Un decreto ispirato da Di Pietro di Ruggero Conteduca

Il Guardasigilli aggiorna il testo di marzo secondo le indicazioni dei giudici di Mani pulite Il Guardasigilli aggiorna il testo di marzo secondo le indicazioni dei giudici di Mani pulite Un decreto ispirato da Pi Pietro Como-, nessun colpo di spugna, ma processi rapidi ROMA. Di Pietro dà il «via» e il ministro Conso riscrive il decreto che dovrebbe risolvere in tempi brevi la lunga storia di Tangentopoli. A meno di ventiquattr'ore dall'intervento di Di Pietro al congresso dell'Associazione nazionale magistrati, in cui il sostituto procuratore della Repubblica ha indicato il giusto percorso per chiudere «senza colpi di spugna e senza linciaggi» la maxi-inchiesta che ha portato in galera amministratori pubblici e imprenditori, il ministro della Giustizia tira fuori dal cassetto il vecchio, criticatissimo provvedimento dello scorso marzo, lo aggiorna, seguendo le indicazioni dei giudici di Mani pulite, e decide di presentarlo in Consiglio dei ministri perché possa entrare in vigore al più presto. «C'è urgenza di intervenire dichiara infatti Conso al Tg3 - il segnale che viene da Milano è: fate presto, è il momento di fare. Il decreto sarebbe immediatamente operativo, il disegno di legge porta le cose lontano». In più, questa volta, c'è il consenso dei magistrati che in marzo si erano invece levati contro il provvedimento del governo. Quello presentato tre mesi fa e poi «bocciato» dal presidente Scalfaro, spiega sempre il ministro, «era troppo avanzato rispetto ai tempi. Ora idee ed esigenze sul tappeto sono più chiare». Il nuovo decreto, ritagliato sulle indicazioni dei giudici milane- si, prevede infatti un «patteggiamento allargato» e, soprattutto, non depenalizza, come si era tentato di fare in marzo, il reato di violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. La grande novità consiste nel fatto che 0 provvedimento legislativo non prende in considerazione solo i reati relativi a Tangentopoli prevalentemente corruzione, concussione, ricettazione - ma tutti i reati, in base al principio di eguaglianza. Non è, insomma, un decreto «salvacorrotti», ma una manovra legislativa in grado di chiudere rapidamente la maggior parte dei processi. Il patteggiamento, infatti - qualora l'imputato decida di collaborare e quindi di accedervi - abolisce il processo davanti al tribunale risolvendosi in un semplice accordo sulla pena fra pubblico ministero e lo stesso imputato. Il prowedimanto è già pronto. E' stato corretto e limato più volte, nei giorni scorsi e sino a ieri in un ennesimo incontro fra Conso e Di Pietro. Come sia articolato e che cosa esattamente preveda non è ancora noto. Ma le indiscrezioni sono tante. Le normebase erano già contenute nel vecchio provvedimento. Si parla in¬ fatti - per pubblici amministratori e imprenditori che decideranno di confessare, ricostruire storie di tangenti o svelare nuovi fatti di uno sconto di pena sino al 50 per cento. Di un periodo massimo di 120 giorni per presentarsi dinanzi al magistrato e vuotare il sacco. Della possibilità di chiudere subito i conti con la giustizia ricorrendo, appunto, al patteggiamento. Del divieto di farsi eleggere in una qualsiasi assemblea elettiva o di occupare posti di responsabilità in aziende a capitale pubblico. Tutto ciò, naturalmente, dopo aver restituito il denaro indebitamente incassato. Chi ha sbagliato, insomma, deve sicuramente pagare. Nessun colpo di spugna, come avevano chiesto in tanti e come aveva ribadito giovedì lo stesso Di Pietro. «Devono pagare presto - precisa il ministro - restituire il maltolto e uscire definitivamente dalla vita politica e dalle imprese. Devono avere sul capo una condanna che pesi come un macigno». Per poter accedere al patteggiamento gli imputati avrebbero 120 giorni di tempo dal momento dell'inizio dell'azione penale nei loro confronti: questo perché, in materia penale, la legge non può essere retroattiva. E per poter far rientrare la corruzione fra i reati che si potranno patteggiare la soglia del patteggiamento salirebbe a tre armi. Per corrotti e corruttori, ma anche per indagati di altri reati, ci sarebbe insomma la possibilità di giungere alla condanna senza arrivare al processo in aula - e senza neanche la coda di eventuali ricorsi in appello e in Cassazione - alleggerendo così il settore della giustizia da un notevole aggravio di lavoro. Ma non è tutto. Il decreto consentirebbe di incamerare anche altri vantaggi. Primo fra tutti l'accelerazione di indagini che si sono arenate per i motivi più diversi, non ultimo quello della scarsa o nulla collaborazione da parte degli indiziati. Un imprenditore, che per esempio abbia distribuito mazzette in diverse città, avrebbe poi la possibilità di chiudere la sua vicenda giudiziaria in un colpo solo. Infine, direttamente collegato a quest'ultimo, ci sarebbe un ulteriore vantaggio: risolvere il contenzioso sulla competenza tra diversi magistrati - contenzioso che ha diviso e continua a dividere ogni giorno le procure di Milano e di Roma con accesi strascichi polemici - ed evitare la creazione di doppioni di inchieste. Ovviamente tutti i vantaggi provenienti dal patteggiamento saranno perduti dall'imputato che non avrà detto tutta la verità. Ruggero Conteduca Il ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Conso: «Ora le idee sono più chiare»

Persone citate: Conso, Di Pietro, Giovanni Conso, Scalfaro

Luoghi citati: Milano, Pi Pietro Como, Roma