Seria il mostro, terrorizzato dalle donne di Cesare Martinetti

Seria il mostro, terrorizzato dalle donne RUSSIA «Aveva una paura maniacale, le guardie stavano sulla porta della camera da letto» Seria il mostro, terrorizzato dalle donne La sua ultima amante sta scrivendo un libro di memorie MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sono appassiti i fiori sulla Kacialova. La pietà anonima è durata solo qualche giorno sul bordo di quella fossa scoperta casualmente accanto alla casa di Lavrentij Beria dove due mesi fa sono spuntati i resti di alcune donne. Per una settimana due vecchiette hanno portato fiori lasciando un messaggio scritto a mano: «Passante fermati: qui ci sono dei morti...». Poi il ventre di Mosca ha inghiottito anche quella misteriosa pietà: assi di legno coprono ora quel piccolo cimitero, i fiori appassiti sono stati buttati in fondo, nessuno si ferma più. Resta il mito del potentissimo capo della polizia staliniana, della sua auto nera che girava le vie della capitale per ghermire giovani donne da portare in quella casa-fortezza sulla via Kacialova. Rimane il sinistro mistero sulla fine di molte di quelle ragazze entrare dal portone della casa e mai più uscite. Nina Vassilevna Alekseeva a settantun anni ha deciso di raccontare. Ha messo insieme i fogli del diario della sua relazione con Beria durata un anno e mezzo, dal '52 fino all'arresto e alla fucilazione dell'ombra di Stalin caduto in disgrazia dopo la morte del capo. Nina Vassilevna delle sue memorie farà un libro. Ieri, al quotidiano Trud ha raccontato pezzi della sua storia. «Tutto è cominciato da una telefonata...». La donna nel 1945 era sposata con un capo dipartimento della polizia politica, un dipendente di Beria, il colonnello Ivan Andrevich Rebrov. Un giorno per strada Nina venne avvicinata dalla solita auto nera. «Un amico, Kolja, mi aveva avvertito che Beria voleva conoscermi. Tutti sapevano che aveva passioni insane verso le donne». Al colonnello dell'auto nera Nina disse che stava aspettando suo marito. Pochi giorni dopo il marito fu arrestato: «Ancora oggi non so che fine abbia fatto». Nina fuggì da Mosca a Kaliningrad. Ma Beria non si scordò di lei. Sette anni dopo, nel '52, quando era già risposata con il colonnello Dmitrij Alekseev, tornò l'auto nera con lo stesso colonnello di allora: «Lavrentij Pavlovic la vuole vedere: non si spaventi, non le farà del male». Nina dice ora che sperava di sapere qualcosa sulla fine del primo marito. Ecco il racconto dell'incontro, dal diario di Nina Nadreevna: «Apparve Beria. "Ha aspettato a lungo? Sono felice di vederla, cara. Ho sognato di lei per anni. Ma il destino ci ha fatto incontrare di nuovo"». Nella sala da pranzo c'era un enorme tavolo colmo di piatti. Al centro luccicavano le etichette dorate di due bottiglie. Guardavo impaurita tutto questo senza sapere cosa dire. Lui cercò di calmarmi: «Perché non dice niente? Non si preoccupi. Vuole un po' di selvaggina arrosto? Ho un fagiano, è stato ucciso poco fa. Il vino viene dalle cantine di Novorossijsk, è dei tempi dello zar, lo beveva Nicola... Spero che lei non sia una signorina di provincia e passeremo bene il tempo insieme». Nina ci racconta dettagli, come il bagno di Beria: «Vidi asciugamani bianchissimi. In mezzo alla stanza c'era un lungo tavolo coperto da un lenzuolo. Sopra c'era un grande lampadario col paralume di ferro». Beria aveva timore delle donne che incontrava: «Una paura maniacale. Anche fuori della camera da letto sentivo i passi delle guardie e durante le cene non riuscivo a sbarazzarmi della sensazione di essere osservata da dietro le tende. Un giorno gli dissi che questo mi dava fastidio. Lui non entrò nei dettagli. Disse solo che non era affare mio». Un giorno Beria portò Nina alla dacia di Kuntzevo dove c'era Stalin: «Io credevo, come tutti, nei suoi poteri sovrumani, nella sua forza ipnotica. Mi stupii molto a vederlo da vicino, così diverso dalle fotografie: era un vecchio gobbo con i segni del vaiolo sulla faccia». E Beria? Al fondo Nina sembra comprenderlo: «In un anno e mezzo è sempre rimasto per me uno sconosciuto. Non pensate che vòglia difenderlo, ma mi ha raccontato infanzia e giovinezza difficili. La povertà spesso rende le persone crudeli, insegna ad adattarsi a tutto, deforma le idee sulla morale». Anche delle vittime. Cesare Martinetti Beria: aveva paura delle sue donne. Le guardie del corpo stavano sulla porta della camera da letto durante gli incontri

Luoghi citati: Kaliningrad, Mosca, Novorossijsk, Russia