Una perizia sui bilanci rossi di Claudio Cerasuolo

Il pm vuol risolvere il giallo dell'operazione finanziaria all'origine del conto Gabbietta Il pm vuol risolvere il giallo dell'operazione finanziaria all'origine del conto Gabbietta Una perizia sui bilanci rossi Si rivedono i cónti di pds e Rifondazione Il sostituto procuratore Giuseppe Ferrando, che indaga assieme al pm di Milano Tiziana Parenti sulle tangenti rosse, vuole risolvere il giallo sulla complicata operazione finanziaria che sta all'origine del conto Gabbietta di Primo Greganti su cui transitò un miliardo e 50 milioni. E vuole trovare conferme alle dichiarazioni dei dirigenti della Cogefar Impresit che affermano di aver pagato al tesoriere del pei Antonio De Francisco una tangente di 260 milioni per l'appalto del depuratore Po Sangone. Tangente finita sui conti svizzeri di Greganti e Quagliotti, ex capogruppo consiliare pei nel 1983 prima di essere travolto dallo scandalo Zampini. Ieri, il pm ha disposto una perizia contabile sui bilanci di pds e di rifondazione e sulle cooperative Aurora e Alba, che gestivano il patrimonio immobiliare del pei nella seconda metà degli Anni 80, ed erano amministrate dal tesoriere del pei a Torino, Antonio De Francisco (morto nell'ottobre scorso), predecessore di Greganti. Secondo la versione dell'ingegner Ulrico Bianco, ex amministratore della Italimpresit (poi assorbita da Cogefar Impresit, gruppo Fiat) teste d'accusa nell'inchiesta sulle tangenti rosse, De Francisco avrebbe condotto la trattativa per la tangente da 260 milioni versata tra il 1989 e il 1990 dalla Cogefar, di cui era diventato amministratore Enzo Papi. La tangente finì prima sul conto Idea di Quagliotti, poi sui conti svizzeri Gabbietta e Sorgente di Greganti. Che fine hanno fatto quei 260 milioni? Sugli stessi conti svizzeri di Greganti finì anche il miliardo e 50 milioni, ricavato della vendita del 20,40 per cento delle azioni della Eumit (ora Intereurotrade), società italo tedesca con sede a Torino e filiali a Berlino Est e Mosca. Operazione che De Francisco commissionò a Greganti: «Vai a Berlino, vendi le quote della Eumit che sono nella nostra disponibilità e porta i soldi in Italia». Almeno, questa è la versione data agli inquirenti da Greganti. Il pm Ferrando ha deciso di avviare una rogatoria per acquisire dalla Germania la documentazione relativa alla Deutsche Handels Bank, dove avvenne il passaggio azionario. Non è compito facile. Occorre rintracciare il presidente del consiglio d'amministrazione della banca e azionista della Eumit, tale Zisch, che su quell'operazione dovrebbe saperla lunga. Il giallo berlinese ha ormai tre versioni. Quella data da Greganti non trova riscontri perché De Francisco è morto. La versione data dall'ingegner Gianluigi Regis, manager della Eumit: «Decisi di dare la scalata alla società. Possedevo già il 13 per cento delle azioni, comprai un altro 18 per cento dal socio Vergnano. Mi mancava un venti per cento per arrivare al 51 per cento La banca mi offrì quel venti per cento, che pagai un miliardo e 50 milioni». Infine la «verità» del compagno Brenno Ramazzotti, che ha dichiarato agli inquirenti: «Quel venti per cento di azioni della Eumit era mio. Avevo comprato per 11 milioni le azioni nel 1977 e poi continuai a capitalizzare gli interessi. Nel giugno 1988 decisi di venderle alla banca. Ricavai 700 milioni che ho tenuto io, perché erano soldi miei». Ramazzotti ha ammesso di conoscere Greganti e De Francisco ma nega di aver concordato con loro l'operazione. Eppure, nella perquisizione ordinata dal pm di Milano Tiziana Parenti alla Soficom, la finanziaria legata al pei, è stato trovato un appunto, l'atto preparatorio di una compravendita di azioni della Eumit in cui come contraenti figurano Ramazzotti e Greganti. E' il particolare che ieri il compagno Brenno ha cercato di spiegare al pm Tiziana Parenti, che lo ha interrogato. Per quanto riguarda il conto Gabbietta, la magistratura chiederà la documentazione depositata presso la Soginvest di Lugano. Greganti si sarebbe opposto, ma il suo legale professor Lozzi ha spiegato: «E' stato il collega svizzero a chiedere per correttezza che il consenso sia dato soltanto quando sarà ultimato l'iter della rogatoria». Claudio Cerasuolo Brenno Ramazzotti è stato interrogato ieri anche dai giudici milanesi

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