Dc un dossier in difesa di Andreotti

Vitalone attacca Buscetta, l'ex capo del governo sconfessa Evangelisti: non so perché mente Vitalone attacca Buscetta, l'ex capo del governo sconfessa Evangelisti: non so perché mente De, un dossier in difesa di Andreotti Martinazzoli: accuse false e infami ROMA. La de si schiera a difesa di Giulio Andreotti, che ribadisce: «E' un complotto della mafia contro di me». E mentre il segretario Martinazzoli prende posizione contro le «accuse infamanti e inverosimili», gli andreottiani mettono a punto la loro strategia difensiva. Claudio Vitalone, ex ministro e magistrato, ha preparato una memoria in quattro punti. Nel mirino ci sono le dichiarazioni di Tommaso Buscetta, il grande accusatore. «Sussistono sostanziali ed evidenti discordanze - sostiene Vitalone -, Buscetta mente anche negli Stati Uniti perché si sta ricomponendo un quadro mafioso. Il suo pentitismo ha preso un nuovo corso». La prima «contraddizione» del pentito, rilevata da Vitalone leggendo in maniera comparata le dichiarazioni del 1984 e quelle più recenti, riguarda un malavitoso, un certo Bossi, portavoce di politici romani con la mafia. «Nel primo interrogatorio si parla di un colloquio in carcere con presentazione di Turatello, quindi di colloqui tra carcerati. Nel secondo si parla di un Bossi ancora libero, introdottosi forse con un documento falso oppure "venuto a regolare colloquio con Turatello"». Seconda «falsità»: il ventilato trasferimento al carcere di Torino. «Nella prima versione il trasferimento è dato per certo e obiettivo. Nella seconda il trasferimento è rappresentato come un tentativo del cui esito non si aveva certezza». Terzo capitolo: la detenzione a Milano. «Non risulta alla commissione parlamentare Antimafia che il Bossi sia stato mai detenuto a Milano. Il Buscetta a fronte di questo dato di fatto "restringe" la sua presenza a soli 15-20 giorni». E infine, quarto, l'accenno diretto al ruolo di Vitalone stesso, chiamato in causa come il politico che manovrava i malavitosi per arrivare alla prigione di Moro. «La menzogna e la contraddizione sono evidenti solo che si pensi che il politico e l'onorevole "individuato" nel 1993 era Vitalone. Ma non poteva essere, perché, all'epoca del sequestro Moro, il VitaIone di cui si parla nell'interrogatorio del 1984 e riferito da Buscetta senza qualifica né di politico né di onorevole, era magistrato». Vitalone non rinnega nemmeno le sue accuse a Evangelisti. «Il mio disappunto - spiega - nasce da una sua deposizione imprecisa, a proposito della famosa cena alla Famija Piemonteisa. Non si parlò mai di soldi checché ne abbia detto Evangelisti». Scatenato contro Evangelisti è lo stesso Andreotti. Ieri, nel corso di un'intervista a Raitre, il sena¬ tore a vita ha riaffermato la sua innocenza. E quanto alle accuse del suo ex braccio destro, ha detto: «Quanto dice non è una cosa vera. Se Franco l'ha detta, se l'è sognata. Veramente non riesco a capire». Ha negato ogni incontro «segreto» con Dalla Chiesa e di aver mai finanziato Op: «Sono contario a certi contributi». Da ieri, poi, Andreotti non è più solo. Mino Martinazzoli, dopo tre giorni di silenzio, è sceso in campo al suo fianco: «Le accuse rivolte ad Andreotti, ma anche quelle ad Antonio Gava, sono infamanti e inverosimili». Martinazzoli, parlando al Tgl, ha chiesto anco¬ ra una volta ai giudici di fare presto: «Queste ovviamente sono opinioni discutibili. Credo che abbiamo il diritto, di fronte ad accuse così strepitose, così radicali e contraddittorie rispetto alla nostra storia democratica, di chiedere alla magistratura risposte molto tempestive. Non si può far trascorrere troppo tempo di fronte a qualcosa che può diventare un verdetto insopportabile». E intanto la de si muove anche sul fronte giudiziario. L'avvocato Pino De Gori, parte civile per conto del partito al processo Moro, ha chiesto che vengano acquisiti e confrontati gli atti giudiziari sul- l'ultimo ritrovamento di via Montenevoso e quelli su Andreotti. «Queste mie richieste - ha spiegato - mirano a dimostrare la falsità delle affermazioni di Buscetta e Mannoia». Chi invece è convinta che Evangelisti abbia finalmente deciso di dire la verità, «come la disse Moro negli ultimi momenti della sua vita», è la signora Antonietta Setti Carraro. La madre di Emanuela conferma le sue accuse: «Le "cose tremende" che il generale aveva rivelato alla moglie riguardavano le carte di Moro. Emanuela sapeva tutto e per questo è stata uccisa». [fra. gri.] il segretario della de Mino Martinazzoli (a sinistra) Giulio Andreotti respinge tutte le accuse: «Un complotto della mafia contro di me»

Luoghi citati: Milano, Roma, Stati Uniti, Torino