Cau la penna più cattiva di Francia di Enrico Benedetto

Cau, la penna più cattiva di Francia Lo scrittore è scomparso ieri a Parigi, fu segretario di Sartre, poi gollista Cau, la penna più cattiva di Francia Attaccò tutti, da Gide sino a Mitterrand PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Gli piaceva definirsi «figlio spirituale di Sartre», aggiungendo tuttavia che il maestro - al cui servizio lavorò per otto anni, dal '47 al '56 - era «un prodigioso boxeur intellettuale senza alcuna sensibilità». Jean Cau è morto ieri, sessantasettenne, per un tumore. La Francia piange in lui il romanziere (Premio Goncourt 1961), il pamphlettaro, il croniqueur geniale che ogni settimana dava il «la» su Paris Match. Ma ciò che rende significativo - anzi, quasi unico - il suo itinerario, è il passaggio dalla gauche più radicale al gollismo durante la guerra algerina. E ironia vuole che abbia chiuso gli occhi un 18 giugno, anniversario dell'appello radiofonico lanciato da Londra per continuare la guerra contro il Reich. La sua conversione fu rapida e totale. «Il lupo» (così lo soprannominavano i vecchi amici) non smise d'intingere la penna nel fiele. Semplicemente, cambiò destinatario: e tra le nuove vittime, il ps mitterrandiano ebbe la pole position. In due libelli - tra cui il celebre La Rose à la mer (1983) attaccò il socialismo transalpino «barbuto e professorale». Quanto bastava perché la destra l'arruolasse con riconoscenza fra i suoi intellettuali d'assalto. Eppure Cau rifiutava ogni affiliazione: «Lascio la Chiesa Rossa, ma non per entrare in quelle sul marciapiede di fronte». Alto, magro, laurea in Filosofia, una giovinezza provinciale, Sartre lo assume nel primo dopoguerra quale segretario. Vivono in simbiosi per un decennio. Cau scriverà nella sartriana Revue des Temps modemes guadagnandosi soli¬ da reputazione. Il Goncourt gli giunge sull'onda gauchiste. Premia La pitie de Dieu, un affresco che narra le vicende di quattro prigionieri e la loro difficile integrazione. Al filosofo dell'Esistenzialismo - ripeteva volentieri - «devo tutto e nulla». La rottura fra i due si consuma nell'astio. Da allora, Jean Cau moltiplica le collaborazioni - tra gli altri, L'Express e il Figaro Littéraire - nonché i romanzi (una dozzina) e le novelle. I suoi ritratti icastici faranno storia. Definì Gide «il papa cinese», Cocteau «un bell'uccello dal lungo becco», e il Generale «uomo senz'ossa». Ma con Georges Pompidou l'irriverenza toccò l'apice: «Ha un lato godereccio, scurrile, da strizzaculo di cameriere, ma lo ricopre con una spessa vernice cultural-parigina». Enrico Benedetto

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