Pavarotti: io finito? Voci di vipere

Il tenore replica al «New York Times» che stronca in anticipo il suo concerto Il tenore replica al «New York Times» che stronca in anticipo il suo concerto Pavarottì: io finito? Voci di vipere «Mi mettono in croce a ogni occasione, per invidia» «Costo caro? Stesso cachet di Domingo e Carreras» UN MITO SOTTO ACCUSA Adispetto di tante vipere, sarà un grande concerto, andrà tutto bene.Sono in forma». Ci prova Luciano Pavarottì ad essere diplomatico di fronte all'articolo del New York Times che stronca in anticipo la sua esibizione al Central Park, ma alla fine sbotta, dà sfogo alla sua rabbia, alza la voce: «Quell'articolo non l'ho letto, non leggo più gli articoli che mi riguardano. Sto al di sopra delle polemiche, io. E non per presunzione. La realtà è che ormai viviamo in un mondo popolato di malignità, nel quale impera la cattiveria. Anche nello spettacolo fa notizia soltanto ciò che è negativo. Se stecchi ti mettono in prima pagina, se raccogli ovazioni finisce in un titolo anonimo, a due colonne, in basso. Ma io sono insensibile a certe polemiche, non mi toccano. Però dispiace, a pochi giorni dal concerto. Ma so che sabato sera mi riprenderò la rivincita, schiaccerò certe vipere invidiose». Maestro, Hug Canning in quell'articolo, dice che lei è sul viale del tramonto, la accusa di scarsa professionalità e di pressappochismo. «Sa qual è la verità? E' che io sono un cane sciolto, uno che va avanti da solo per la sua strada, senza guardare in fac-' eia nessuno. E questo non fa piacere. Mi invidiano, ma mi sopportano. Almeno fino a quando tutto va bene. Pronti però ad attaccarmi al primo mezzo passo falso». Quello della Scala, maestro? «Sì, tutto è cominciato con quella sfortunata esibizione del "Don Carlos". Hanno scritto sui giornali di mezzo mondo dell'infortunio di Pavarotti. L'insuccesso di tutto il cast è diventato il mio fiasco. Forse è il prezzo che devo pagare per la mia popolarità, nel bene e nel male tutto si identifica con la mia persona. E poco conta che in quell'opera avessi un piccolo ruolo e che sia finito nell'occhio del ciclone per una mezza nota di traverso». Hanno esagerato maestro? «Sì, hanno esagerato anche se riconosco che non ero pronto, neanche per quella piccola parte: avevo più di un problema fisico. Ero stato appena operato al menisco, la mia condizione ne aveva risentito. Il canto è uno sport, e come in tutti gli sport se non sei in forma non puoi esibirti». Il New York Times non si limita a quella stoccata, dice testuale che lei da qualche tempo ha disincantato critica e pubblico. Elenca, con puntiglio, gli appuntamenti mancati e gli incidenti artistici di questi ultimi mesi. «Se non è in malafede, quantomeno quel signore è. male informato. Dopo quell'incidente, mi sono fermato due mesi. Otto settimane di riposo, per recuperare la voce e la forma fisica. Da quando sono tornato a esibirmi è stato un crescendo di successi: all'Arena di Berlino credo di aver tenuto il più bel concerto della mia carriera. E a Tokyo sono stato protagonista di cinque indimenticabili recite dell'«Elisir d'amore». Eppure non è un'opera facile per un tenore, anzi è tra le più difficili. Chiede molto sia sul piano vocale, sia su quello scenico: devi cantare interpretando la parte di un ubriaco. Ebbene, di fronte ai giapponesi, ho fornito una delle prestazioni più belle da quando canto. E sono sulla scena da più di trent'anni...». Eppure il critico americano sostiene che lei si «incammina inesorabilmente verso la conclusione della carriera». «Ma chi l'ha detto? Forse due mesi fa, in quei giorni difficili, tormentati della mia carriera ho pensato di rinunciare all'opera. Avevo quasi sempre abbassamenti di voce, temevo che questo mio strumento delicato si fosse incrinato per sempre. L'ho pensato, mai detto. Eppure sono usciti articoli in cui si annunciava il mio ritiro. Veleni di vipere, ecco. Ma oggi, che ho ritrovato la mia voce, annuncio che non ho alcuna intenzione di rinuncia- re all'opera per i concerti. Anzi è vero il contrario». La accusano pure di circondarsi di cantanti mediocri. E danno la colpa a sua moglie, Adua, definita «uno dei più potenti manager d'Italia». «Fesserie smentite dai fatti, anzi dai nomi. In trent'anni di carriera ho cantato con le più belle voci della lirica: Mirella Freni, Johan Sutherland, Luciana Serra. Se questa è mediocrità... Ho sempre preteso il meglio». Dicono, maestro, che sia diventato elitario, citano come esempio «Tosca» del settembre scorso a Londra, dove per un biglietto si doveva pagare circa 450 dollari. «Se i prezzi sono salati non è colpa mia. Io, a tutti i gestori di teatri nel mondo, non ho mai chiesto una lira in più di quanto pretendono Domingo o Carreras. Sfido chiunque a provare il contrario». Pier Paolo Luciano «Due mesi fa ho anche pensato di rinunciare all'opera Avevo grossi problemi fisici Ma adesso sono ' tornato in forma» a o e a i i o » sssgags Mr.P»v»routhM<J asss!»| =§§1 issassi In alto a sinistra il ritaglio del «New York Times» di domenica scorsa, a destra Pavarotti in un concerto al Palatrussardi di tre anni fa

Persone citate: Canning, Carreras, Johan Sutherland, Luciana Serra, Luciano Pavarottì, Mirella Freni, Pavarotti, Pier Paolo Luciano

Luoghi citati: Berlino, Italia, Londra, Tokyo