William Golding, corpo a corpo contro la Bestia che è in noi di Mario Baudino

William Golding, corpo a corpo contro la Bestia che è in noi Morto a 81 anni l'autore di «Il signore delle mosche», premio Nobel nell'83 William Golding, corpo a corpo contro la Bestia che è in noi I ILLIAM Golding, premio Nobel per la letteratura nel 1983, è morto ieri nella sua casa dell'Inghilterra meridionale. Aveva 81 anni, e il suo nome era legato indissolubilmente all'opera maggiore, Il signore delle mosche, uscita nel '54. Quel libro, il cui titolo venne suggerito da T. S. Eliot, fu anche un successo commerciale, che ha segnato due generazione: in tutto il mondo ha venduto dieci milioni di copie, è diventato un film di Peter Brook. Si può essere scrittori di un unico romanzo, e grandissimi. Ma si può essere scrittori di un'unica ossessione, combattere con un solo demonio: Golding, con il suo sorriso, il suo senso dell'umorismo e la sua voglia di provocazioni, fa certamente parte di questa categoria. Vide il nemico - ciò che mosse e tormentò la sua scrittura - nel Signore delle mosche, e da allora non lo abbandonò più: lo descrisse come la Bestia, il Male, ciò che spinge irresistibilmente l'uomo a fondo, lo ricaccia verso il cuore delle sue paure. Lo ritrovò nei mari del Sud e nella Londra del dopoguerra, lo inseguì per tutto l'Occidente. Nel Signore delle mosche, Golding immaginò una gruppo di ragazzi tipicamente anglosassoni, educati e benestanti, improvvisamente dispersi per un incidente aereo su un'isola deserta: e li trasformò a poco a poco in un tribù selvaggia. Il gruppo tenta di darsi un'embrione di organizzazione sociale, ma va sempre più a fondo verso la barbarie, come travolto da un automatismo dei comportamenti, da un'antropologia negativa. I sentimenti peggiori vincono, e alla fine trionfa la paura: un demone malvagio e minaccioso, la Bestia che i ragazzi si convincono esista e li osservi, finirà con l'essere la sola motivazione, la sola causa delle loro azioni sempre più feroci, della loro regressione e della loro follia. Quel Male incontrato sull'isola deserta resta in tutti i romanzi di Golding (tradotti in Italia da Longanesi, mentre II signore delle mosche è di Mondadori): da Buio visibile a Riti di passaggio, da Uomini nudi a Caduta libera, a II Dio scorpione. E nella lotta contro il bene, illustrata ad esempio in una sorta di corpo a corpo in Buio visibile, è sempre il Male ad avere il sopravvento. Il romanzo racconta di un giovane sfigurato dal fuoco delle incursioni aeree su Londra, che quando affronta il mondo dopo la terribile esperienza si vede escluso, come fatto segno di un tremendo ostracismo. L'emarginazione sarà interpretata come una specie di «benedizione», una chiamata divina: in realtà rovesciandosi subito nel suo verso aspetto, il demoniaco. Così in Riti di passaggio. Golding, scrittore che ha nell'anima Melville più che non Conrad, mette di fronte nello spazio angusto di una nave da guerra un giovane aristocratico e un reverendo anglicano, ingenuo, sprovveduto. Che puntualmente viene travolto, diventa egli stesso vittima in un girone infernale di violenze sessuali e morali, una vittima che si crede carnefice. Nemico di ogni mito consolatorio (nel Signore delle mosche rovescia intenzionalmente un romanzo vittoriano, L'isola di corallo di Ballantyne) ma attratto dal grande mito greco come espressione forse di dolore più che di ricchezza immaginativa e verbale, Golding è stato una grande narratore di fiabe e un tremendo moralista, con interessi analitici che vengono dalla sua formazione scientifica. Rappresenta bene nella tradizione occidentale l'esatto rovescio di Robinson Crusoe: per arredare e civilizzare la sua isola deserta, lo scrittore deve passare, come un antico gnostico, attraverso il male, senza risparmiarsene nemmeno un'ombra, una goccia. Con un'unica libertà: di riderne ogni tanto. Mario Baudino William Golding

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Londra, Mondadori