CARO FEDE NON C'E' PROBLEMA di Stefano Bartezzaghi

FERMA T A FERMA T A A RICHIESTA CARO FEDE NON CE' PROBLEMA ECONDO rilevazioni giornalistiche erano le 13,48 del 22 giugno quando, dal video, Emilio Fede invitava qualcuno a dire «una cosa che le fa molta tristezza di pensare e una cosa che le fa molta gioia di pensare». Poco prima, alla radio, si era sentita la frase: «L'inceneritore man mano ha preso piede». Sono disastri linguistici che intervengono nell'imminenza dell'esame di maturità, prova scritta di italiano. Dove andremo a finire? Le sorti della nostra lingua, fra leghese crescente e grammatica calante, erano in discussione su Radiouno, quel giorno stesso. Il pubblico elevava proteste telefoniche. Perché tutti dicono «diatriba» e non «diàtriba». Perché la frequenza con cui usiamo la parola «problema» è eccessiva. Perché a qualcuno, durante la trasmissione stessa, era sfuggito un inedito «opportunatamente». Perché i cartoni animati giapponesi tarpano le facoltà espressive dei giovani. Perché tutti dicono «stage» e «exit poli» quando ci sarebbero tante belle parole, funzionali e nostrane. Al dibattito partecipava il presidente dell'Accademia della Crusca, professor Giovanni Nencioni, persona troppo gentile per far notare che c'è uno Starace in tutti noi. Per dire che almeno nelle velleità la «gente comune» sembra ormai più cruscante della Crusca. Così il professore si è limitato a spiegare i motivi storici e sociali di certi errori linguistici, ne ha ridimensionato l'importanza, ha parlato in favore dell'uso, più che della norma. Se tutti, ma proprio tutti, sbagliano un accento, l'accento sbagliato diventa giusto. E allora ci dica pure una cosa che le fa «molta tristezza di pensare», caro Emilio Fede. Non c'è problema. Stefano Bartezzaghi

Persone citate: Emilio Fede, Giovanni Nencioni, Starace