I Dodici abbandonano la Bosnia di Foto Epa

Al vertice di Copenaghen la Cee dà il via libera alla spartizione a spese dei musulmani Al vertice di Copenaghen la Cee dà il via libera alla spartizione a spese dei musulmani I Dodici abbandonano la Bosnia Fuoco serbo sui jet Nato: «Smettete di starci addosso» COPENAGHEN DAL NOSTRO INVIATO Il re è nudo. I voli sono caduti, c la realtà è apparsa finalmente per quello che è: l'Europa ha abbandonato la Bosnia. Anzi, in realtà non ha mai pensato di aiutarla davvero fino in fondo. Perche l'intervento militare massiccio, necessario a far recedere i serbi dalle loro mire espansionistiche, non è proponibile dal punto di vista delle opinioni e dei bilanci pubblici. Perché l'Unione europea, ratifiche del Trattato di Maastricht a parte, si scontra con una pluralità di concezioni politiche. E perché nel carnaio jugoslavo «è facile entrare ma difficilissimo uscire». I capi di Stato e di governo dei Dodici, riuniti da ieri a Copenaghen, hanno sottoscritto una «dichiarazione» sulla Bosnia che, di fatto, dà via libera al piano serbo-croato di smembramento della tormentata repubblica. La dichiarazione «non accetta il principio delle modifiche territoriali con la forza», riafferma il sostegno «ai principi» dell'ormai defunto piano di pace Vance-Owen, sottolinea che i leader della Cee «non accetteranno che una soluzione venga imposta con la forza ai musulmani da serbi e croati», e soprattutto lancia le sanzioni anche contro i croati, colpevoli come gli altri in un Paese che, come ci ha detto un diplomatico, «il più pulito ci ha la rogna». Ma in verità una sola cosa è importante per gli europei: chiudere il capitolo jugoslavo entro l'estate, spingendo i musulmani ad accettare al tavolo negoziale, e non solo di fatto, l'illusione di un ritorno a quella che una volta era la multi-etnica repubblica di Bosnia. «La cosa più importante è la pace, anche se non risulterà totalmente soddisfacente», ha detto Lord Owen. Il piano serbo-croato prevede la divisione della Bosnia in cinque «aree geografiche», rese etnicamente omogenee dalla guerra. Queste «aree» costituiranno tre diverse repubbliche, una delle quali musulmana, che potrebbe avere uno sbocco al mare garantito da un corridoio sotto controllo internazionale. Il tutto dovrebbe costituire una «confederazione» piuttosto improbabile, visto che le sue tre componenti etniche continuano a massacrarsi a vicenda ancor oggi. Il Presidente bosniaco Alja Izetbegovic è arrivato ieri a Copenhagen per tentare almeno di convincere i leader europei a por fine al bando alla vendita di armi ai musulmani. Ma gli è stato risposto picche. «Questo priva la Bosnia del suo diritto a difendersi - ha detto in una sconsolata conferenza stampa -. Il mantenimento dell'embargo non è più difendibile né dal punto di vista morale, né da quello giuridico, né da quello politico». Ma tant'è: «E' stata data via libera alla capitolazione della Bosnia, e un premio all'uso della forza nelle relazioni internazionali», è stato il commento di Izetbegovic. Certo, le sanzioni contro la Serbia restano, e anzi verranno con tutta probabilità estese alla Croazia. Resta anche la decisione sul tribunale internazionale contro i criminali di guerra. E resta la «determinazione» a difendere le sei «zone protette» dei musulmani. Ma la politica del fatto compiuto ha trionfato. «I margini di manovra sono molto stretti», ha detto il ministro degli esteri italiano Beniamino Andreatta, e l'Europa punta ora solo a mantenere quanto più è possibile del vecchio piano Vance- Owen, nel nuovo scenario. Secondo Owen, serbi e croati potrebbero accettare l'esistenza di un governo centrale, con un primo ministro ed un ministro degli Esteri, la smilitarizzazione ed un cessate il fuoco controllato dalle Nazioni Unite. «La prima, e molto triste lezione, è che la comunità internazionale non ha veri strumenti per affrontare chi è determinato ad uccidere», ha detto il ministro degli Esteri danese Niels Helveg Petersen. Ed Andreatta ha ricordato che «anche la diplomazia può subire degli scacchi». Resta il timore che i due fazzoletti di Bosnia musulmana possano trasformarsi in due «strisce di Gaza» nel cuore dell'Europa, con tutte le conseguenze di instabilità, terrorismo ed infiltrazioni islamiche del caso. «Non dobbiamo vergognarci», ha detto Owen, ricordando che la Cee ha «tentato nella miglior maniera possibile di mantenere la gente al tavolo negoziale», riuscendo comunque a salvare 400 mila persone dalle «pulizie etniche». Ma Izetbegovic non è molto d'accordo: accusando la Comunità europea di avere «votato contro la Bosnia», ha rifiutato di dare una risposta chiara alle sue intenzioni negoziali. «Se torno a Ginevra? Non lo so. Per ora vado a Sarajevo, per consultarmi con il governo e con il Parlamento, ma non posso partecipare al negoziato se continuano le conquiste territoriali». Una frase che suona come una mezza rinuncia, tanto più che i Dodici, irritati dalla sua «testardaggine», gli hanno chiesto un incontro della trojka Cee non con il solo Presidente della Bosnia, ma con tutti i nove membri della presidenza: tre per etnia. Fabio Squillante Andreatta: «A volte anche la diplomazia può subire degli scacchi» f i Soldati bosniaci a Sarajevo corrono sotto il fuoco dei serbi Foto piccola: il presidente bosniaco Izetbegovic [FOTO EPA]

Persone citate: Andreatta, Beniamino Andreatta, Fabio Squillante, Izetbegovic, Lord Owen, Niels Helveg Petersen