Diego riscossa a metà
Piego, riscossa a metà Piego, riscossa a metà «Ora uniamo ilfronte progressista» TORINO. Diego Novelli accoglie la sconfitta con molto fair play: «Ha vinto Castellani, viva Castellani» dice apparentemente senza rimpianti. All'una di notte è tutto chiaro, Castellani l'ha battuto per 72 mila voti. Ma il commento dell'ex sindaco rimane privo di astio. Afferma: «Sarò un consigliere comunale attento, non farò tuttavia un'opposizione ottusa. Porterò in Consiglio le istanze della città. Se le decisioni della maggioranza saranno condivisibili, non avrò difficoltà ad approvarle». Promette: «Farò il possibile per ricostruire la sinistra torinese, quel polo progressista che anche il pds aveva detto di volere». Il suo staff non ha dubbi: ((Abbiamo fatto il nostro dovere». Quanche frecciata da Rifondazione: «Ha vinto la destra». Ma Novelli non vuole alimentare le polemiche. A chi gli fa notare che Dalla Chiesa a Milano è stato duro contro Formentini, ribatte che c'è «una bella differen¬ za tra Castellani e la Lega Nord». Giorno amaro per Novelli? Qualcuno fra i suoi lo paragona a quel 25 gennaio '85, quando il «tradimento» di un suo assessore lo obbligò al trasloco dall'ufficio dove teneva la sua collezione di campanelli, centinaia di «pezzi» arrivati da tutto il mondo e messi in bella mostra a Palazzo di Città. Novelli non drammatizza. «La vita continua» dice e sottolinea che senza l'invito insistente della Rete, probabilmente non avrebbe mai pensato al ritorno, al «Novelli tre», dopo le stagioni del trionfo della sinistra che lo videro sindaco nel 1975 e nell'80. Il terzo atto non l'ha favorito. Afferma: «In questo ballottaggio avevo tutti contro, dalla grande industria ai giornali a parte del sindacato». Rimarrà comunque capo della minoranza in Sala Rossa contro una maggioranza che comprende il pds, i pattisti di Segni, il pri e i verdi del Sole che ride. «Continuerò a lavorare con spirito di servizio» ripete. La domenica pubblica del nuovo sindaco si è iniziata a mezzogiorno quando Novelli si è recato al seggio con il figlio Edoardo, nel suo quartiere, in quel Borgo San Paolo semiperiferia di Torino, un tempo rione operaio, adesso zona del ceto medio borghese. Diego Novelli nei cinquecento metri tra casa sua - casa di giornalisti - e la scuola media di via Tolmino saluta tutti. «Mi conoscono. Vivo qui da 30 anni» afferma sorridendo. E' il giorno della verità. Nel seggio stringe mani, riceve auguri: da ex tra poche ore potrebbe essere nuovamente il sindaco. Poi torna a casa. E in compagnia di buona musica trascorre il lunghissimo pomeriggio. Il telefono continua a squillare. «Sono gli amici», dice Diego e aggiunge: «Non lo stacco per curiosità. In questi momenti è l'unica finestra sul mondo». Nervoso? «No, affatto». Gli fanno sapere che l'affluen- za alle urne è bassa. Commenta: «E' un segnale negativo, significa che molti hanno dato retta a Bossi», Nel suo staff sono meno «politici». Afferma il fedelissimo Alberto Gregnanini: «I nostri sono rimasti in città, hanno votato». Novelli non batte ciglio, aspetta. E a sera va a cena a casa di amici senza collaboratori alm fianco. Così per Gregnanini questa, da maggio, è la prima giornata di distacco dal «suo leader». «Finalmente ho visto i miei figli», dice. Ma la «libera uscita» finisce alle 22: appuntamento con Diego alla Rai di via Verdi. E qui, a sorpresa, arriva la batosta. Giuseppe Sangìorgio
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