I bosniaci gridano no alla spartizione

Oggi prevista la tregua ma la guerra infuria, a Gorazde brandelli umani pendono dagli alberi Oggi prevista la tregua ma la guerra infuria, a Gorazde brandelli umani pendono dagli alberi I bosniaci gridano no alla spartizione Appello all'Onu e al mondo dopo l'accordo serbo-croato ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Il nuovo piano proposto dai serbi e dai croati a Ginevra per il futuro assetto della Bosnia prevede la divisione di questa Repubblica in tre Stati etnici collegati in una federazione e con minimi poteri per il governo centrale. L'intesa di massima prevede che i serbi restituiscano una parte dei territori conquistati con la forza, mantenendo però ampie zone lungo il confine con la Serbia. Ai croati andrebbero l'Erzegovina occidentale, a Sud, e alcune parti al Nord della Repubblica, mentre per i musulmani è prevista la regione centrale intorno a Sarajevo, Zenica e Tuzla. Ma la prima reazione del presidente bosniaco Izetbegovic alla spartizione della Bosnia su basi etniche è stata di assoluto rifiuto. «Le frontiere etniche in Bosnia sono del tutto inconsistenti e rendono impossibile ogni divisione del genere», ha dichiarato ieri a Bonn in seguito all'incontro con il cancelliere Kohl, cui ha chiesto ancora una volta che venga tolto l'embargo sulle armi ai musulmani. Dalla Conferenza sui diritti umani a Vienna si è fatto sentire anche il ministro degli Affari Esteri bosniaco, Silajdzic. «Con un gesto indesiderato i due copresidenti della Conferenza di pace sull'ex Jugoslavia hanno legalizzato l'aggressione e tracciato col sangue le frontiere della Bosnia. In questo modo è scomparso un Paese membro delle Nazioni Unite», ha detto, chiedendo una riunione d'emergenza dell'Orni per impedire che questo avvenga e salvare l'ordinamento mondiale. Ma i leader musulmani hanno accettato di ritornare martedì prossimo a Ginevra con la risposta definitiva del governo di Sarajevo. Per quella data le delegazioni serba e croata dovrebbero presentare una proposta della suddivisione della Bosnia, precisando i confini delle tre unità etniche. Belgrado non nasconde la pro¬ pria soddisfazione per i risultati di Ginevra. «Abbiamo raggiunto il più alto grado di comprensione reciproca», ha dichiarato il presidente serbo Milosevic, sottolineando che «ci si avvicina finalmente a quei principi e a quelle soluzioni che auspicavamo sin dall'inizio». Il presidente croato Tudjman, che ha negato ogni accordo col presidente serbo, ha detto che si tratta di una soluzione per uscire dall'inferno della guerra di Bosnia, tenendo conto degli interessi dei tre popoli. Per quanto riguarda la Croazia, dove i serbi della Krajina terranno domani un referendum per l'unificazione con la Repubblica serba della Bosnia, Tudjman ha dichiarato che si tratta dì un atto ostile contro l'integrità territoriale della Repubblica croata: «Cercheremo di evitare un nuovo bagno di sangue. Crediamo nella soluzione pacifica, ma la Croazia non permetterà che questo stato di cose duri all'infinito». Tudjman ha poi sottolineato che lo stesso presidente Milosevic, a Ginevra, ha sostenuto che i serbi della Croazia devono cercare una soluzione all'interno dello Stato croato. Intanto però le milizie serbe della Krajina hanno continuato ad attaccare l'entroterra dalmata sparando otto razzi del tipo Orkan nei dintorni di Biograd e Pakostane, note località turistiche sulla costa adriatica. In vista del referendum, a Okucani, nella parte della Slavonia occupata dai serbi, è stato proclamato lo stato di guerra. In Bosnia dove a mezzogiorno di oggi dovrebbe iniziare la tregua generale, i serbi continuano a bombardare Sarajevo. In città manca l'acqua e gli aiuti umanitari non vengono distribuiti da tre settimane. Il ponte aereo con la capitale bosniaca è sospeso da sabato scorso. Le forze musulmane attaccano le zone di Vitez, Busovaca e Kiseljak. Si fa sempre più drammatico l'esodo di migliaia di profughi croati i cui villaggi sono stati saccheggiati e bruciati. Testimonianze di altri orrori giungono dagli otto osservatori dell'Onu arrivati finalmente a Gorazde, l'enclave musulmana della Bosnia orientale bombardata senza tregua dalle truppe serbe. Quasi la metà delle case sono completamente distrutte. Tracce di sangue ovunque, dagli alberi pendono brandelli di carne umana dilaniata dai proiettili. Manca il cibo per sfamare i 70 mila civili, quasi tutti profughi, tra cui 15 mila bambini sotto i 14 anni. [i. b.] Una serba, Grozdana Cecez, ostaggio per mesi dei musulmani, cerca tra i prigionieri di guerra i suoi stupratori [fotoreuter]

Persone citate: Izetbegovic, Kohl, Milosevic, Silajdzic, Tudjman, Vitez