Il Dalai Lama ha vinto la battaglia di Vienna di Tito Sansa
Il Dalai Lama ha vinto la battaglia di Vienna DIRITTI UMANI Oggi alla Conferenza, dopo la protesta dei Nobel Il Dalai Lama ha vinto la battaglia di Vienna VIENNA NOSTRO SERVIZIO Non c'è stata pace alla conferenza mondiale per i diritti umani inaugurata ieri mattina in un clima di grande tensione dal presidente austriaco Klestil e dal segretario generale delle Nazioni Unite Boutros-Ghali. Ci sono state dimostrazioni di protesta all'esterno, contenute da un massiccio dispositivo di sicurezza (molti delegati erano scortati dai loro «gorilla», autorizzati a portare le armi), c'è stato disaccordo perfino tra gli oratori ufficiali su ciò che bisogna intendere come diritto umano. Pomo della discordia è stato il veto della Cina alla partecipazione del Dalai Lama, il leader spirituale del Tibet, Nobel per la pace. Invitato dal governo austriaco, insieme con tutti i premi Nobel viventi, a venire a Vienna e a partecipare alla conferenza, il Dalai Lama non è stato ammesso neppure alla seduta inaugurale, benché il ministro degli Esteri austriaco Mock, eletto alla presidenza, avesse accennato domenica a questa eventualità. Per tutta risposta gli altri 13 Nobel presenti nella capitale austriaca (Gorbaciov e Walesa non sono venuti) hanno boicottato la seduta inaugurale. E hanno disertato anche un «forum» di Amnesty International, che non ha difeso con sufficiente energia il Dalai Lama. Ma la mobilitazione dei Nobel, alla fine, ha sortito qualche effetto. Oggi, infatti, il Dalai Lama potrà essere presente in sala. Il quotidiano «Die Presse» aveva commentato che la parte¬ cipazione al] a conferenza di decine di governi colpevoli di violazioni dei diritti umani (discriminazioni, persecuzioni politiche, torture, condanne a morte) e l'esclusione delle loro vittime, come il Dalai Lama e i curdi, sarebbe stato «come affidare la custodia del prato a un caprone», come dice un vecchio proverbio tedesco. Su questa discriminazione gli stessi padroni di casa austriaci sono in disaccordo. Mentre il ministro degli Esteri Mock solidarizza con gli esclusi, il cancelliere Vranitzky sorprende tutti invitando a «non esagerare», «l'importante è che le ditte austriache possano partecipare alla nuova dinamica dell'economia cinese». Questa frase ha suscitato un putiferio. La guatemalteca Rigoberta Menchù, premio Nobel per la pace, ha parlato di ((barbarie», il vicecancelliere Busek ha ammonito il suo capo a «non soffocare i diritti umani in nome dell'economia», il portavoce dei verdi Pilz, parafrasando Bertolt Brecht, si è detto «indignato» per le parole del cancelliere, secondo il quale «prima viene il denaro, poi la morale». Doveva essere una conferenza di ripensamento (la prima dopo 25 anni, l'ultima si svolse a Teheran nel 1968, ancora ai tempi dello scià), e invece è una arena di dispute. Tant'è che il segretario di Stato americano Christopher vi si è trattenuto solo per un paio d'ore, il ministro degli Esteri russo Kozyrev farà altrettanto. Tito Sansa
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