Tahiti Paradiso perduto del fisco di Aldo Cazzullo
Tahiti, Paradiso perduto del fisco POLINESIA Mancano strade e ospedali: «Pagate il 3% sui redditi e l'Iva sulla benzina» Tahiti, Paradiso perduto del fisco Per la prima volta gli indigeni pagano le tasse All'ombra delle palme, fiori al collo, noce di cocco in mano, il 740 non l'avevano mai sentito nominare; tanto meno ne avvertivano il bisogno. Il «buon selvaggio» non ha mai conosciuto Iva e imposte comunali sulla casa, e le multinazionali del turismo si sono rapidamente adeguate ai costumi locali. Ma ora viene la modernità (e il fisco) a sconvolgere lo stato di natura. Tahiti sarà ancora la terra promessa dei viaggiatori, ma l'Eden fiscale è adesso un Paradiso Perduto. Gli abitanti di questo lembo ex felice della Polinesia francese scopriranno i rompicapo, le trappole e i rigori del fisco. Per la prima volta nella storia, scrive l'«Herald Tribune», dovranno pagare le tasse: e sull'isola non ci sono ancora commercialisti in grado di aiutarli a districarsi tra gli enigmi delle aliquote e delle persone fisiche a carico. L'età dell'oro è finita. Vivere ai ritmi della natura, raccogliere i frutti degli alberi tropicali, riposare all'ombra nell'ora più calda e rifare i letti dei turisti non è più garanzia di felicità, o almeno di atarassia, mancanza di passioni (e quindi di dolore). A Tahiti si può forse trovare lo stato naturale, certo non lo Stato sociale. Non ci sono strade decenti, e quindi la possibilità di scambiarsi idee, notizie, o anche solo banane e noci di cocco. Per i 97 mila tahitiani non esistono case popolari, soltanto capanne, che assomigliano sempre più alle bidonville africane che ai tucul fotografati sui depliant delle agenzie di viaggio. Da quando il denaro è diventato una necessità, gli indigeni che sonnecchiavano all'ombra hanno scoperto di essere, nell'ottica occidentale, dei disoccupati, ma senza i sussidi dei colleghi d'oltreoceano. Il servizio sanitario è affidato alle improvvisazioni della moglie del capovillaggio, o ai ritagli di tempo del medico dei turisti. Soprattutto, non ci sono prospettive di finire la vita diversamente da come è cominciata. Per ovviare ai neonati problemi sociali, il governo di Papeete, appendice amministrativa di Parigi, ha preso la storica decisione: ha inventato la stangata. In versione polinesiana, per fortuna: un arbusto, al confronto della giungla fiscale italiana. I tahitiani dovranno pagare una tassa sulla benzina, sul telefono, sugli alcolici. Un'imposta del 10% sui redditi da patrimonio, un'altra del 3% sui redditi da lavoro, uguale per tutti. Con la sua prima finanziaria, il governo conta di incassare già quest'anno 165 milioni di franchi, 45 miliardi di lire. Il provvedimento risparmia i poveri: per loro il Purgatorio fiscale può attendere. Aldo Cazzullo
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