LUDWIG Chi ha ucciso il «re delle favole»? di Emanuele Novazio

Uno storico tedesco esibisce nuove prove e riapre il caso: non fu suicidio, dietro il delitto c'era forse Bismarck Uno storico tedesco esibisce nuove prove e riapre il caso: non fu suicidio, dietro il delitto c'era forse Bismarck LUDWIG Chìha ucciso il «re èlle favole». BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il «caso Ludwig» si riapre. Dopo 107 anni dagli archivi affiorano testimonianze inedite sulla morte di Ludovico II di Baviera: e ancora una volta vacilla la verità ufficiale. Il 12 giugno 1886 il «re delle favole» non si suicidò buttandosi nello Starnberger See dopo aver ucciso il dottor Berhnard von Gudden, lo psichiatra che lo accompagnava. Quel sabato piovoso, sostengono dichiarazioni di testimoni pubblicate per la prima volta, Ludwig non fu vittima di una crisi di violenza e di follia mentre passeggiava lungo il lago bavarese. «Il re non si uccise ma fu ucciso», sostiene lo storico tedesco Peter Glowasz che ha raccolto le nuove prove nel libro Wurde Ludwig der II erschhossen? (Hanno sparato a Ludovico II?): «Ludwig cadde quando due colpi di pistola lo colpirono alla schiena» mentre cercava di fuggire dallo Schloss Berg, il castello in cui era di fatto prigioniero dopo essere stato interdetto e aver dovuto cedere la guida dello Stato a un reggente, suo zio Liutpoldo. Dietro il complotto, azzarda Glowasz, forse c'era addirittura il cancelliere Bismarck; certa mente c'erano circoli politici del regno o qualcuno dei Wittelsbach, stanchi di quel bizzarro principe che dilapidava il patrimonio di famiglia e dello Stato nella costruzione di castelli, e che era vittima del male più tremendo per un re, la follia. I dubbi sollevati dalle ultime ricerche potranno essere dispersi soltanto dopo un esame dei resti del sovrano, conservati nella cripta della Sankt Michael Kirche, a Monaco. Ma i Wittelsbach si oppongono: finché uno di noi sarà in vita, dicono, nessuno profanerà la tomba di Ludwig di Baviera. Una testimonianza in particolare sembra decisiva per la tesi dell'omicidio: quella di Anna Magg, figlia del medico che ispezionò il cadavere del re. Sul letto di morte il dottor Rudolf Magg dettò alla figlia queste parole: «Poiché presto sarò vicino al trono di Dio, voglio alleviare la mia coscienza. Non voglio incontrare Dio con delle bugie nel cuore, voglio dire adesso la verità che non dissi allora. Nel protocollo del certificato di morte, il 14 giugno 1886, c'era scritto che avevo riscontrato sul cadavere del re soltanto leggere graffiature, sotto il ginocchio. Ho dovuto redigere il certificato in questo modo su ordine del governo. Ma quanto ho scritto era completamente falso: sul cada- vere del re ho visto subito orribili ferite d'arma da fuoco sulla schiena. Questa è la verità». Altre prove, altre voci, confermano il racconto dell'ultimo medico che visitò il corpo del sovrano. Glowasz ha rintracciato a Monaco un cappotto grigio di loden con due buchi sulla schiena: è quello che Ludwig indossava quando fu ucciso, so¬ stiene la contessa von WrbnaKaunitz, figlia dell'amministratore della casa reale di Baviera e imparentata con i Wittelsbach. Un'amica della contessa, Gertrud Utermoehle, racconta che nel 1951, durante una visita a Monaco, le fu mostrato il soprabito: «La contessa lo tirò fuori da una cassapanca. Mi disse soltanto che era di Ludwig, e che Ludwig lo indossava quando morì. C'erano due fori d'arma da fuoco bordati di nero: ne ho dedotto che i due colpi erano stati sparati molto da vicino. Il primo era più in alto, a destra, il secondo in corrispondenza del cuore». Anche Sonia Simon, figlia di un medico di corte, racconta che suo padre vide il soprabito coi buchi, alla fine degli Anni 40. Testimonianza e descrizione concordano. C'è dell'altro. Il re avrebbe dovuto attraversare il lago con la barca di un pescatore, Jacob Lindi. La sua testimonianza è pubblicata per la prima volta nel volume: «Erano quasi le 18,45 del 13 giugno. Avevo ricevuto l'ordine di stare con la mia barca un po' distante dalla riva, nascosto fra i cespugli, in modo che il re potesse salire e subito fuggire, senza esser visto. Mentre il re stava per salire, anzi era già salito con una gamba, dalla riva si udirono degli spari, che 10 uccisero immediatamente». Terrorizzato, Lindi spinse in acqua il corpo di Ludwig e scappò a casa. Più tardi, «verso le dieci e mezzo», l'amministratore di Corte andò a trovarlo: il pescatore aveva paura che volessero arrestarlo «per aver partecipato alla fuga del re»; l'amministratore invece «voleva semplicemente che lo aiutassi a cercarlo. Lo portai dov'era stato ucciso». Ludwig dunque voleva fuggire. Perché aveva sospettato il complotto che voleva ucciderlo, o perché voleva liberarsi dal tormento della «prigionia» nella quale, sostiene Glowasz, lo avevano costretto: «Al castello le finestre erano protette da inferriate, a tutte le porte c'era uno spioncino. Nonostante questo isolamento totale, Ludwig continuava però ad avere contatti regolari con l'esterno: cuochi fedeli gli attaccavano messaggi sotto i piatti», lui rispondeva allo stesso modo. Conferma il principe Josef Clemens di Baviera, un altro studioso di Ludwig: «Era stata la principessa Elisabetta d'Austria a inviargli una carrozza per aiutarlo a scappare. Per raggiungerla, il re doveva attraversare il lago, ma 11 dottor von Gudden lo aveva seguito per impedirgli la fuga. Tutto finì con tre colpi di fucile: due uccisero il re, il terzo uccise il medico che lo accompagnava». Quand'era presidente bavarese, Franz Josef Strauss ricevette numerose richieste di far riesumare il corpo di Ludwig. La risposta fu sempre negativa: «Sono passati tanti anni e i colpevoli non potrebbero comunque essere perseguiti», scrisse Strauss a un politico locale che lo pregava di intervenire. «L'interesse della vicenda è ormai puramente storico: la decisione spetta ai Wittelsbach». Secondo esperti dell'Università di Monaco, anche dopo cent'anni sarebbe possibile un esame convincente dei resti del sovrano: la condizione delle ossa «potrebbe dire la verità». Ma gli eredi di Ludwig insistono che non daranno mai il permesso. Il suo mistero, dicono, finirà con noi. Emanuele Novazio Colpito da due spari mentre tentava la fuga dal castello dove era prigioniero Helmut Berger nei panni di «Ludwig» Sopra con Romy Schneider in un'altra scena del film di Visconti

Luoghi citati: Baviera, Monaco