Sipario sul teatro dissidente

Chiude il Taganka di Mosca, unica luce negli anni di Breznev RUSSIA Chiude il Taganka di Mosca, unica luce negli anni di Breznev Sipario sul teatro dissidente Ilfondatore litiga con l'ex ministro della Cultura, «scissione» inevitabile Un lungo braccio di ferro contro la censura deidei pcus MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Muore il più famoso teatro di Mosca, il Taganka. Muore... e raddoppia. Anzi muore perché raddoppia. Ed è guerra aperta tra Jurij Liubimov, il suo fondatore, e Nikolai Gubenko, un tempo suo pupillo e ora a capo della frazione avversaria, e quel che più conta, maggioritaria. Nell'assemblea del collettivo del teatro 146 voti sono andati contro Liubimov, 27 a favore, 9 astenuti. E ieri il celebre regista ha convocato i giornalisti per lanciare l'ultimo allarme prima del pronunciamento del tribunale, martedì prossimo. «Il mio contratto scade alla fine del 1993 - ha detto - e non cederò». In sostanza Liubimov ritiene che il teatro è suo, gli spettacoli - tutti - sono suoi. E nessuno ha il diritto di mettere naso nella sua gestione: artistica e finanziaria. Gubenko e compagnia sono di altro avviso e contrattaccano. Liubimov - dice Gubenko - «ha messo in scena solo tre spettacoli in cinque anni» (La festa al tempo del colera, Il suicida, Elettra). Per un collettivo di 70 attori è poco. Ma il peggio è che, secondo l'accusa, Liubimov lavora «per l'estero», più che per il pubblico moscovita. L'Elettra è stata prodotta per il festival greco, e anche il Dottor Zivago, su musica di Shnittke, si sta mettendo in scena per il pubblico viennese e poi giapponese. I moscoviti lo vedranno chissà quando. Insomma - reitera Gubenko - i conti non tornano. Nel 1989 sulle tre scene del Taganka si sono avvicendati 589 spettacoli, mentre nel 1992 si è crollati a 280. Come mai? Semplice, rispondono i «ribelli», il grande vate ci impedisce di recitare e di mettere in scena altri spettacoli che non siano i suoi. E poi va a dire in giro che non abbiamo un programma artistico. Per esempio la sala più vecchia è ora in affitto agli iraniani. «Liubimov vuole privatizzare il Taganka. Per sé ovviamente - dice Gubenko e questo è un diritto che non gli concediamo, anche perché il Taganka non è solo suo. Siamo rimasti noi, qui, quando lui se ne andò in Inghilterra nel 1983, sebbene nessuno lo minacciasse. Adesso si accosta a Solzenicyn e Sakharov, ma il paragone non regge». Liubimov replica indignato: «Privatizzare? Ma io non ci penso nemmeno. Certo non intendo dare via quanto ho costruito. Questo teatro non l'ho ricevuto in eredità. E quando ho cominciato, tra l'altro, Gubenko non c'era». A distanza l'ex discepolo (poi diventato ministro della Cultura dell'Urss ai tempi di Gorbaciov) ironizza: «Per fortuna la legge vieta di privatizzare le istituzioni culturali. Ma ci sono molti modi per privatizzare: per esempio facendosi dare in affitto il teatro per 99 anni e trasformandolo - come Jurij Liubimov vuole fare - in un centro sperimentale internazionale di teatro, in cui chiamare investitori stranieri e fare soldi. A quel punto, certo, la compagnia non gli servirà più». Anche la splendida Nina Shatskaja, un tempo attrice preferita di Liubimov, è passata all'opposizione: «Ci ha detto che non avrebbe licenziato nessuno, ma intanto ha sostituito tutti quelli che non erano d'accordo con lui in tutti i ruoli. Considera il Taganka come suo e pensa di avere tutti i diritti. E noi, attori che abbiamo dato tutta la nostra vita per questo teatro, siamo solo dei pedoni che si possono cacciare giù dalla scacchiera quando fa comodo. Non ci sto». Così Liubimov, probabilmente, si terrà un pezzo del suo gioiello e il resto del collier andrà a «Taganka-2». Le ragioni e i torti delle parti sono trasparenti. La privatizzazione alla russa ha fatto un'altra vittima. In questo caso si chiama cultura. Giuliette Chiesa Jurij Liubimov, fondatore del Taganka

Luoghi citati: Elettra, Inghilterra, Mosca, Russia, Urss