Lo scienziato e il diavolo

Un convegno sulle teorie Un convegno sulle teorie Lo scienziato e il diavolo NAPOLI. Si terrà da domani fino a venerdì 25 giugno a Vico Equense il convegno internazionale «Scientific Controversies» organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli. Diretto da M..Pera (Università di Pisa), P. Machamer (Pittsburgh) e A. Baltas (Atene), il convegno è diviso su tre argomenti: i tipi delle controversie, i mezzi delle loro soluzioni, l'esame di alcune grandi controversie. Al convegno partecipano più di dieci relatori, fra cui Y. Elkana (Gerusalemme), P. Kitcher (San Diego), W. Qallace (Maryland), W. Salmon (Pittsburgh), R. Grandy (Houston), I. Hacking (Toronto). GALILEO vinse una controversia contro gli Aristotelici è ora diciamo che la Terra gira attor—I no al Sole. Newton vinse una controversia contro Cartesio e ora diciamo che i corpi si attraggono mediante una forza universale. Einstein vinse una controversia contro Lorentz e ora diciamo che tempo e spazio sono relativi. I cosmologi hanno vinto una controversia contro Hoyle e Bondi e ora diciamo che l'universo nasce da un Big Bang. E così via. Anche quando gli scienziati sono pacifici, la scienza è litigiosa. La sua storia è piena di dispute e la sua crescita (il progresso scientifico) è dovuta proprio la vittoria di un partito sull'altro. Ma il punto non è qui, che il dato di fatto è assai poco illuminante. Anche l'arte, la politica, la teologia, sono litigiose. Il punto è: come si risolvono le controversie scientifiche? In che modo, nella scienza, un par- ^^^^ cito vince un al- (l^P*" tro? I padri fondatori della scienza moderna ebbero al riguardo un'idea molto semplice, come lo sono tutte quelle che poi sconvolgono Ja faccia della Terra. Reagendo contro la dialettica e la retorica degli aristotelici, essi stabilirono che nella scienza esiste un diverso metodo per dirimere le divergenze di opinione. Grazie a questo metodo, scrisse Cartesio, possiamo affermare che «ogni volta che i giudizi di due persone intorno alla medesima cosa sono contrari, è certo che l'uno o l'altro almeno s'inganna». Leibniz fu anche più ambizioso, allorché scrisse che, dopo che si sarà costruito il metodo universale, «quando sorgeranno delle controversie, non ci sarà maggior bisogno di discussione tra due filosofi (cioè, scienziati) di quanto ce ne sia tra due calcolatori. Sarà sufficiente, infatti, che essi prendano la penna in mano, si siedano a tavolino, e si dicano reciprocamente (chiamato, se loro piace, un amico): calculenms». Richiesti poi di precisare questo metodo, i Padri dettero risposte diverse, ma poi tutti convennero che la migliore era quella di Galileo: «Sensate esperienze e geometriche dimostrazioni». Insomma, osservare, sperimentare, fare calcoli, provare e riprovare, finché la natura non sputa fuori la verità. Più tardi, nelle Massime e riflessioni, Goethe, parafrasando il Vangelo di Matteo, descrisse in modo efficace questa situazione dicendo che, nelle condizioni dell'esperimento scientifico, «la natura, messa sotto tortura, se ne sta silenziosa. La sua onesta risposta all'onesta domanda è: "sì, sì: no, no". Tutto il resto è Isaac Newton figlio del Maligno». Non c'è scienziato al mondo che oggi non la pensi come i Padri. Tutti dicono che la scienza si distingue dall'arte, dalla politica, dalla teologia proprio perché nella scienza la verità (o il progresso verso la verità) dipende dal fatto che solo nella scienza si possono controllare le ipotesi mediante osservazioni o esperimenti. Purtroppo per i filosofi, non c'è scienziato al mondo che al riguardo non si sbagli. Consideriamo lo stesso dato da cui siamo partiti. Galileo vinse contro gli aristotelici ma non provò la teoria eliocentrica: mostrò solo che spiegava bene certi fenomeni più semplicemente di quella di Tolomeo o di Tycko Brahe. Einstein vinse contro Lorentz, ma un esperimento cruciale che mostri che il primo dice il vero e l'altro il falso non esiste. Né, nonostante la questione della radiazione cosmica di fondo con cui i cosmologi hanno vinto contro Hoyle, esiste la prova del Big Bang. Il fatto è che, quando due teorie di una certa importanza si confrontano, le osservazioni e gli esperimenti sono imo dei fattori sui cui si decide la controversia ma non l'unico. Una teoria nuova, ad esempio, può spiegare meno fatti, ma essere più semplice della teoria vecchia. Non solo. Ci sono casi in cui tutte e due le teorie rivali spiegano gli stessi fatti, con princìpi, assunzioni, vocabolari diversi. Meglio allora è dire, in tutti questi casi, non che un partito ha vinto, nel senso dei Padri e degli scienziati loro seguaci che essa ha rivelato come veramente è fatto il mondo, ma che un partito ha convinto, nel senso che ha avuto la meglio nella disputa con il partito rivale. Già, ma «convinto» come? Se diciamo con osservazioni, esperimenti piti discussioni su altri criteri di preferenza e perciò più decisioni di gruppo, ecco che quella dialettica e quella retorica che i Padri cacciarono a male parole dalla finestra rientrano dalla porta principale, perché dialettica, retorica sono proprio gli strumenti per condurre tali discussioni e prendere tali decisioni. Ma allora dalla porta rientra anche il Maligno? E poi, che ne è del progresso scientifico? Se una teoria vince perché convince, come si può dire che quella che convince è vera o più prossima al vero? La scienza diventa come la politica, dove chi vince è nel giusto perché detta le regole di ciò che è giusto? Forse no, ma è un problema aperto su cui bisogna riflettere. Marcello Pera ^^^^ (l^P*" Isaac Newton

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