Dame vino e partite a scopa
Il cantante ricorda le notti in quella cantina nata dall'idea di un frate Il cantante ricorda le notti in quella cantina nata dall'idea di un frate Dame, vino e partite a scopa COSA dire dell'Osteria delle Dame, che non sia possibilmente una trappola del genere «com'era bello», perché soprattutto avevi 23 anni di meno, e quindi in qualche modo e in qualcosa più bello era per forza? Diciamo allora anzitutto che la serata del prossimo 14 non vuole essere una rievocazione, o un pellegrinaggio, fatti che non avrebbero senso, le cose si fanno quando è il momento. E' invece semplicemente dare una mano a qualche amico che ne ha avuto bisogno. E non c'entra nemmeno il mio casuale compleanno in mezzo, era l'unica data disponibile per il teatro: «Non c'è altro giorno possibile, ti dispiace molto?». Risposta virile: «Anche se può dispiacermi, dov'è la differenza?». Spero però che sia una bella serata, divertente, occasione per rivedere tante persone che si sono perse di vista, per stare assieme come si usava allora, giù all'Osteria, per ripercorrere certe atmosfere, certe cadenze e, perché no, certi tic. Qui allora si può parlare delle Dame, e di come è nata. C'ero di mezzo io, naturalmente, ma l'idea è stata soprattutto di un frate domenicano, una vocazione tardiva (spero si dica così, senza malizia) che evidentemente non aveva del tutto dimenticato la sua precedente professione di impresario teatrale e voleva in qualche modo sposarla a quella più nuova, che consisteva poi anche nello stare in mezzo alla gente e parlare alla gente. Conoscevo un altro frate (francescano questo, ma è meglio non insistere perché si dice che fra i due Ordini corra una ruggine tanto pia quanto antica) che faceva l'autostop per avere modo di confessare i camionisti. Gente così. Michele sapeva che c'era, da qualche anno, l'abitudine di trovarsi in qualche osteria ospitale a cantare soprattutto, ma anche a parlare, discutere e, ovviamente, bere, fra una cosa e l'altra. Ci aveva seguito in qualcuno di questi locali (si peregrinava di qua e di là, a seconda del buon animo dei gestori) ed ebbe la fortuna o l'astuzia di coglierci proprio nel momento in cui eravamo rimasti vedovi del nostro locale preferito. Praticamente l'Osteria delle Dame era già nata, eravamo nella primavera del '70. Nell'autunno successivo tutto era pronto: Michele aveva trovato una vecchia osteria che aveva chiuso, la cantina di questa era luogo ideale. Muri di mattone innestati nell'antica cerchia muraria del Mille, un piccolo palco, un'unica colonna portante a reggere volte acute, e soprattutto quel sano odore di muffa e di chiuso che ricordava, almeno nella fantasia, l'odore che avevamo letto di certi locali parigini del dopoguerra. Dicemmo con eccessivo ottimismo: «Fra un mese passerà!». Ma non era passato dopo diversi anni, anzi, s'era arricchito dell'odore di fumo, di vino, e del sudore di tutti i clienti che si stipavano nelle due sere, giovedì e sabato, di spettacolo. Che, almeno agli inizi, proprio spettacolo non voleva essere; c'era un biglietto, ma più o meno tutto finiva lì, perché si andava sul palco e si improvvisava, senza programma preciso, potevano essere mie canzoni, canzoni popolari, canzoni popolari rivisitate in maniera più o meno goliardica o cabarettistica, a seconda dei punti di vista. Mi ero portato dietro, oltre all'oste, primo di una lunga serie, un certo numero di amici forniti di chitarra che ripetevano pari pari quello che erano abituati a fare da sempre. Parlo di Debby e del suo folk americano, di Gianni e Mauro e delle loro canzoni bolognesi. Altri amici si aggiunsero, il nome dell'Osteria forse un po' amplificato cresceva e non disdegnavano venire gruppi già collaudati come i Giancattivi; Gigi e Andrea fecero lì «gli asini» per le prime volte, e anche Bergonzoni lì ebbe il suo battesimo. Lucio Dalla passò un paio di volte e De André venne a fare un paio di canzoni e a perdere una mano a scopa testa a testa con me. L'altra, per la storia, la vinse. Nessuno dei due ebbe più il coraggio di fare la bella. Ma non voglio far torti dimenticando alcuni di quelli che ci sono stati; l'importante, al di là degli spettacoli, era dopo, quando si cantava fra i tavoli, quando si parlava o giocava a carte, quando, bisogna che lo dica, morivano o nascevano amori, contemporaneamente a gente che si ingolfava di bomboloni appena comprati all'alba o disquisiva, più mossa dalla quantità a volte che dalla qualità, sul bouquet di un ultimo vino arrivato. Cosa dire? Era così. Anche con tanti problemi, di risse accennate, di tensioni, economici. Dissi una sera a uno degli osti: «Abbiamo comprato mille bottiglie di vino, giusto? Giusto. Le abbiamo pagate mille lire l'una e vendute a duemila, giusto? Giusto. Allora, mi sai dire dov'è che ci abbiamo rimesso?». Francesco Guccini
Persone citate: Bergonzoni, De André, Francesco Guccini, Gigi E Andrea, Lucio Dalla
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