Ore 3 e 30 italiani all'attacco

r Ore 3 e 30, italiani all'attacco Para in prima linea nella grande caccia MOGADISCIO NOSTRO SERVIZIO Alle 3,30 in punto, sotto la pioggia monsonica che viene giù implacabile ormai da ore, il portone di ferro della vecchia sede dell'ambasciata italiana si spalanca di colpo per far schizzare fuori due blindati leggeri, che si avventano sferragliando lungo la strada deserta illuminata a giorno dai razzi al fosforo sganciati dagli elicotteri Cobra americani. Ci siamo, l'attesa snervante punteggiata da ordini e contrordini - «accendete i motori», «spegnete i motori» - si stempera nell'ultima scarica di adrenalina. Ora anche i nostri soldati sono finalmente chiamati a partecipare alla grande caccia all'uomo scatenata dalle forze dell'Onu contro lo sfuggente Aidid. Dovevano scattare in azione già da 45 minuti ma i tempi dell'operazione erano stati ritardati causa il maltempo. Nel giardino della palazzina che ospita da mesi il comando di «Italfor» il generale Bruno Loi, comandante del contingente italiano, ha appena finito di ripassare per l'ennesima volta i piani operativi concordati con il quartier generale dei Caschi blu. Ok, si parte. In tutto 150 uomini, altri cinquanta resteranno di riserva pronti ad intervenire in caso di emergenza nel tempo di un amen. Il drappello è composto da paracadutisti del nono battaglione Col Moschin della «Folgore», un reparto di carabinieri del «Tuscania» e una compagnia della brigata corazzata «Ariete». Della colonna fanno parte otto carri armati M-60, altrettanti blindati Fiat 66/14, sei veicoli corazzati da combattimento e quattro jeep VM-90. Andranno, spiega il generale in rigoroso stile militarese, «a cinturare i quartieri di loro competenza». Ossia stringere in una morsa, dalla quale non deve filtrare una mosca, il cuore di quella zona a Nord-Ovest della capitale dove gli yankees hanno scatenato l'inferno sul «compound» dei tre signori della guerra: Aidid, il col. Omar Jesse ed il loro cassiere Osman Ato. «Aidid ieri si trovava ancora a Mogadiscio - dice Loi - ma non abbiamo notizie se fosse in casa sua al momento dei bombardamenti che l'hanno distrutta». Di sicuro invece c'è che in prima linea sono schierati italiani e pakistani, mentre francesi e marocchini sono dispiegati nelle immediate retrovie. Avete incontrato molta resistenza? «Quella che si aspettava, dato che abbiamo attaccato un quartier generale avversario». Ci sono vittime? «Mi risulta che un somalo è stato ferito dagli italiani contro i quali aveva sparato. E' stato subito soccorso e trasportato in ospedale. Posso però dire che il rastrellamento dell'area, che ha una superficie di cir¬ ca quattro chilometri quadrati, procede con apparente facilità. Le forze Unosom hanno già superato la seconda delle cinque linee in cui abbiamo diviso la zona e siamo vicini alla terza». Mentre mitragliatrici, obici, cannoni e mortai continuano a colpire senza sosta l'intera fascia del cosiddetto «chilometro 4» in direzione di Afgoy, l'attacco a terra degli italiani deve cedere il passo agli avvertimenti lanciati dagli altoparlanti. «Ogni movimento delle nostre forze viene preceduto da queste comunicazioni in somalo ripetute più volte al fine di consentire alla popolazione civile di allontanarsi in tempo dalla zona di massimo pericolo. Contemporaneamente abbiamo intimato ai miliziani di Aidid di cessare ogni ostilità e di consegnare immediatamente le armi». Hanno accolto l'invito, oppure vi hanno mostrato i denti come avevano giurato di comportarsi nelle manifestazioni di piazza dei giorni scorsi? «Eccome. Quando americani e pakistani sono penetrati nella villa di Aidid hanno trovato rincantucciati fra i muri di cinta diversi guerriglieri terrorizzati ed a quanto pare completamente storditi dai cannoneggiamenti i quali non hanno opposto alcuna resistenza alla cattura». Nessuna conferma quindi alle notizia volata chissà come in città sulla presenza di gruppi spontanei di armati che avrebbero tentato di dar manforte agli uomini di Aidid asserragliati nel caseggiato. «Sappiamo soltanto che ci sono focolai di opposizione in vari punti della città. Marocchini e pakistani si stanno ritirando, restano operativi italiani e francesi coordinati dal vicecomandante di Unosom, il gene- rale americano Thomas Montgomery. Escludo tuttavia che i somali stiano usando armi pesanti per sparare contro le nostre forze». Che intanto, appoggiate da reparti di stanza a Belet-Uen, stanno compiendo un'altra operazione, senza impiego di aerei, per distruggere depositi di armi del generale Aidid in quella località. E non basta, prosegue Loi con orgoglio. «Le attività del resto del contingente italiano continuano normalmente tanto che in giornata contiamo di procedere alla distribuzione di aiuti alimentari a Mogadiscio-Nord». Intanto gli eventi si accavallano. Conclusa dopo otto ore l'operazione lungo la «linea gialla», gli italiani hanno coperto la discesa da Settentrione dei legionari francesi per puntare poi verso l'ospedale «Digfer» dove viene segnalata la presenza di Aidid. Non sembra pericoloso attaccare un ospedale che si trova d'altronde sotto la tutela della convenzione di Ginevra? Loi è categorico: «Sì, senz'altro però nell'edificio si sarebbero rifugiati non meno di 150 armati». Ma il blitz purtroppo non ha successo, di nuovo l'inafferrabile Aidid riesce a beffare il mondo. «Abbiamo fatto irruzione nell'ospedale trovando solo una ventina di miliziani. Del loro capo neanche l'ombra. Continueremo ad inseguirlo, Aidid a tutti gli effetti è diventato un ricercato. L'operazione è terminata ma riprenderà presto, non questa notte perché le condizioni di sicurezza sconsigliano di agire prima dell'alba». Nessuna tregua pertanto. «Bisogna andare sino in fondo» afferma Enrico Augelli, inviato del governo italiano. «Tornare indietro, per come si sono messe le cose, sarebbe estremamente controproducente. L'operazione dell'Orni è volta ad eliminare Aidid dalla scena politica del Corno d'Africa». Piero de Garza rolli Alla luce dei razzi arriva l'ordine «Accendete i motori lanciate i blindati» Venerdì 18 Giugno 1993 Un soldato italiano durante la battaglia di Mogadiscio [foto reuterj

Luoghi citati: Ginevra, Mogadiscio, Tuscania