Dalla Lancia a Mosca

FEDE ROSSA E AFFARI Palla Lancia a Mosca I segreti dell'operaio-manager FEDE ROSSA E AFFARI RENNO Ramazzotti, classe 1926, operaio. E comunista. Di quelli duri e puri. Attivista sindacale alla Lancia, sbattuto in un reparto confino e poi licenziato. Tre anni alla scuola di partito a Mosca (1954-57) ed eccolo sposato con una russa, Zoia, e infilato dentro una ditta di import-export con l'Est. Materiali ferrosi, motori, profilati metallici. La sua storia è la storia di tanti come lui, comunisti torinesi che dopo la lotta in fabbrica hanno dovuto reinventarsi una vita. Ricominciare da capo ma non nella loro città, facendo leva su quella miscela di rabbia e voglia di farcela, e sui canali che mette- va a loro disposizione il Partito. E ce l'ha fatta davvero, il compagno Brenno. Come ce l'ha fatta Gaetano Di Rosa, che con la vecchia Unione Sovietica aveva messo in piedi una società che sfornava migliaia di frigoriferi l'anno. Come Piero Savoretti, l'uomo che contribuì a tirar su Togliattigrad. E come Dino Gentili, che faceva import-export di scarpe, legna e macchine utensili per Eni e Iri. Imprimi italiani con la ventiquattr'oreTiei Paesi comunisti, pioneri dell'Est in anni in cui se non sapevi il russo eri fregato. In quel mondo s'è fatto largo alla grande, Brenno Ramazzotti. E allora non era per niente facile: «La Russia è ben diversa dal paradiso che immaginavo», si era confidato con Celeste Negarville durante il XX Congresso del pcus. E poi, portato direttamente davanti a Palmiro Togliatti: «Ho visto italiani tornare da lager sovietici». Che cosa rispose Togliatti, Ramazzotti lo raccontò solo qualche anno fa, durante un incontro fra ex dirigenti comunisti all'istituto Gramsci di Torino: «Il-compagno Ercoli confermò. E aggiunse che tutto andava'inquadrato nel periodo storico. Insomma, bisognava tenere insieme il pei. Queste cose non dovevano essere rese pubbliche». Un vero comunista, questo ex operaio Lancia. Di quelli di una volta. «Un uomo forte» lo inquadra il sostituto procuratore che ieri l'ha interrogato sulle mazzette rosse. «La copia di Primo Greganti». Come Greganti, Brenno Ramazzotti non è il tipo che si spaventa per una convocazione in Procura. Anzi, nell'ufficio del magistrato s'è presentato spontaneamente, per spiegare come' è riuscito a ricavare cinque anni fa 700 milioni dalla vendita del suo 20 per cento*delle quote azionarie della ditta Eumit, acquistate dieci anni prima per 11 milioni, «i miei risparmi». E adesso eccolo, Brenno Ramazzotti, sotto gli uffici della Procura torinese. Due ore e mezzo sotto torchio e lui è sorridente. Gentile. Sicuro di sé. «Sono solo un testimone, che sia chiaro». Eccolo con la sua valigia ventiquattr'ore, gli occhi furbi, lo sguardo intelligente. I giornalisti lo provocano: sapeva qualcosa della struttura parallela che finanziava il pei? Figuriamoci se uno con la sua storia abbassa la testa davanti a una domanda del genere. «Ho fatto il giornalista anch'io. In fabbrica, alia Lancia: dirigevo "La Scintilla". Le conosco le fantasie dei giornalisti. Lasciate perdere». Gianni Armand-Pilon

Luoghi citati: Mosca, Russia, Torino, Unione Sovietica