IL GRANDE PITTORE DEI CAMPI
IL GRANDE PITTORE DEI CAMPI IL GRANDE PITTORE DEI CAMPI GIÀ' è un calcio da imbianchini, se poi gli dei ci tolgono uno degli ultimi pittori, poveri noi. Van Basten fermo fino a nuovo ordine (ma ci sarà mai, 'sto benedetto nuovo ordine?) è una notizia che cambia le carte su molti tavoli, a cominciare, naturalmente, da quello del Milan. L'annuncio di Martens tramortisce la squadra campione d'Italia, decapita la nazionale olandese e dà fiato alla concorrenza, non prima, però, di averla pervasa di un terribile senso di frustrazione: perché Van Basten appartiene alla schiera degli eletti (Maradona, Platini), e gli eletti, da sempre, hanno una maglia ma non un recapito. Sono cittadini del mondo. Con tutto il rispetto per il turn-over, e per la liturgia di certi tecnici, secondo la quale 10 schema viene prima dei singoli, Van Basten era (è) uno dei pochi assi in grado di fare la differenza. E Dio sa quante volte l'ha fatta. Sorvoliamo sull'eleganza dello stile, e sulla gamma di soluzioni che offriva (offre) all'arsenale milanista, ora punta, ora suggeritore. Limitiamoci a una considerazione più terra terra: di Van Basten, oggi 11 calcio non ne sforna più. Il giocatore che, fatte le debite proporzioni, più gli assomiglia (anche nel fisico) è quel Dennis Bergkamp che l'Inter si è assicurata, dopo che il Milan aveva passato la mano, contrario per filosofia a scritturare attori gelosi del posto fisso. E l'olandese lo era. Se escludiamo il mese della grande illusione (25 aprile-26 maggio), Van Basten era (è) fermo dal 21 dicembre, giorno dell'ennesima, e non più ultima, operazione. A Monaco ha giocato per puntiglio. Con lui in campo, il Milan aveva spiccato il volo. Senza di lui, ha cominciato a perdere colpi. Dettagli: importanti, ma superati dagli eventi. L'attacco è un reparto piombato nel buio. D'accordo, restano Papin, Simone, Lentini e Massaro, e c'è anche Savicevic: moschetti laddove c'era un cannone, e che cannone. Papin ha il gol facile, e con questo? Un conto è saper far bene il proprio mestiere, e un conto è essere così bravi da farne due o tre in una volta. Cresciuto alla scuola di Cruyff, Marco proprio questo aveva imparato, e insegnato. Immaginiamo che Berlusconi e Capello si butteranno sul mercato. Si parla di Fonseca, si riparla di Boksic. Fior di giocatori, ma siamo sempre lì: bisogna armarsi di santa pazienza e rifondare la squadra. Piuttosto, lasciateci chiedere scusa a Van Basten. Scagli la prima pietra chi non aveva scorto nei suoi eccessi umorali l'orma di uno spirito nevrotico e «ballerino». Adesso che Martens ha di nuovo impugnato il bisturi, e pronunciato quella orribile minaccia, gli ultimi mesi di Marco Van Basten vanno riletti in una chiave, come dire?, più umana. Nella speranza che, come campione, non siano stati davvero gli ultimi. A 28 anni i grandi pittori non si ritirano. Roberto Bec cantini
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