Sindaco, parla al poeta della città che sogni di Tonino GuerraCarlo Grande

Sindaco, parla al poeta della città che sogni il caso. Un appello di Tonino Guerra inviato a tutti i candidati: le loro risposte Sindaco, parla al poeta della città che sogni pt I ARO sindaco, è ora che 1 ' tu cominci ad ascoltare I le voci che sembrano I i inutili, bisogna che nel sé 1 tuo cervello occupato dalle lunghe tubature delle fogne e dai muri delle scuole e dagli ospizi e dall'asfalto e dai ferri e dalle pillole per gli ospedali, bisogna che nel tuo cervello pratico e attento soprattutto ai bisogni materiali, bisogna che entri il ronzio degli insetti. Devi pregare che su questa piazza arrivino le cicogne o mille ali di farfalle, devi riempire gli occhi di tutti noi di cose che siano l'inizio di un grande sogno, devi gridare che costruiremo le piramidi...». II poeta (e scenografo di Fellini) Tonino Guerra aveva affidato a un vecchio manifesto, ritrovato sul muro del suo paese (Santarcangelo di Romagna), il sogno di una città che rinasce, con la gente in piazza e per le strade a camminare, parlare. Il suo appello al sindaco è stato pubblicato sull'ultimo numero di Airone e mandato a oltre mille neosindaci e ai 154 politici impegnati nel ballottaggio. Ognuno di loro dirà qual è il suo sogno, la sua «piramide» nel cassetto per la città che si appresta a governare. Perché si sa come vanno queste cose: le «fasce tricolori» parlano di sviluppo industriale, preparano «incontri programmatici» e alleanze politiche, lamentano 1'«impoverimento della cultura» nelle periferie. Ma quanti sono attenti ai bisogni profondi della gente? Poi arriva un poeta, una di quelle strane creature che si addormentano «pensando agli animali nelle loro tane», e senza tanti complimenti va al cuore delle cose e chiede «tutto». Voglio, dice Guerra, che riviva la Piazza Grande, un «quadrato di terra» ormai deserto, «ridotto a un crocevia di strette di mano, di incontri, di biciclette, di automobili». Piazza Grande, il luogo (ce lo ricordano anche Lucio Dalla e a loro modo Frizzi e Castagna, con le «piazzette italiette») in cui batte l'anima dei paesi. Un paese ci vuole, dice Pavese, anche solo per ritornarci. Sindaco, chiede Guerra, non scalzare le nostre radici. «La Piazza Grande è il centro di tutti gli spazi che ho avuto in regalo, anche tu sindaco li hai avuti e anche gli altri. Ecco perché ti prego di affacciarti dal balcone a guardare a lungo questo rettangolo fondamentale per la tua e le altre vite. Un punto di partenza o di arrivo, un punto di riferimento continuo non può essere abbandonato, deve sentire la febbre di una tua attenzione precisa e continua». Una notte Guerra ha fatto «piccoli sogni uno dopo l'altro»: ha sognato orti sulla piazza e un ciliegio che fioriva. Ha sognato Negozi agli inte la musica («perlomeno la domenica mattina alle undici») e sere non violentate dalla tv: «La paura è amica dei televisori e dell'egoismo familiare. Mangiamo carne e immagini e intanto la voce che esce dai meccanismi riempie i silenzi tra uomo e donna, tra genitori e figli». «Bisogna tornare a essere bambini per governare», dice lo scrittore. E chiede: «Chi ci può chiamare a raccolta in Piazza Grande? Quale suono di campane occorre per oteche, prosa far godere lo spettacolo a tutti assieme?». Lo chiediamo a Diego Novelli, aspirante sindaco di Torino: «Il mio sogno è proprio quello di Guerra, anche se questo mi sta costando la grossolana caricatura che mi stanno appiccicando addosso i giornali. E' il sogno di un racconto di Zavattini: che la gente, quando si incontra per strada alla mattina, si scambi un "buon giorno" che voglia dire davvero "buon giorno"». Valentino Castellani, che deve affrontare Novelli nel ballottaggio, sogna «un soprassalto di efficienza, di entusiasmo, una città leader che trascina. Che si risvegli piena di vitalità, con la voglia di tornare a contare in Italia e in Europa, con un senso riscoperto di appartenenza reci- proca fra i cittadini; non più una Torino che si difende dal declino, ma che va all'attacco, conscia che sviluppo e solidarismo sono compatibili». A Marco Formentini il manifesto di Guerra piace molto: «Ma tra le cose che ingombrano la testa del sindaco - aggiunge ne ha dimenticata una: il dovere sempre trovare le maggioranze, equilibri politici, il "fare politica". Il mio sogno? Una Milano bellissima, che riscopre le vie d'acqua, con una viabilità scorrevole, piazze illuminate, negozi aperti anche la sera. E questo non solo in centro, ma anche in zone periferiche. Ai primi posti nel mio programma c'è un nuovo piano regolatore». E per far incontrare la gente? «Io penso a piazze con porticati e negozi, a centri di accoglienza, biblioteche di zona più efficienti di adesso, per radicare la gente nel proprio quartiere». Il suo rivale Nando Dalla Chiesa vorrebbe «una città senza nemmeno un angolo in cui sia possibile vergognarsi di vivere. Il mio "capolavoro" è questo: le grandi opere le ho tutte in mente, ma far sì che la gente pensi, che sia aperta verso gli altri, che dia significato a quello che fa giorno dopo giorno è la cosa più difficile. E il sindaco è quello che deve dare l'esempio». Per Claudio Fava, in ballottaggio con Enzo Bianco per diventare primo cittadino di Catania, il primo obiettivo è «non aggiungere cemento al cemento e risanare 30 anni di guerra civile causata dalle lottizzazioni, dalla malavita. I cittadini devono essere soggetti politici, non più sudditi». Impossibile? I sogni italiani partono davvero da Santarcangelo: «La piazza di cui parla Tonino Guerra oggi è un'isola pedonale bellissima, con una fontana in mezzo e una pavimentazione nuova». Chi parla è Cristina Garattoni, da 5 anni sindaco del paese. Carlo Grande «Devipregare che su questa Piazzatornino le cicogne...» Negozi aperti, benessere, biblioteche, gli interpellati reagiscono in prosa I «duellanti» per Milano: a sinistra Formentini a destra Dalla Chiesa Tonino Guerra e una vecchia immagine di Piazza Grande a Santarcangelo

Luoghi citati: Catania, Europa, Italia, Milano, Santarcangelo Di Romagna, Torino