la grande assemblea alle 7 del mattino di Fabio Martini

In 230 invadono la Camera, fra loro 70 inquisiti pronti a tutto pur di evitare i processi In 230 invadono la Camera, fra loro 70 inquisiti pronti a tutto pur di evitare i processi la grande assemblea alle 7 del mattino Pannella: questo Parlamento non si deve sciogliere ROMA. «Ehi, ditemi un po', ma perché vi chiamano il gruppo di Alcatraz?». Sul portone di Montecitorio la perfida battuta del democristiano Luciano Faraguti gela i suoi amici di partito D'Onofrio e Biasutti, appena usciti da una riunione davvero speciale. Alle 7,15 di ieri mattina - l'ora inconsueta è una trovata pubblicitaria di Pannella - sono stati tantissimi i parlamentari che hanno risposto all'appello del mattatore radicale: per due ore 230 onorevoli (compreso un nutrito drappello di inquisiti) si sono scervellati nella speranza di escogitare la formula magica, lo stratagemma capace di scongiurare lo scioglimento anticipato delle Camere. Dunque, giornata di grandi fermenti a Montecitorio: al terzetto democristiano che sta discutendo la freddura sul carcere di Alcatraz, si aggiunge il «pattista» Vito Riggio. Anche lui ha voglia di scherzare sull'assemblea degli autoconvocati: «La riunione si è svolta con una certa difficoltà perché ognuno si è portato dietro la palla con la catena...». Stavolta scoppiano tutti a ridere, Faraguti gorgheggia, imita il rumore delle catene e Riggio maramaldeggia: «Usciti alle 6 del mattino per l'ora d'aria, si ritrovarono alle 7 nell'auletta di Montecitorio...». Ancora risate e tocca a D'Onofrio replicare: «E' la fine del mondo! Voi scherzate, ma io ho proposto che il Parlamento d'ora in poi lavori a cottimo: ogni tre mesi un programma di cose concrete da fare. E poi di nuovo altri tre mesi...». E Faraguti (serio): «Però, ottima idea...». Uno sketch che è una magnifica istantanea sugli umori che si agitano nei parlamentari del vecchio pentapartito: da una parte c'è lo spettro del «tutti a casa», considerato quasi ineluttabile, al punto che molti ci scherzano sopra; ma d'altra parte c'è anche la disperata ricerca di una «trovata», di un salvagente per restare a galla, che per qualcuno significa allontanare lo spettro della galera. Una prospettiva che deve angosciare Giò Moschetti, detto «er biondo», l'ex cassiere di Vittorio Sbardella, inseguito da un mandato di cattura. Ieri Giò si è fatto vedere all'assemblea degli autoconvocati: senatore è qui perché teme il carcere? «Non c'è problema sorride amaro "er biondo" - le manette le ho chieste io...». E così, in questo clima di fine regime, può accadere di tutto. Può anche accadere che all'appello di Pannella per la salvezza della legislatura risponda una marea di parlamentari: tra le 7 e le 9 del mattino sono stati 230 gli onorevoli, tra senatori e deputati, che sono transitati nell'auletta dei Gruppi. Tutti onorevoli del vecchio pentapartito, più i 5 pannelliani e la verde Pina Grassi. Un plotone, una maggioranza potenziale e infatti Pannella alla fine commenta felice: «C'è stato il raddoppio delle presenze rispetto alla prima riunione. Una risposta di dignità e di onore, oltreché politica e dunque, dopo il raddoppio, tenteremo l'en plein!». Per il partito trasversale della difesa del Parlamento, il primo assaggio c'era stato due mercoledì fa: un centinaio di onorevoli. Ieri il bis. L'appuntamento è alle 7,15. Pannella, in un elegante completo blu, sbarca in taxi alle 6,48. Ad aspettarlo c'è soltanto Roberto lezzi, giornalista-stakanovista di Radio Radicale che ha il culto di Marco: è arrivato alle 6,10. Ma il portone laterale di via degli Uffici del Vicario è sbarrato. Pannella, con le sue mani robuste, picchia sulla porta: «Aprite!». Dopo un po' un commesso di nero vestito compare sull'uscio: «Onorevole non possiamo ancora aprire la sala: non c'è il metal dete¬ ctor, non c'è il carabiniere...». Inutile discutere. L'auletta dei Gruppi si spalanca. Via via arrivano tutti. Ecco il de Giovanni Alterio, robusto ex sindaco di Ottaviano, una delle pance più importanti di Montecitorio. Dice il cronista: non le sembra che questo Parlamento sia stato eletto nel Paleolitico, mille anni fa? E Alterio: «Non credo. Tutta l'Italia era nel paleolitico, anche voi giornalisti che avete i vostri problemi...». Ecco Paolo Pillitteri, occhiali scuri e sguardo basso. Onorevole anche lei qui? «Parlo dopo...». Ecco Margherita Bo- niver, splendido tailleur blu: «Sarebbe pazzesco se anche il Parlamento cadesse sotto i colpi di una demagogia che dice che siamo delegittimati». E poi arrriva un bel drappello di inquisiti illustri. I democristiani Prandini, D'Acquisto e Lattanzio, i socialisti Giulio Di Donato e Carlo Tognoli, i socialdemocratici Cariglia e Costi. Ma anche moltissimi deputati «puliti»: secondo i calcoli di Pannella, alla fine gli «indagati» saranno soltanto 70 su 230. Alle 7,30 si chiudono le porte. Al tavolo della presidenza ci sono Pannella e la democristiana Nenna D'Antonio. Dalla platea un coro: «Rosa, Rosa...». Vogliono che lassù sul tavolo che conta vada anche Rosa Filippini, la ex verde conquistata al socialismo da Bettino Craxi. In platea c'è anche Pina Grassi. Vogliono anche lei alla presidenza, ma la presidentessa dei senatori verdi si schermisce: «Ci sono già due vallette...». Si comincia. Parla per primo Francesco D'Onofrio, l'ex professore demitiano diventato uno dei Masaniello di Montecitorio. «Dobbiamo guadagnarci la sopravvivenza giorno per giorno» e lancia l'idea del Parlamento a cottimo. Applausi. E' la volta di Gabriele Mori, «peone» de: «Dobbiamo caratterizzarci con proposte concrete: per esempio l'abolizione del canone tv!». Mastella: «Sì, servono proposte: il governo Ciampi è in grado di offrire 100.000 posti di lavoro al Sud? Se sì, bene, altrimenti se ne vada». Ma l'eroe della giornata è il senatore socialista Francesco Forte. Una sparata contro i grandi gruppi imprenditoriali, Fiat, De Benedetti, Ferruzzi che attraverso i loro giornali «fanno i moralisti», ma sono impegolati in Tangentopoli. Per lui un'ovazione. «Forte è andato forte - commenta Gabriele Salerno - anche perché era mattino...», con una benevola allusione al debole per i liquori del senatore socialista. E Pannella? Per una volta non fa il mattatore, evita interventi prolissi, organizza un gruppo di lavoro - coordinato dalla Filippini e da D'Onofrio - che per il prossimo mercoledì dovrà stilare un programma di cose concrete da fare. E la novità è proprio questa: i 230 tentano di darsi un programma e se Bossi e Occhetto vogliono andare ad elezioni in autunno, dovranno fare i conti con questo nuovo «partito». Lui, Pannella, il primo in Italia a tuonare contro la partitocrazia, non ci sta a consegnare le chiavi del «nuovo» ad Occhetto e Bossi, i probabili duellanti di elezioni a breve scadenza. Fabio Martini Obiettivo: rinvigorire le Camere Ma c'è chi non approva e ironizza «Ognuno si è portato dietro palla e catena come i detenuti» Foto grande: Marco Pannella. A destra: Giò Moschetti Qui a fianco: Vito Riggio. A sinistra: Giovanni Alterio

Luoghi citati: Italia, Ottaviano, Roma