Nell'ospedale di Aidid tra l'odio dei somali
Nell'ospedale di Aidid tra Podio dei somali Nell'ospedale di Aidid tra Podio dei somali MOGADISCIO IN FIAMME MOGADISCIO NOSTRO SERVIZIO Restituire l'ospedale «Digfer» ai somali. Era questo l'obiettivo del bombardamento e dei combattimenti strada per strada che hanno sconvolto Mogadiscio giovedì scorso. Ieri, la porta era sbarrata. Molti ragazzi, con lo sguardo duro e l'espressione esausta, si affollavano intorno all'ingresso. Tutti portano casacche militari e masticano foglie di kat. Il mio autista è nervoso e fa retromarcia nelle strade cosparse di sassi che hanno fatto da scena ai combattimenbti degli ultimi giorni tra Mohamed Farrah Aidid - il signore della guerra somalo - e le truppe delle Nazioni Unite. Appena un'ora dopo, i ragazzi se ne erano andati. Gli uccelli appollaiati sugli alberi cinguettano. Un uomo senza una gamba si aggira nelle vicinanze appoggiandosi alle grucce: è una delle vittime dei due anni di guerra che hanno sconvolto la Somalia. Le finestre dell'ospedale sono sbarrate. Lì davanti, per giorni, tre cadaveri sono rimasti abbandonati, coperti soltanto da lenzuoli insanguinati e circondati da una piccola folla di donne sconvolte. «Uomo bianco, uomo bianco, vattene. Vattene a quel paese», mormora una donna. Il comando dell'Onu era convinto che Aidid fosse nascosto nell'ospedale. Nel frattempo, tutti i 504 pazienti del «Digfer» erano fuggiti. Secondo il colonnello Kelvin McGovern, ufficiale dei Caschi Blu, alcuni razzi sono stati sparati dall'ospedale contro i soldati marocchini e francesi. Le truppe delle Nazioni Unite hanno subito risposto al fuoco, colpendo ripetutamente l'ospedale e scoprendo poco dopo che, per la seconda volta in un giorno, il generale Ai- did era riuscito a dileguarsi. Una grande buca sconvolge ora una delle sale principali del «Digfer», mentre un proiettile ha sibilato nella camera operatoria e si è conficcato in una parete. I muri, di giallo scuro, sono butterati. Il pezzo di un razzo è abbandonato su un pavimento: con ogni probabilità, l'ospedale è stato colpito dal fuoco dell'artiglieria, forse dai cannoncini di un elicottero corazzato. Ma uno dei portavoci dell'Onu, Trevor Jones, ha dichiarato ieri che gli elicotteri americani hanno sparato solo 11 missili «Tow» nel corso degli scontri di giovedì. Nessun altro razzo è stato utilizzato. «Posso assicurarvi - ha aggiunto - che nessun "Tow" è stato sparato contro l'ospedale e che l'Onu non ha mai fatto ricorso al tiro dell'artiglie¬ ria». La voragine che si è aperta nell'ospedale rimane, così, senza spiegazione, a meno che non siano stati gli stessi miliziani di Aidid ad aver sparato contro se stessi. Quando gli è stato chiesto da alcuni giornalisti se fosse accettabile che le truppe delle Nazioni Unite sparino contro un ospedale, il portavoce dell'Onu ha risposto: «E' un fatto del tutto incredibile che Aidid abbia utilizzato un ospedale come fortezza». <(Adesso è tutto tranquillo», dice il mio interprete. «Nessuno parlerà. E io so perché. Il motivo è che Aidid è stato qui. Ecco perché quelli che stavano sulla porta del "Digfer" non ci hanno lasciato entrare. Lui era venuto per vedere la sua gente». A Mogadiscio sono schierati 11 mila Caschi Blu. Gli scontri di giovedì sono stati giudicati un completo successo sia dal presidente americano Clinton che dal segretario generale dell'Onu Ghali. Ora, la prossima mossa sarà l'arresto di Aidid: secondo il comandante del contingente pakistano, il generale Ikran Ul Hassa, i Caschi Blu avrebbero individuato il suo nascondiglio e si appresterebbero ad arrestarlo nelle prossime ore, non appena saranno certi di non creare rischi alla popolazione civile. Di certo, si sa che nel ritirarsi, braccato dall'offensiva delle truppe dell'Onu, gli uomini del signore della guerra somalo hanno combattuto facendosi scudo di donne e bambini, e perfino dei malati dell'ospedale: miliziani armati di bombe a mano - ha raccontato ieri il portavoce Joe Sills - «si sono fatti coprire da donne e bambini fino a che non sono arrivati a distanza utile per colpire i Caschi Blu». Cinque soldati marocchini e uno pakistano dell'Onu sono morti, mentre almeno 43 sono rimasti feriti. Queste gravi perdite - ha spiegato Sills - sono state inferte da una sparatoria aperta durante una grande manifestazione di civili davanti allo schieramento dei Caschi Blu. Da Nairobi, in Kenya, l'Alleanza Nazionale Somala che fa capo ad Aidid ha affermato in un comunicato diffuso ieri che nell'attacco dell'Onu sono state uccise «oltre 120 persone, per la maggior parte donne e bambini». Mark Huband Copyright «The Guardian» e per l'Italia «La Stampa» Il generale è fuggito facendosi scudo di donne e bambini Continua la caccia Voci, poi smentite «Trovato il suo covo» V\\\ J J \ s- * sj jJL. ! \ A sinistra, somale protestano a Roma contro l'intervento Onu In alto, un soldato americano a Mogadiscio. Sotto, Aidid
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