«No a ex terroristi giornalisti»

Susanna Ronconi e Sergio Segio non tornano in carcere, fissati i loro compiti Susanna Ronconi e Sergio Segio non tornano in carcere, fissati i loro compiti «No a ex terroristi giornalisti» Deciso dal tribunale di sorveglianza dopo l'esposto delle vittime d'attentati I due lavorano come volontari con don Ciotti per il settimanale «Narcomafìe» Susanna Ronconi e il marito Sergio Segio continueranno a lasciare il carcere ogni mattina per recarsi al lavoro nella sede del Gruppo Abele in via Giolitti, ma non potranno scrivere su «Narcomafie», la rivista voluta da don Luigi Ciotti per approfondire l'informazione e le riflessioni sulla criminalità organizzata e il mercato della droga. L'ha deciso il tribunale di sorveglianza respingendo la richiesta della procura generale di revocare il beneficio della semilibertà ai due ex terroristi. Il collegio presieduto da Pietro Fornace si è riunito martedì in camera di consiglio in seguito alla lettera inviata in aprile da Maurizio Puddu, responsabile dell'Associazione familiari delle vittime del terrorismo. «E' con grande amarezza - ha scritto Puddu - che mi rivolgo a voi per sottolineare le continue provocazioni cui siamo soggetti da parte di numerosi brigatisti». Ha accusato in particolare la «sfacciataggine» di Segio e Ronconi, citando un intervento di lei alla trasmissione «l'Istruttoria» di Giuliano Ferrara, il 26 marzo scorso, e un'intervista di lui a «l'Unità» dell'11 agosto dell'anno passato. Nella lettera Puddu sintetizza le dichiarazioni di Ronconi in tv sul suo passato di terrorista: «Da allora ad oggi lo Stato non si è modificato, la magistratura e il carcere non ci tireranno fuori da L'ex brigatista Susanna Ronconi, ammessa prima al lavoro esterno, poi alla «semilibertà» questa situazione». E dell'intervista di Segio menziona il titolo: «Abiure? Non ne faccio ma ho qualcos'altro da dare». Il testo, per la verità, riporta una risposta più complessa dell'ex «comandante Sirio». Per Puddu queste parole sono state lo spunto per affermare che i due «possono riprendere a nuocere e a seminare idee fra i giovanissimi». Aggiunge: «Anziché restare in silenzio e godere della benevolenza loro concessa sputano nel piatto dove mangiano». E conclude: «E' disdicevole che Segio sia stato nominato coordinatore di Narcomafie... Il contenuto del giornale è prevalentemente di scelta politica e dubito che possa diffondere idee errate e forse nocive». Adesso precisa di essersi deciso a scrivere sollecitato dalle «vedove di vittime del terrorismo». Il presidente Fornace spiega la decisione del tribunale: «Ronconi e Segio avevano ottenuto il beneficio dell'ammissione al lavoro esterno con una dichiarazione di don Ciotti che si offriva di dare lavoro ad entrambi presso il Gruppo Abele, specificandone le mansioni: addetta di segreteria per lei, tecnico di computer per lui. Quando, nel novembre del 1991 la Ronconi e tredici mesi dopo il marito, hanno ottenuto benefici maggiori con la semilibertà, non ci è stato richiesto di modificare quelle attività». E puntualizza: «Segio è stato condannato a 30 anni e Ronconi a 22 e 6 mesi grazie alla loro dissocia¬ **** A fianco Sergio Segio, già terrorista di Prima linea, marito della Ronconi: anche lui ogni mattina esce dal carcere per recarsi al lavoro presso il Gruppo Abele

Luoghi citati: Fornace