politici. Le riforme istituzionali devono correggere la democrazia, che è ammalata, poiché la maggioranza democratica è fatta da mantenuti che vogliono sempre più soldi. Infatti la democrazia conta i voti, non garantisce ciò che è giusto. Angelo Mosso «Salii, il segretario non è più Vigano» In relazione all'articolo di ieri dal titolo «Sotto inchiesta il "vice" di Berlusconi», la Salfi (Sindacato autonomo lavoratori finanziari) precisa che il sig. Enzo Vigano non ricopre più la carica di Segretario nazionale di tale sindacato sin dal 30 marzo 1993. Renato Plaja, Roma Segretario Nazionale Salfi