Uninominale? Non a Tokyo meglio l'harakiri di Fernando Mezzetti
Cade il governo Miyazawa, voto anticipato al culmine di una serie di scandali politici in stile italiano GIAPPONE Cade il governo Miyazawa, voto anticipato al culmine di una serie di scandali politici in stile italiano Uninominale? Non a Tokyo, meglio l'harakiri Pur di evitare la riforma elettorale il Parlamento si scioglie Sullo sfondo di arresti, scandali e manovre sulla riforma elettorale in parallelo con l'Italia, la Camera giapponese ha fatto ieri harakiri pur di bloccare un progetto per l'uninominale secca. Il partito liberaldemocratico di maggioranza si è spaccato e una sua parte ha votato con l'opposizione una mozione di sfiducia al governo guidato da Michi Miyazawa, accusato di non voler alcuna riforma reale, preparandone una che rafforzerebbe il suo dominio. La caduta del Gabinetto comporta lo scioglimento della Camera e nuove elezioni entro fine luglio. L'evento è traumatico. Ci fu un precedente nel '79, con la sfiducia al primo ministro Ohira, che alcune settimane dopo ne morì di crepacuore. Ieri Miyazawa ha mascherato il disagio per le accuse di infingardo e bugiardo rivoltegli dalle opposizioni e da parte del suo partito. Il leader dei socialisti gli ha gridato che meriterebbe di «morire diecimila volte». Al momento del voto non ha più retto, ed è apparso come un fragile vecchio in lacrime. Non si tratta di un incidente di percorso ma di una spaccatura definitiva del partito liberaldemocratico, finora al potere da solo da oltre 40 anni. La gravità è data dal fatto che non si esita a cacciare il governo a due settimane dal vertice dei Sette in programma a Tokyo il 7 luglio. Miyazawa resta in carica per l'ordinaria amministrazione, ma è azzoppato, senza poteri per discutere con americani e europei le forti tensioni commerciali e monetarie, ormai di dimensione politica, né i problemi globali in agenda. La crisi è speculare a quella italiana: politici travolti da scandali con tangenti di dimensione nipponica, cioè correlati alla potenza dell'economia; necessità di riforme elettorali per stroncare la corruzione diffusa. Mesi fa fu arrestato Shin Kanemaru, boss del partito al potere: in casa gli trovarono libretti al portatore e contanti pari a circa 30 mi- bardi di lire e lingotti d'oro per un centinaio di miliardi. Sarà processato il 22 luglio, alla vigilia delle elezioni. Sotto le pressioni dell'opinione pubblica il governo aveva promesso una riforma del sistema elettorale, alla Camera ora basato sulla proporzionale e sulle preferenze. Nei giorni scorsi ha reso noto di voler introdurre il maggioritario secco in collegi uninominali. Levata di scudo delle opposizioni, secondo le quali su 512 seggi il partito governativo ne prenderebbe in tal modo 480. Il progetto è stato avversato anche da una nuova fazione dei liberaldemocratici, capeggiata dall'ex ministro delle Finanze Tsutomu Hata e dall'ex segretario del partito, Owada, che conta su 35 deputati. Gli av¬ versari del governo chiedevano l'adozione di un sistema misto come al Senato, dove su 252 seggi 152 sono eletti col maggioritario, 100 con la proporzionale. E' tutto uno specchio preciso della situazione italiana, seguita con attenzione soprattutto per l'azione della magistratura, con analoghi effetti: politici minori che puntano a riforme con trasversalismi alla Segni, formazione di nuovi gruppi, vecchie volpi come Nakasone che fingono di cavalcare il nuovo per tornare al potere. Miyazawa è stato impallinato non solo dalle opposizioni e dalla fazione venuta allo scoperto, ma anche da franchi tiratori: 255 voti contro 220. Il partito di governo aveva finora tenuto, ma ha finito con lo spaccarsi. La Camera ha così fatto harakiri pur di non andare al maggioritario, per farsi eleggere con le vecchie regole contando di migliorarle poi. Fernando Mezzetti L'ex premier giapponese Miyazawa nell'aula della Camera dopo il voto di sfiducia che ha condannato il suo governo [FOTO REUTER)
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