E io ti battezzo «Centro popolare»

Il segretario annuncia: lo scudocrociato Gambiera nome per scongiurare la diaspora Il segretario annuncia: lo scudocrociato Gambiera nome per scongiurare la diaspora E io ti battezzo «Centro popolare» Martinazzoli: la nostra storia al Nord non è conclusa ROMA DALLA REDAZIONE La democrazia cristiana non ci sarà più. Al suo posto nascerà il «Centro popolare», una «delle denominazioni simbolicamente più espressive di questo nuovo tempo». Lo ha affermato il segretario Mino Martinazzoli in un'intervista al Grl. S'avvicina la scadenza di un'«Assemblea costituente» che dovrà dare il nuovo volto al partito scosso dal disastro elettorale di domenica scorsa: la de vive una delle sue giornate più convulse, tra boatos di scissione e richieste di dimissioni rivolte al segretario. Intanto lui, Martinazzoli, accelera la corsa allo scioglimento della vecchia de per ridare ai cattolici «il diritto e il dovere di offrire anche alla dimensione politica quella risorsa di moderazione che è loro propria». Lo fa in una sede impropria, un'intervista radiofonica, come ad accelerare un sondaggio tra le file democristiane prima della Direzione di domani che dovrà discutere della disfatta elettorale del 20 giugno e dell'appuntamento di luglio. L'impressione è che il leader de abbia dovuto accelerare i tempi e accettare l'idea di scioglimento, rifondazione e cambio di nome del partito per evitare tante scissioni piccole e grandi e una sorta di diaspora democristiana. Dopo Formigoni a Milano, Rosy Bindi che apre domani l'assemblea costituente del nuovo partito in Veneto, anche Casini in Emilia e Riggio a Palermo s'erano pronunciati ieri a favore dello scioglimento. Ma il capo della segreteria politica de Pierluigi Castagnetta conferma che «l'Assemblea costituente deve essere il momento in cui il partito vecchio si autoscioglie e si dà vita a un'esperienza politica nuova». Anche sul nome proposto da Martinazzoli per il nuovo partito, «Centro popolare», non dovrebbero nascere problemi con il suo richiamo esplicito alle matrici sturziane racchiuse nel nome «popola¬ re» ma anche con l'allusione a quel nuovo fantasma della vita politica che è il «centro», luogo cruciale della geografia politica della Prima Repubblica che le ultime elezioni comunali hanno travolto portando la de nelle secche di un partito al collasso. Tanto vicino al collasso che la Lega Nord, oramai egemone in tutta l'Italia settentrionale, ha proposto alla de, per bocca del suo deputato Maroni di trasformarsi in un partito esclusivamente meridionale, primo passo per una federazione Lega-dc in funzione anti-pds. Prospettiva che è suonata come un'offesa al- le orecchie dei dirigenti democristiani. E di Martinazzoli in prima fila che ha voluto ricordare come la «storia del mondo cattolico nel Nord Italia è tutt'altro che conclusa». Tanto vicino al collasso, inoltre, che nelle dichiarazioni dei leader de ricorre ossessivamente un termine funesto: «Suicidio». Una scissione «rappresenterebbe un suicidio perché non c'è spazio per due de», dice allarmato Castagnetti. Vito Riggio, de vicino alle posizioni di Mario Segni, parla invece dell'urgente necessità di «porre fine al più presto alla de». L'Italia democristiana chiede a Roma di far presto, di anticipare il «suicidio», di evitare il disastro finale. Arriva una strigliata a Martinazzoli dal resuscitato «Gruppo dei 40» di Carlo Fracanzani e Clemente Mastella che imputa al segretario democristiano di «aver rallentato la sua azione di rinnovamento dopo uno splendido inizio». Il gruppo di Carta 93, con Rosy Bindi, Alberto Monticone e Achille Ardigò in testa, fa appello allo «straordinario patrimonio rappresentato dalla storia del cattolicesimo democratico» e porta ad esempio «l'esperimento di Belluno», lasciando intendere che solo partendo dall'esperienza veneta «vi sarà ancora la possibilità di una presenza significativa del cattolicesimo nella politica italiana». Toni da ultima spiaggia. Toni nervosi, come quelli che serpeggiano nello scontro tra un Publio Fiori che chiede le dimissioni di Martinazzoli e un Castagnetta che risponde a muso duro che «forse Fiori era uno che stava nelle liste della P2». In questo clima la de convoca la sua Direzione, con Gerardo Bianco, capogruppo alla Camera, che sostiene che «la linea Martinazzoli non è contestata». «Martinazzoli ha sempre detto che il problema non è di essere il polo di sinistra o di destra», conferma Castagnetti. Dilemma che di certo verrà ereditato dal nuovo «Centro popolare». Castagnetti: la scissione sarebbe un suicidio Rosy Bindi addita l'esperimento Belluno Il capogruppo Bianco «La linea vincente è quella moderata» II segretario della de Mino Martinazzoli

Luoghi citati: Belluno, Emilia, Italia, Milano, Nord Italia, Palermo, Roma, Veneto