Arguzie papaline in tempi da Borgia un ex bambino dell'Hotel Lux

Diffidate del vostro buon senso ... ... . AL GIORNALE Arguzie papaline in tempi da Borgia; un ex bambino dell'Hotel Lux Quel tumore spagnolo scoppiato a Roma Assolutamente non oso mettere in dubbio la buona fede o la religiosità cattolica del senatore a vita Giulio Andreotti. Anzi continuo a lodare la sua papalina arguzia di sempre. Dice molto bene il senatore Andreotti quando dice: «... mi sembra di tornare ai tempi dei Borgia...». 1 Borgia? Allora subito mi sovviene il nostro Guido Ceronetti quando scrive: «... E i Borgia esecrandi, tumore spagnolo venuto a scoppiare a Roma...». Non oso fare commenti. Solo oserei pregare il senatore Andreotti a scrivere non più in chiave satirica, a scrivere dei punti di straordinario contatto tra la storia dei Borgia e la storia dell'Italia, della nostra Italia che Andreotti crede di aver beneficato largamente. Turi Auteri, Genova lei, il 90 per cento dei 6/12 del totale E' stato tanto scritto e detto sulle astruserie del «740», ma è strano che nessuno finora abbia fatto rilevare, a titolo esemplificativo della tortuosità delle norme, che il versamento della rata d'acconto dell'Ici, dovuta entro il 19 luglio p.v., non è indicata semplicemente nella misura del 45 per cento bensì con il 90 per cento dei 6/12 dell'importo totale. Follia, sadismo, insipienza? Sandro Anceschi, Torino «I versi di mio padre contro Robetti» Come figlio di genitori italiani antifascisti «rifugiatisi» in Urss dal 1932 al 1946 e come ex bambino dell'Hotel Lux (nato a Mosca nel 1934), ho letto con estremo interesse l'articolo apparso venerdì 19 giugno sulla Stampa a firma di Didi Gnocchi, «Robotti -1 Verbali del delatore». Quello dei perseguitati politici antifascisti che hanno trovato «asilo» in Urss e che poi sono finiti nell'infernale ingranaggio delle purghe staliniane costituisce un mosaico al quale mancano sicuramente ancora molte tessere. Il ritrovamento dei verbali degli interrogatori di Robotti da parte della giornalista Didi Gnocchi aggiunge ulteriori dettagli e inoppugnabili certezze a ciò che, purtroppo, si sa da tempo grazie a testimonianze e scritti di Dante Corneli, Felicita Ferrerò, Renato Mieli, Guelfo Zaccaria e tanti altri tra i quali mio padre Andrea Bertazzoni, conosciuto nell'emigrazione col nome clandestino di Mukas, autore di un libro stampato in proprio, Una vita tra le tempeste sociali, autobiografia di «un uomo comune vissuto non comunemente». Nell'articolo in parola mi ha colpito il passo che riporta la deposizione di Giovanni Germanetto, che ho conosciuto personalmente da ragazzino giocando con lui a scacchi all'Hotel Lux. Germanetto afferma che Robotti è di «carattere molto rozzo, duro... Questa sua incapacità di accostarsi da compagno a compagno ha costretto molti a trattenersi dall'esprimersi liberamente nelle riunioni». Ci fu uno, tuttavia, che non risparmiò a Robotti, in quegli anni terribili, aperte critiche per il suo comportamento: mio padre. Nel 1936 circolò a Mosca, tra gli italiani, una poesia di mio padre (spedita anche a Robotti) in cui egli denunciava in dieci quartine i metodi rozzi e caporaleschi del cognato di Togliatti. Una suona così: «Nessuno ha detto poi Voglio Robotti / Più in alto ancora di quel che non è / Perché egli possa alfin strillar con tutti / Fate silenzio nel parlar con Me!». La poesia (che ovviamente non andò mai giù all'interessato) fu ritrovata qualche anno fa da Nella Masutti, la coraggiosa compagna del torinese Emilio Guarnaschelli, fucilato in un gulag, tra le carte paterne conservate a Parigi. Nel 1939, proprio qualche mese dopo l'uscita di Robotti dal carcere, Bertazzoni denuncia apertamente ai vertici comunisti in esilio gli abusi e le persecuzioni del Robotti nei confronti dei suoi connazionali. «In una sola cosa - scrive Bertazzoni alla dirigenza del pei presso l'Internazionale - sono rimasto completamente passivo: nel campo riguardante l'attività apologetica nei confronti dell'allora compagno Robotti... E questa mia passività me l'ha fatta pagare poi abbastanza cara. Come del resto l'ha fatta pagare cara a tanti altri ottimi compagni...». Bertazzoni nelle sue memorie, infatti, accusa Robotti di averlo denunciato alla polizia segreta di essere in rapporto con spie internazionali e di essere un incorreggibile socialdemocratico. L'allora Mukas, peraltro, fu protagonista dell'episodio abbastanza no¬ to riguardante la produzione in Urss del formaggio gorgonzola che per le sue striature verdastre fu considerato dalle autorità russe come il prodotto di un... avvelenatore del popolo passibile di denuncia. Bertazzoni attraversò quegli anni terribili di delazioni e persecuzioni senza tragiche conseguenze rimanendo fedele (pur militando allora nel pei) alle sue idee socialiste e libertarie, rispettose dell'uomo e della democrazia. Lo scontro tra Bertazzoni e Robotti (in combutta con altri) proseguì in Italia, al rientro dall'esilio, fino all'espulsione dal pei di mio padre all'inizio degli Anni 50. Vladimiro Bertazzoni Mantova Rispetto totale per i figli in provetta Desidero riferirmi a quanto ha pubblicato La Stampa il 4 giugno c.a., con particolare riguardo al titolo: «Monsignor Trujillo sfida la dura condanna emessa da Ratzinger: battezzo i figli della provetta» (dalla redazione), pubblicato in occasione di una conferenza svolta durante una tavola rotonda a Roma. Quanto figura nel corpo dell'articolo come esposto da me durante la relazione è sostanzialmente riferito con obiettività; al contrario non lo è nell'impostazione e nel contenuto del titolo. In nessun momento è stato fatto il nome del card. Ratzinger il cui pensiero chiaro e saldo ammiro molto e meno ancora mi sono opposto a lui. Ho preso come guida sicura il Magistero dell'Istruzione «Donum Vitae» della Congregazione per la Dottrina della Fede. Mi sono riferito ripetutamente ai suoi orientamenti. Sono, per altro, membro della stessa Congregazione per la Dottrina della Fede. Non ho battezzato io i figli della provetta; non ne ho avuto l'opportunità; penso piuttosto che, come è riferito nel testo, una volta concepiti, sono esseri umani che meritano il totale rispetto e, una volta nati, se si chiede il Battesimo con le dovute disposizioni non si potrebbe negare. Ma non vedo come questo rappresenti una sfida al card. Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, al quale, sia la Chiesa, sia l'umanità devono tanto, come fedele collaboratore del Santo Padre. E' stato dunque un problema di distorta titolatura. Mi è gradito inviarvi, con l'occasione, un testo più ampio sullo stesso tema. Alfonso card. Lopez Trujillo Presidente del Pontificium Consilium prò Familia Città del Vaticano Più sponsor per l'esperanto Ritenendo giusta e bella l'iniziativa del ministro della Pubblica istruzione Rosa Russo Jervolino pubblicata sulla Stampa, la lingua universale l'esperanto, per contrastare la lotta che esiste tra le nazioni per la supremazia della propria lingua, si potrebbe invitare le industrie italiane, che inviano la loro merce all'estero, di sponsorizzare l'iniziativa per divulgarlo anche all'estero. Un esempio, su ogni macchina mandata all'estero si potrebbemettere sul cruscotto un libricino con l'esperanto e la lingua del Paese in cui viene inviata invitando i turisti a venire in Italia. Nel frattempo preparare i lettori italiani a riceverli studiando l'esperanto pubblicato a puntate sul giornale. Giuseppe Piccappo Cassine (Alessandria)