Son tornati GIGANTI

Si ricompone, dopo ventidue anni, il celebre quartetto che invitava a mettere i fiori nei nostri cannoni Si ricompone, dopo ventidue anni, il celebre quartetto che invitava a mettere i fiori nei nostri cannoni Son tornati MILANO. A rimetterli insieme, per la prima volta dopo 22 anni, sarà venerdì sera la commemorazione di Gianni Sassi, l'uomo che nel '71 cercò di aiutarli a dare dignità culturale ad una carriera breve, folgorante e all'acqua di rose, svoltasi nel pieno del beat italiano, a metà degli Anni Sessanta. Per rendere omaggio all'operatore milanese, scomparso il 14 marzo scorso, saliranno sul palco del teatro Lirico venerdì sera, con Franco Battiato e con Finardi, con gli Area e con Arnaldo Pomodoro, anche i Giganti: ai giovani il nome non dirà nulla, ma la generazione di mezzo ha legato molti ricordi della propria adolescenza a quel quartetto di voci così ben impostate, con personalità tanto ben distinte, che fra il '66 e il '68 piazzò nelle hit parades nostrane quattro pezzi che ancora qualcuno ricorda a memoria: «Tema», «Una ragazza in due», «Proposta», «Da bambino». C'era Enrico Maria Papes il batterista con il suo vocione e il pizzetto, che adesso ha appena aperto un ristorante sull'Appennino Tosco-Emiliano; c'era il chitarrista Giacomo «Mino» De Martino, che era il più sensibile musicalmente e che è poi rimasto solidamente attaccato alla musica di ricerca; c'era suo fratello, il bassista Sergio che - dicono - s'è appena preso una pausa di riflessione dopo aver gestito a lungo un negozio di elettronica; e c'era Francesco «Checco» Marsella, che abita a Bellaria e si è trasformato in pianista di pianobar. Lo sparuto gruppo di critici musicali dell'epoca guardava i Giganti con supponenza, li riteneva troppo commerciali, superficiali, li accusava di usare a sproposito, e di annacquare, le tematiche di protesta della sinistra che montava; rimproverava loro soprattutto «Proposta» (con il celeberrimo verso «Mettete dei fiori nei vostri cannoni») piazzatasi terza a Sanremo nel '67, l'anno del suicidio di Luigi Tenco. Come spesso succede, i ragazzi se ne fregavano di quei giudizi così severi, e cantavano allegramente le canzoni del gruppo. Le ambizioni del quartetto, in seguito, andarono oltre l'espressione stilistica del beat. Man mano che il successo decresceva con l'annuncio nervoso degli Anni 70, i Giganti decisero di buttarsi in un'opera seria: chiesero aiuto appunto a Gianni Sassi, e realizzarono con lui, nel '71, «Terra in bocca»: «Era un disco più articolato di quelli del passato - spiega Mino Martino - un concept album a tema unico, ambientato tra i mafiosi siciliani dell'acqua e tutto dedicato alla faida fra due famiglie malavitose degli Anni Cinquanta: ma il lavoro non uscì mai, perché l'argomento non era televisivo, anzi di mafia in tv non si poteva parlare e nessuna manifestazione ci accettò». Non è che nei nostri tempi «Piccola Patria» di Battiato, con le sua invettiva contro i governanti, abbia avuto una maggiore, esposizione tv di quella riservata ai vecchi Giganti: una piccola rivincita, comunque, i quattro se la prenderanno venerdì nella serata per Sassi, quando riproporranno una parte di «Terra in bocca», che leggete qui a fianco. «Un lavoro ancora modernissimo», anticipa Checco Marsella. Appena il nome dei Giganti è uscito sui comunicati stampa della serata per Bassi, si è subito accesa una grande curiosità. La riunione dopo 22 anni, nel momento in cui perfino i Velvet Underground si sono rimessi insieme dopo una parentesi altrettanto infinita, è attesa con interesse e af¬ fetto; qualcuno pensa che preluda ad una seconda giovinezza del gruppo. Ma Mino Martino e Checco Marsella smentiscono decisamente: «A varie riprese hanno cercato di riunirci, in quelle allucinanti trasmissioni di Red Ronnie sulla nostalgia. Potremmo magari tornare a far qualcosa insieme, ma sotto un'altra sigla magari. Riciclarsi, sarebbe una frode verso chi ci amava in quel periodo». Martino, che recentemente ha scritto un paio di canzoni per Alice, era l'autore sia di «Proposta» che di «La bomba atomica» («Noi non abbiamo paura della bomba..») ma non ha preso mai una lira di diritti d'autore: «Non ero iscritto alla Siae, le canzoni furono firmate dall'amico di un amico, proprietario di una casa editrice». E non si diede mai da fare? «Quando ti scoppia il successo addosso all'improvviso, a 18/20 anni, e vendi un milione di dischi, ti dimentichi di tutto», risponde. Non così gli autori di oggi, smaliziatissimi fin da adolescenti, pronti a sfruttare ogni briciola per fare successo. Il clima dell'epoca, invece, era più naif, ci si impuntava su questioni di principio: è ancora Mino a raccontare come la canzone dei Giganti tuttora immancabile in ogni coro con chitarra, «Una ragazza in due», fosse imposta al gruppo, che non ne voleva sapere, dal produttore Tonino Ansoldi, ex marito di Iva Zanicchi: «Non era nostra, non la volevamo cantare». Invece fu un successo spaventoso. L'amarcord di Checco, nel suo dolce accento romagnolo, si punta sui rapporti all'interno del gruppo: «Non siamo mai arrivati ad un concerto con uno stesso mezzo di trasporto. Ci eravamo messi insieme sulla base di un progetto, ma non eravamo amici: affiatai issimi sulla scena sì, ma poi ognuno aveva vita propria. Ancora adesso, vent'anni dopo, sappiamo poco l'uno dell'altro. Certo, questo ha contribuito a farci sciogliere, forse precocemente». E adesso? «Ci siamo trovati per le prove del concerto di venerdì e abbiamo riso molto. Ma ormai un passato in comune ce l'abbiamo, ammettiamo le stupidaggini d'un tempo, possiamo andare a pranzare insieme; allora, no». Anche lui, però, di riunione permanente non vuol sentir parlare: «Gli altri gruppi che si so¬ no rimessi insieme, secondo me l'hanno fatto per nostalgia della notorietà, per fare qualche serata in Meridione. L'unico che è venuto fuori bene è stato Vandelli. Era tristissimo, alla "Rotonda sul Mare", sentire i commenti da casa: "Guarda com'è ingrassato quello", "Guarda quell'altro quante rughe"». Marinella Venegoni Fra il '66 e il '68 i principali successi Poi l'accusa di voler annacquare la protesta giovanile che montava Oggi la rivalutazione d'un sano beat Venerdì sera si esibiranno a Milano con j Battiato e Finardi per la commemorazione del promoter Gianni Sassi L'INEDITA CANZONE SULLA MAFIA Lungo e disteso t'hanno trovato Con quattro colpi piantati nel petto A tradimento t'hanno sparato Senza neanche darti il sospetto. Ora tu giaci senza le scarpe Dietro un cespuglio di biancospino Mentre sid mare vanno le barche Che ti ricordano fin da bambino. Qualcuno corre giù nella via Mentre passando la polizia Porta il tuo corpo ormai senza vita Nella tua casa ancora assopita. parlato: Quel giorno il paese si svegliava come sempre, come tutti i giorni. Al rintocco del mattutino, con le prime donne sedute sui gradini delle loro case, con le reti stese ad asciugare, con il primo odore di pane, con le voci dei contadini nei campi e il mare in lontananza che ascolta e racconta. Son solo cento case tutto il paese Una gran chiesa con il campanile L hi bar tabacchi senza pretese Tulto raccolto sembra un cortile Son solo cento case tutto il paese tutto raccolto sembra un cortile. Quattro strade strette strette che portano in piazza [ina donna due dotine un vecchio un bambino Con le brocche sulla testa una lunga processione Scende al centro del paese per comprare solo acqua. In questo maledetto paese son vent'anni che il Comune ha promesso un acquedotto ma promesso solamente Il raccolto sta morendo qui da noi non piove mai Siamo stanchi di aspettare l'acqua non arriva mai (...). j I quattro componenti dello storico complesso

Luoghi citati: Milano, Sanremo