E' DIFFICILE SPARARE PER NUTRIRE di Igor Man
«Ormai laggiù ci odiano» E' DIFFICILE SPARARE PER NUTRIRE nuovo, ardito: quello di combattere i mascalzoni che in Somalia impedivano il cosiddetto aiuto umanitario. L'80 per cento degli aiuti arrivati in Somalia sino allo sbarco dei G.I. veniva sistematicamente razziato da ladroni di passo camuffati da guerriglieri. Che se li rivendevano ai Paesi vicini. Tale e tanto turpe commercio ha fatto ricchi, ma ricchi veramente, col conto in banca all'estero, parecchi «patrioti» somali. Primo fra tutti il detto Mohammad Farah Aidid, già tenente di fanteria addestrato a Cesano dagli italiani, complice di Barre che lo nomina generale e dal quale si stacca, rivoltandoglisi contro, Giuda non da trenta dinari ma da 300 mila dollari, quando il vento spira contro «haf-wuem», bocca grande, cioè Siad Barre. La missione «shoot to feed» ha indubbiamente salvato dalla morte per fame la Somalia. Ma affinché quel disgraziato Paese bello ritrovasse la speranza confiscata da anni di ignominia e disperazione, bisognava eliminare i signori della guerra: Aidid, Mahdi, Jess, Warsame etc. Questo perché, come scrivemmo sei mesi fa, la pace pretende una premessa: il disarmo delle bande. Per arrivarci bisognava non cadere nel gorgo dei rastrellamenti in quel labirinto di macerie assassine ch'è Mogadiscio, o peggio, annaspare nella boscaglia; per arrivarci bisognava far fuori i «signori della guerra». Non certo impiccandoli. No. Semplicemente cacciandoli via dalla Somalia. Ma gli americani non la pensavano così. Hanno voluto credere nella pagliacciata della pace celebrata davanti alla Cnn da Aidid e Mahdi, si sono illusi di aver risolto il più, una volta ancora vittime (come in Vietnam, come in Iran) d'una presunzione ciclopica, d'una scarsa conoscenza dei luoghi, degli uomini di quei luoghi; insomma della «cultura locale». Adesso è chiaro che se un Pisciotta somalo non spara in fronte ad Aidid, costui continuerà a latitare irridendo i caschi blu. Contestualmente guadagnandosi quel prestigio che non ha mai avuto. Lui, un miserabile cialtrone assassino, rischia di diventare un patriota, una sorta di Guglielmo Teli sotto la Croce del Sud. Grazie alla superficialità della Superpotenza, incurante delle preoccupazioni di Boutros Ghali (che lasciò venisse contestato proprio dai morian, gli impuberi ma crudeli miliziani di Aidid), sorda alle diagnosi degli «esperti», la Somalia rischia di diventare una valle di lacrime dove il fragile prestigio dell'Onu finirebbe coll'annegare nel sangue degli innocenti. A Venezia, l'altro ieri, durante i «dialoghi internazionali» dell'Europa Koiné, un nostro sottosegretario «non ha escluso» un mandato fiduciario dell'Italia in Somalia. C'è da rabbrividire. Nigrizia, il giornale dei comboniani, denuncia lo «sciagurato modo» con cui l'Italia «per contribuire alla rinascita della nazione somala» sta finanziando (coi soldi d'un contribuente tartassato sino al collasso fisico) la rifondazione del corpo di polizia. Il generale Amed Golehow, blasfemo torturatore, sgherro di Barre, prezzolato del Sismi, «sta vestendo, armando ed addestrando 3000 poliziotti reclutati soltanto tra la sua tribù, gli bawiya». E' di Disraeli la distinzione fra la tragedia e il disastro. «Una tragedia», disse, «sarebbe che sir Gladstone cadesse in un fiume. Un disastro se qualcuno lo salvasse». E' una tragedia che i nostri bravi soldati facciano da gomma di scorta alla «spedizione intelligente» del Pentagono. Sarebbe un disastro se rimanessero laggiù a sacrificarsi senza un obiettivo chiaro, onesto, da perseguire. Igor Man
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