Se risorgono i dinosauri del pcus
Se risorgono i dinosauri delpcus DIARSO DI MOSCA Se risorgono i dinosauri delpcus così un altro dei dinosauri del defunto Pcus che la bufera della rivoluzione democratica sembrava aver congelato per sempre, torna in vetta in una delle repubbliche dell'ex Unione Sovietica. Dopo Kravciuk di Ucraina, Nazarbaev di Kazakhstan, Shevardnadze di Georgia, Gorbunov di Lettonia, Brazauskas di Lituania, Mircea Snegur di Moldova, Imamali Rakhmonov di Tajikistan, Saparmurat Nijazov di Turkmenistan, Islam Karimov di Uzbekistan, (per non parlare di Boris Eltsin di Russia) tocca ora a Gheidar Aliev di Azerbajgian. E, dei tanti dinosauri, questo è uno di quelli che avevano la pelle più dura. Undici su quindici repubbliche sono oggi guidate da ex leaders di primo e primissimo piano del partito comunista. A quanto pare per mancanza di «quadri» migliori e più sperimentati. Vale anche per il settantenne Gheidar Aliev, ex capo del Kgb dell'Azerbajgian, primo segretario del partito dal 1969 al 1982, per ben tredici anni padrone assoluto della Repubblica. Breznev lo notò e se lo portò a Mosca nel Politburò. Divenne addirittura primo vicepremier del governo dell'Urss. Se non fosse arrivato Gorbaciov avrebbe celebrato altri trionfi. Ma la perestrojka gli andò di traverso. Resistette fino al 1987, quando, sotto pesanti accuse di corruzione (da cui, per la verità, si è sempre difeso accanitamente) sparì dalla circolazione per qualche mese. Poi, secondo l'uso «morbido» dell'epoca, circolò la voce di un infarto. Ricomparve a settembre, giusto in tempo per essere dimesso dal Politburò. Il rinnovamento gli era, più che ostico, incomprensibile. In piena dissacrazione - effetto della glasnost - delle tronfie cariatidi del senescente comunismo sovietico, ebbe il coraggio, nel 1986, di inaugurare un busto in bronzo a se stesso che gli adoranti concittadini della città natale gli eressero nella repubblica del Nakhicevan. Resistette però ancora a lungo nel Comitato centrale del partito, distinguendosi per una tenace, ostinata op¬ posizione a ogni idea di cambiamento. E quando venne anche per lui il tempo di andarsene, tornò nel natio Nakhicevan dalle cui mafie locali era stato innalzato ai vertici del potere sovietico. E qui, imperterrito, tetragono, ricominciò a salire. In silenzio, ma senza sosta. E venne di nuovo la sua ora quando i «democratici» a Baku cominciarono a fare fallimento. Eletto presidente del Parlamento della Repubblica autonoma, il suo nome risuonava sempre più spesso, con nostalgia, anche a Baku. Mentre le truppe azerbajgiane subivano rovesci su rovesci nella guerra contro il Nagorno-Karabakh e contro l'Armenia, la popolarità di Aliev montava inesorabile. E quando la bancarotta del Fronte Nazionale si è consumata, il presidente Abulfaz Elcibej non ha saputo fare di meglio, per salvarsi, che chiamarlo a Baku. Per offrirgli niente meno che il posto di capo del governo. Ma Gheidar Aliev non è mai stato uomo disponibile a elemosine. Li ha lasciati cuocere nel loro brodo, questi «islamiti democratici», e ha aspettato che si scottassero ben bene. Poi, novello Cincinnato, è tornato come salvatore della patria. Pare si sia convertito anche lui all'Islam, come Shevardnadze alla chiesa ortodossa di Georgia. Tempi di conversioni, questi, nell'ex spazio geopolitico dell'ex Unione Sovietica. Viene la stagione in cui i serpenti cambiano la pelle. A Mosca i «democratici» pensano che bisognerebbe introdurre in fretta una specie di legge speciale per impedire ai comunisti di tornare a ricoprire incarichi. La chiamano «lustra zia». Farebbero bene, invece, a chiedersi se sono stati all'altezza dei compiti che la storia aveva loro assegnato. Giuliette Chiesa ,saj | L'ex leader comunista Aliev A sinistra il capo dei nazionalisti Gamidov | arringa la folla davanti al Parlamento
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