Steinbeck: i maccheroni si sono ribellati al Duce di Giorgio Calcagno

Tra whisky e cannoni, il romanziere inviato di guerra Tra whisky e cannoni, il romanziere inviato di guerra Steinbeck: i maccheroni si sono ribellati al Duce £\ ION le truppe americane a 'che risalivano l'Italia, I nell'estate del '43, c'era li un giornalista alla sua \A I prima esperienza come corrispondente di guerra, anche se il suo nome non era del tutto sconosciuto. Si chiamava John Steinbeck. I suoi colleghi lo guardavano forse con rispetto, sicuramente con diffidenza. Lui aveva scritto Furore e Uomini e topi, ma loro, come egli stesso riconosceva, «avevano visto più guerre di qualsiasi generale». Ed era lui a rispettarli. «Accanto a questo gruppo agguerrito di professionisti io ero l'ultimo arrivato, una bestia rara, tutt'al più un turista. Credo pensassero che stessi cercando di farmi largo a gomitate nel terreno da loro duramente conquistato». Nessuno più di lui lontano da questa tentazione. Lo scrittore detestava la guerra, il suo triste spettacolo; vedeva tutta la brutta prosa nascosta sotto la falsa epica militaresca. «Mentre il corrispondente scrive per voi di avanzate e di ritirate, ha la pelle scorticata dai vestiti di lana che non toglie da tre giorni e i piedi cotti e sporchi ed esausti perché da tre giorni non to¬ glie le scarpe...». No, a lui non interessava quel mondo. Aveva attraversato l'oceano su una nave, si era fermato qualche settimana in Inghilterra prima di scendere nel Nord Africa per seguire l'avanzata degli Alleati, man mano che le divisioni italiane si squagliavano. Lui lasciava che fossero gli altri a raccontare i fatti d'arme. Da scrittore curioso, andava a cercare il particolare di cronaca, la notizia marginale, il personaggio bizzarro che la guerra metteva in vetrina, le sue corrispondenze per la New York Herald Tribune, tradotte ora in italiano per l'editore Leonardo sotto il titolo C'era una volta la guerra, si leggono come racconti, talvolta drammatici, più spesso umoristici, sempre umani. Esemplare il pezzo «Mussolini», scritto a Londra, il 9 agosto, che rievoca come fu appresa la caduta del fascismo a bordo della nave (lo riproduciamo qui in basso). Ma non meno gustosi altri pezzi, dove si sente lontano il rombo del cannone e vicina la voce dell'uomo, fra l'improperio e la risata. La presa di Ischia è vista attraverso le accoglienze festose che la popolazione isolana fa alle truppe liberatrici, con incessanti lanci di fiori. «Un mazzo di amarillys di dimensioni ragionevoli, con grandi steli spessi, peserà due chili. In un giretto per le strade della città di Ischia alcune truppe sono state quasi colpite a morte dai fiori...». A Capri gli americani dell'unità da sbarco hanno trovato un solo luogo ben difeso: la cantina del barista Luigi, piena di whisky, sotterrato all'inizio della guerra. Allo scrittore di Pian della Tortilla non sfugge il picaresco che fa continuamente capolino sotto il tragico. Steinbeck è il solo, fra i suoi colleghi, a registrare, in una corrispondenza del 12 luglio, il fenomeno Lili Marleen. Non si limita a raccontare la storia di una canzone, del suo travolgente successo, a dispetto della propaganda hitleriana. E' il primo ad accorgersi che «Lili è immortale». E a capire, in piena guerra, il suo paradossale significato: «Sarebbe divertente se, dopo tanto trambusto e chiasso, l'unico contributo dei nazisti al mondo fosse Lili Marleen». Giorgio Calcagno

Persone citate: Duce, John Steinbeck, Lili Marleen, Mussolini, Steinbeck

Luoghi citati: Capri, Furore, Inghilterra, Ischia, Italia, Londra, Nord Africa, Pian Della Tortilla, Uomini