«Tutto incominciò con un giallo» di Franco Lucentini

«Tutto incominciò con un giallo» La sindrome di Kramer «Tutto incominciò con un giallo» AIVREBBE potuto essere il 1937. L'umida sera di giugno, con i suoi marciapiedi lucidi di pioggia che ri I flettevano le luci colorate e intermittenti delle insegne, avrebbe potuto essere una sera di quell'anno». Così comincia un poliziesco americano d'una serie celebre, e prosegue con la descrizione di un passante e di un'auto che sopraggiunge lentamente alle sue spalle, lo supera, poi gira all'improvviso a U e gli toma incontro vomitando fuoco da un finestrino. Ma l'importante non è di sapere adesso chi sia l'autore né come s'intitoli il romanzo da cui abbiamo tratto questo movimentato inizio, o incipit che si voglia dire. L'importante è di considerare il capitolo 6 del romanzo stesso, dove uno dei detectives che si occupano del caso va a chiedere a un certo Kramer, direttore di un settimanale, se ricordi niente a proposito di certe fotografie. «Non mi sembra, ma lasciatemi pensare», dice Kramer. Poi s'illumina di uno strano sorriso e recita con tono ispirato: «Scarlett O'Hara non era bella, ma gli uomini che subivano il suo fascino, come i gemelli Tarleton, raramente se ne rendevano conto». «Come?... non capisco», dice sconcertato l'altro. «Niente, è una mia mania. Imparo a memoria le prime righe di tutti i grandi romanzi. A volte sono le più importanti del libro. Lo sapevate?». «No». «Eppure è così. E' sorprendente il peso che in un libro può avere l'inizio. Per esempio...». «Sì, ma per tornare a quelle fotografie...» cerca d'interromperlo il poliziotto. Ormai però il maniaco - che non c'entra niente col delitto - è tutto preso dalla sua sindrome incipitaria c nessuno lo ferma più. «Per esempio - dice - ecco: Maestoso e grassoccio, Buck Mulligan sbucò dalla scala tenendo nelle mani una bacinella da barbiere con sopra, incrociati, un rasoio e uno specchio. Sapete cos'è?». «No». Kramer glielo spiega e commenta con entusiasmo: «E' un esempio tipico di quella tecnica che consiste nel presentare immediatamente il protagonista. Eccone un altro: "Era il giorno delle nozze di Wang Lung"». Questa volta l'altro sa di che si tratta e lo dice, dandosi così la zappa sui piedi; perché l'ossesso, al colmo dell'esaltazione, gli spara contro quattro incipit di fila: 1. «Se finirò per essere io l'eroe della mia propria vita, o se questa parte toccherà a qualcun altro, si vedrà nelle pagine che seguono». 2. «Stanotte ho sognato che tornavo a Kinderley». 3. «Quando ebbe finito di preparare il suo zaino, Prewitt guardò per l'ultima volta, attraverso il sottile reticolo della zanzariera, il familiare cortile della caserma». 4. «Appena scesa dal bus affollato, Anneve Summers passò da una mano all'altra la sua pesante valigia e s'incamminò per il viale ombroso». Fortunatamente il nostro detective ha la testa sulle spalle, come tutti quelli della sua squadra; per cui, benché ormai incuriosito dal gioco, non si lascia contagiare dalla sindrome di Kramer e se ne va. Fummo invece noi stessi a restare contagiati, quando molti anni fa c'imbattemmo in quel singolare libro giallo. Tanto più che ci tornò in mente un'idea di Paul Valéry: il quale - come si legge nel primo Manifesto del surrealismo (1924) - s'era proposto di «raccogliere in un'antologia il più gran numero possibile di incipit di romanzi, anche e specialmente dei più celebrati», per dimostrare la congenita inferiorità del romanzo come genere letterario. Non che pensassimo di seguire l'autore di Monsieur Teste su questa strada. Crediamo infatti che le distinzioni tra «generi letterari» servono solo, in ultima analisi, ad alimentare chiacchiere accademiche e offuscare il giudizio critico. Ma da allora appunto ci è accaduto di non poter più leggere un libro, qualsiasi libro, senza prestare alle prime righe un'attenzione tutta particolare; e addirittura di prenderne nota (pur senza impararle a memoria: la nostra sindrome non è ancora a questo punto) ogni volta che ci sembrassero adatte per una futura raccolta. «Debbo la scoperta di Uqbar alla congiunzione di uno specchio e di un'enciclopedia». Quest'inizio memorabile, noi potremmo dunque parafrasarlo così: «Dobbiamo la prima idea di questo libro alla congiunzione di un giallo e di un manifesto letterario». L'altra idea è stata poi, come già detto, di non limitarci ai soli romanzi e neppure alla sola letteratura, ma di raccogliere incipit di ogni specie. Per lo più tuttavia ci siamo tenuti all'uno o all'altro di quei due campi che un'opera del 1901 (giudicata oggi «un vecchiume» da parte di intellettuali, a dir poco, antidiluviani) così definisce nelle sue prime righe: «La conoscenza umana ha due forme: è o conoscenza intuitiva o conoscenza logica, conoscenza per la fantasia o conoscenza per l'intelletto; (...); è, insomma, o produttrice d'immagini o produttrice di concetti». Resterebbero ora da spiegare i criteri che abbiamo adottato per il raggruppamento in «capitoli» di tutto questo materiale. Ma lasceremo che a spiegarli sia il libro stesso: il quale è certo un libro di «quiz» nonché un manuale, per così dire, di «incipitologia comparativa»; ma vuol essere innanzitutto e soprattutto un libro di lettura. Cario Frutterò Franco Lucentini

Persone citate: Buck Mulligan, Paul Valéry, Scarlett O'hara, Summers, Wang Lung