Commercialista, insegnami un trucco
Commercialista, insegnami un trucco Commercialista, insegnami un trucco La fila dei contribuenti in cerca d'evasione I DEL FISCO VROMA IA Poma, che nell'immaginàrio collettivo evoca ormai un feroce e impunito delitto sessuale dell'estate, è lì all'angolo di piazza Mazzini, poche centinaia di metri dal cavallo della Rai. Questo triangolo di palazzi Primo Novecento, oltre che degli avvocati e delle società di appalti tv, è il regno dei commercialisti romani: vi pullulano fitti fitti, portone dopo portone, assediati dall'umanità dolente del modello 740 edizione 1993, un'umanità che si aggira frastornata sul luogo del delitto fiscale. Il nostro commercialista è di quelli chic, tre soci, otto giovani di studio, una batteria di segretarie, antichi tappeti persiani, raffinate stampe inglesi, riviste di vela e di golf in sala d'attesa. Dà consulenza a qualche centinaio di palazzinari, commercianti, società d'intermediazione, enti religiosi, ma anche singoli professionisti e impiegati. Quest'anno vanno bene gli affari, eh? - facciamo al commercialista per rompere il ghiaccio. Quasi avessimo bestemmiato, ne ricaviamo un'alluvione verbale inarrestabile, una specie di diario kafkiano di un uomo prigioniero di un mondo che gli risulta incomprensibile e folle. Ci ricorda Danny De Vito nella parte dell'avvocato del film «La guerra dei Roses». «Affari sul 740? Ma se è una tortura cinese. Quest'anno ne abbiamo fatti per gli amici e quasi gratis». Non fatturate tutto? - azzardiamo. Si alza di scatto, nervoso, autorevole, accende la sigaretta e ringhia: «Mi ha forse preso per un mozzaorecchie?!». Dopo averlo ascoltato torrentizio, potremmo ormai tenervi una conferenza sui «mozzaorecchie», ma per farvi grazia ve la riassumiamo così: quest'anno nessuno, ma proprio nessuno che non sia del mestiere, è in condizione di compilare il 740.1 commercialisti sono trentamila, ma molti di loro non hanno alcun interesse a farsi torturare dai modelli di clienti down, vale a dire poveracci. Ecco così che fioriscono i «mozzaorecchie», ragionieri veri e falsi, pensionati, uscieri del Catasto. Tra i consulenti selvaggi più richiesti pare ci sia anche uno di quegli omini che fanno i falsi testimoni all'anagrafe a via del Mare, uno che vende pure sigarette di contrabbando. Insomma, la domanda di consulenza è aumentata di almeno l'ottanta per cento, ma soltanto in parte vi han fatto fronte i commercialisti e in parte infinitesimale quelli di lusso. «Noi ne abbiam fatti 350», tuona De Vito con un singulto di disperazione, prima di spiegarci quanto lavoro, programmi computerizzati, aggiornamenti di programmi computerizzati, sudore e sangue costi un 740. Ne prende a paradigma uno medioalto: poco più di duecento milioni di reddito, marito professionista, moglie con boutique, due figli, tre automobili e tre case. Tre settimane per avere tutte le carte: codici fiscali, numero dei televisori, abbonamenti, targhe, assicurazioni, dati catastali, metri quadrati, balconi, giardini, mutui, spese mediche, affitti attivi e passivi... Ottenuto tutto il materiale, il che costa un sacco di lavoro, di telefonate e di spiegazioni al cliente, due ore e quaranta per il controllo dei documenti, tre ore al computer, più il tempo della stampata e un'altra ora per il ricontrollo finale. Senza considerare la compilazione dei moduli bancari per il pagamento. I programmi per il computer si comprano da Buffetti o all'Ipsoa, ma vengono aggiornati fino a pochi giorni prima per correggere gli errori, via via che questi vengono segnalati da qualche professionista di buona volontà. Redditometro e minimum tax sono stati quest'anno un calvario. Danny De Vito è arrabbiato, ma è sempre un uomo colto, di buone letture e buone maniere. Scatta su, corre verso un'antica libreria monumentale, ne cava un libro con costola di marocchino e comincia a recitare ispirato: «L'imposta che ogni individuo è tenuto a pagare deve essere certa e non arbitraria. Il tempo del pagamento, il modo di pagare, la somma dovuta dovrebbero essere tutti chiari e semplici per il contribuente e per ogni altra persona...». Firmato: Adam Smith. Ripiomba in poltrona e sibila: «Sa che cosa è passato su questa scrivania negli ultimi anni? 81 decreti presidenziali, 185 leggi, 32 decreti legislativi, 228 decreti legge, più un numero incalcolabile di circolari, migliaia e migliaia di pagine redatte in una lingua iniziatica. Sa che cosa si abbatterà fra pochi giorni sugli uffici fiscali di questo Paese? 700 milioni di pagine di dichiarazioni fiscali. Adam Smith si rivolta nella tomba. Questo nuovo mini¬ stro Gallo sembra una brava persona e pure esperto, ma temo che presto daranno anche lui per disperso nella giungla. A meno che non abbia le p... per seguire la ricetta messicana». Che sarà mai? Un piatto piccante? No - ci spiega - è un piatto semplice semplice: aliquote più basse, dichiarazioni al microscopio, punizione degli ùifedeli. Suona un cicalino, poche parole nel telefono e il commercialista s'illumina tutto. «Venga, venga, che le presento la prima vittima matrimoniale del redditometro, un precursore della specie». Il signore in anticamera è un costruttore sulla quarantina, da come è messo e dall'abbronzatura si intuisce la sua Bmw sotto la porta, è separato e ha una figlia di 18 anni. Passa alla moglie 8 milioni e 800 mila lire e una cifra maggiore, che non vuol rivelare, alla figlia. Si dà il caso che l'assegno alla moglie e quello alla figlia convivente con la madre non siano cumulabili, perciò la signora, con una casa di proprietà di 90 metri quadrati e un'auto di 1300 centimetri cubici, ha sintomi di ricchezza superiori a quelli contemplati dal redditometro. Come si fa? Qual è il trucco? Semplice: il costruttore in Bmw è costretto, non stiamo a dire con quali commenti, ad aumentare gli alimenti alla moglie separata fino alla cifra che il redditometro pretende. Nessuno ha aumentato l'assegno, invece, a una vedova ultrasettantenne: 35 milioni di pen¬ sione, 80,8 milioni di reddito presunto per una collaboratrice familiare convivente. Si è dovuto ricorrere ai fratelli, che si sono accollati il 70 per cento delle spese della sorella pensionata. La caccia al parente ricco quest'anno si è fatta parossistica: un dirigente bancario, che conserva gelosamente in garage un'Alfa Romeo Duetto accanto all'auto per tutti i giorni, ha dovuto intestare la spider rossa alla mamma nata nel 1923. Chi non dispone di parenti ricchi può anche chiudere per tasse, come sta per capitare a un commerciante di via Cola di Rienzo, che avendo un magazzino stracolmo, causa i cattivi affari, dovrà pagare una cifra pazzesca per la nuova patrimoniale del 7,5 per mille sulle giacenze di magazzino. Se gli affari gli fossero andati a gonfie vele e fosse riuscito a svuotare il magazzino, il Fisco l'avrebbe graziato, secondo il motto: forte con i deboli, debole con i forti. Danny De Vito sa il fatto suo: «Keynes diceva che se si ha un piccolo debito con una banca si ha un problema, se il debito è grande il problema lo ha la banca». Niente di più falso dopo l'invenzione del redditometro, attribuita schiumando «a quel Goria che per fortuna hanno rimandato a casa»: se uno ha una casa di 100 metri nel Lazio che ha pagato col suo reddito e senza mutui, gli si accredita un reddito di 11,2 milioni. Se per la stessa casa ha dovuto stipulare un mutuo di 100 milioni, il suo reddito schizza automaticamente a 62,4 milioni. Altro che problema per la banca. Non solo, se uno ha comprato una casa poniamo da 600 milioni, il Fisco potrà supporre che abbia guadagnato quella cifra nei sei anni precedenti all'acquisto e andare a controllare se i redditometri sono congrui. Ma allora - provochiamo - c'è, è vero, un po' d'inflazione di decreti, circolari, moduli, ma il Fisco s'è fatto furbo, beccherà finalmente gli evasori. De Vito si tappa la bocca con una mano per non smoccolare: «Guardi che per chi è veramente ricco e potente i trucchi ci sono sempre, è la classe media che soffoca nelle maghe strette». L'abbiamo forse stanato? Ci racconterà finalmente i trucchi dei grandi evasori? No, pare che di trucchi alla portata di tutti non ce ne siano proprio più, ormai son tutti reati penali, anche dichiarare a carico una moglie che invece non lo è, per una miserabile detrazione di 719 mila lire. Certo si può fare un affitto fasullo a un parente ricco per una seconda o terza casa posseduta, intestare la seconda o la terza automobile per non sballare il redditometro, ma è robetta. Ridacchia il giovane di studio che ha appena finito di fare il suo settantesimo modello 740: «Sa qual è l'unico trucco, che peraltro noi non consigliamo perché siamo uno studio serio? Confidare nell'inefficienza della macchina statale. Chi controlla, ad esempio, i 4 moduli diversi, due per l'acconto e due per il saldo, che moglie e marito inviano per la tassa sulla salute, ormai autentica addizionale all'Irpef? Ma vale la pena di rischiare per questo o per detrarre magari spese mediche già completamente rimborsate da un'assicurazione privata? Scommetto che qualche "mozzaorecchie" avrà scoperto che sul redditometro c'è scritto di non piegarlo. Perché se no non passa più sotto il cervellone. E allora, sa, basta un'abrasione... Chi lo controllerà più a mano?». Si fa capannello tra i giovani di studio reduci dal loro inferno quotidiano del 740. Uno racconta che un amico gli ha mandato un cameriere vietnamita che vive a Roma: si è comprato una casa, ma ha scoperto che non rientra nel redditometro: «Io rivendo e me ne torno in Vietnam», ha concluso quello. Un altro racconta che suo padre, quando gli ha detto quanto doveva pagare, stava quasi per morire. E' sbiancato, si è seduto e gli ha detto: «A' stronzo, e me lo dici così?!». Alberto Staterà Iguai del redditometro, gli esperti improvvisati Una spider rossa intestata alla vecchia mamma Foto grande, una «coda fiscale» A sinistra, l'attore Danny De Vito nel ruolo dell'avvocato nel film «La guerra dei Roses»
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