« Ha ucciso 350 mila somali » di Paolo Passarini

Un giorno di battaglia con i Caschi blu italiani in prima linea, il generale riesce a sfuggire « Ha ucciso 350 mila somali » Mandato di cattura sul signore della guerra WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Wanted». Le Nazioni Unite hanno ordinato ieri ufficialmente l'arresto del «signore della guerra» Mohammad Farah Aidid, dopo che per parecchi giorni, mentre continuavano le azioni di bombardamento delle postazioni dei suoi fedeli, avevano sostenuto che l'unico obiettivo era indebolirlo e renderlo ininfluente sulla scena politica somala. «Ho concluso che è giunto il momento di mettere agli arresti il generale Aidid», ha dichiarato ieri Jonathan Howe, inviato speciale dell'Onu in Somalia. Howe ha informato di aver dato l'ordine al generale turco Cevik Bir, comandante in capo del contingente delle Nazioni Unite in Somalia, di eseguire l'arresto. «Gli verranno concesse tutte le protezioni della legge e sarà trattato come si deve e attentamente». Intanto, però, Aidid bisogna innanzitutto prenderlo. Ma non è l'unico problema. Già nella notte di mercoledì, Ahmed Fawzi, portavoce del Segretario generale dell'Onu Boutros Boutros-Ghali, aveva giudicato Aidid «ampiamente responsabile della morte di 350 mila somali», sostenendo che «deve essere giudicato per quello che è». Madeleine Albright, capodelegazione americana all'Onu, aveva definito senza mezzi termini Aidid «un criminale», uno che mesta nel torbido e non deve avere un posto nella Somalia democratica. Le Nazioni Unite ritengono il generale Aidid responsabile, oltre che dell'affamamento del suo popolo, della strage di 23 Caschi blu pachistani, il 5 giugno scorso, e anche di aver fatto sparare, sabato, su manifestanti somali per gettarne la colpa sulla forza multinazionale dell'Onu. Ma, fino alla notte di mercoledì, Fawzi aveva continuato a ripetere che le azioni militari condotte dall'inizio di giugno contro Aidid e i suoi seguaci avevano come solo scopo quello di «privare il signore della guerra delle armi e degli strumenti di propaganda di cui ha bisogno per continuare a intimidire la popolazione somala». Ieri è stata annunciata la svolta. L'annuncio ufficiale di un mandato di cattura internazionale contro Aidid pone dei problemi, sia nel caso il generale venga catturato, sia nel caso contrario. Ieri si diceva che Aidid fosse barricato con 150 fedelissimi nell'ospedale Digfer, uno dei due attualmente funzionanti a Mogadiscio, ma non c'era. Sia dove sia, adesso occorre catturarlo, perché, diversamente, per le Nazioni Unite l'ordine d'arresto si tradurrebbe in un duro smacco. Una volta che venisse arrestato, si porrà il problema di che cosa farne. «Arrestare Aidid costituisce l'unica via d'uscita da questo casino - ha dichiarato ieri un alto ufficiale dell'Onu -. La cosa importante è toglierlo dalla circolazione, altrimenti le Nazioni Unite rimarrebbero senza denti. Tuttavia, a quel punto si aprirebbe un caso giuridico serio». Arrestare e portare sotto processo criminali internazionali vuol dire, per le Nazioni Unite, inoltrarsi in un terreno del tutto inesplorato, sul quale le poche regole attualmente definite aiutano molto poco a muoversi. Intanto, i seguaci di Aidid potrebbero scatenarsi in manifestazioni di piazza e azioni di guerriglia, rendendo la situazione sul terreno molto difficile. Ma ormai questa è diventata l'unica strada, una strada obbligata. Il capo di tutti gli Stati Maggiori delle Forze Armate americane, generale Colin Powell, ha definito un «grande successo» l'azione di bombardamento del quartier generale di Aidid condotta da due A-130 della classe «Cobra» nella notte tra mercoledì e giovedì. Si parla di 60 morti. Le azioni militari continueranno, anche se il portavoce del Pentagono, Bob Hall, si è rifiutato di fornire particolari di sorta. Per tutta la conferenza stampa tenuta ieri, Hall ha continuato a ripetere di non poter dire di più perché quella in corso non ò un'azione americana, ma «un'operazione condotta sotto il comando delle Nazioni Unite». Paolo Passarini Per gli Stati Uniti «un uomo come lui non deve aver posto in una democrazia» Verrà processato come i capi serbi I Due immagini contrapposte della crisi somala A Mogadiscio un corteo protesta contro le Nazioni Unite. Madeleine Albright ambasciatore americano all'Onu [FOTO ANSA]

Luoghi citati: Mogadiscio, Somalia, Stati Uniti, Washington