Ottomila soldati di terracotta e la voglia di cambiare di Furio Colombo

6. IN PARTENZA PER IL NORD. Visita alla tomba dell'ultimo imperatore Han 6. IN PARTENZA PER IL NORD. Visita alla tomba dell'ultimo imperatore Han Ottomila soldati di terracotta e la voglia di cambiare Un 'armata a grandezza naturale come simbolo: a fissarla, sembra che cammini DISPACCI DALLA CINA C OLTRE XIAN ERCHIAMO di confrontarci con l'ossessione cinese di governare. Il professor Hu Shou Wei ci ha portati agli scavi della Grande Armata, ottomila soldati di terracotta in grandezza naturale, uno diverso dall'altro, ordinati secondo i ranghi, le specializzazioni, la funzione e il grado rispetto all'imperatore, con le armi, i carri, gli splendidi cavalli, le selle istoriate senza le staffe, tutti rivolti a Est così come l'imperatore Qin Shihuang ha voluto. L'imperatore, l'ultimo della dinastia Han, ha voluto che i suoi soldati di terracotta fossero tutti sepolti nella terra rossa intorno al suo palazzo, sotto campi di grano, al momento della sua morte. Non tutti i soldati che adesso vi fronteggiano, ricostruiti fino ai dettagli scavati e ritrovati nel fango con infinita cura, sono stati dissepolti. Ma l'effetto impressiona perché se fissate l'Armata e poi chiudete e aprite in fretta gli occhi come gli accompagnatori vi suggeriscono, l'impressione è di una folla in movimento come per un effetto stroboscopico. Ciò si deve, vi dicono, al fatto che ciascuno dei soldati, dei generali, dei cavalieri, degli arcieri, dei funzionari pur essendo della stessa forma e statura è radicalmente diverso nei particolari, non solo gradi e uniforme, ma la posizione della testa del collo delle mani delle spalle. Ognuna delle ottomila statue di terracotta della Grande Annata è il ritratto individuale di una persona. E' il capriccio di un imperatore che ha voluto intorno a sé l'immagine fedele della sua gente nel momento della morte o è una parabola, una rivelazione della Cina? La domanda ci interessa mentre la Cina cambia in modo veloce e drammatico, al punto di trasformarsi in un gran¬ de spettacolo. L'immenso boom di costruzioni e telefonini, di ragazzi che sfrecciano in motocicletta e di case, grattacieli e ville che sorgono dappertutto, di influenza d'affari straniera, di invasione del turismo di massa (è già un affare che tocca i 10 miliardi di dollari) tutto ciò sradicherà la vecchia Cina? E' possibile costruire una Disneyland cinese, come è stato appena annunciato, nel Paese della Grande Armata di terracotta, dei palazzi imperiali, delle città proibite, della Grande Muraglia? Il professor Hu, che guida il nostro gruppo di studiosi francesi, italiani e cinesi a capire quello che sta succedendo, dice che è perfettamente possibile. Implicitamente, con tatto, senza parlare mai di politica, ci fa capire che l'anomalia è stata la Cina monolitica, chiusa, sospettosa e drastica degli ultimi 40 anni. Al Museo Imperiale di Xian il professor Hu ci ha fatto vedere la stele di pietra nera su cui, nell'anno 625 dopo Cristo, un impe- ratore Tang ha permesso ai cristiani nestoriani, in fuga dalle persecuzioni della Chiesa di Bisanzio, di annunciare il loro verbo a quei mercanti cosmopoliti e colti della città imperiale che avevano interesse a occuparsi di una religione straniera. Così è accaduto in questa regione al buddhismo, all'influenza dei mercanti arabi, alle mode persiane. E' il Paese in cui la prospettiva pittorica è stata portata agli artisti locali dal pittore milanese Castiglione accolto come un maestro e con tutti gli onori e ce- lebrato persino dagli imperatori. Ma il professor Chai, un altro antropologo cinese che accompagna il nostro gruppo, ci ricorda la storia radicalmente diversa delle città cinesi rispetto a quelle europee. Non sono mai state comuni, signorie, centri autonomi con un proprio potere. Le città cinesi, ci ricorda Chai, erano città imperiali, costruite da sudditi venuti da fuori, scelti secondo le competenze, masse di lavoratori subalterni che sarebbero diventati le classi povere. E un forte insediamento di funzionari con mille specialità, competenze, livelli e qualifiche. Una simile città è cosmopolita nel senso che accetta prontamente e riceve tutto ciò che è utile, senza barriere e senza questioni di principio. Ma è anche la città che ha un forte istinto di selezione basato sull'utilità, una cosa alla volta, solo quello che serve, non un modo di vita. Aggiunge l'antropologo Tian: «Sono state le notizie di Borsa che hanno fatto breccia nelle abitudini di vita dei cinesi cambiandole radicalmente quando ha cominciato a diffondersi la televisione americana attraverso la catena Cnn. Sono state le notizie economiche, selezionate una per una secondo la convenienza e utilità, a penetrare la nuova città cinese». «Quanto alla Disneyland che sta per sorgere in Cina - propone ai colleghi cinesi Umberto Eco non mi preoccuperei. La cultura chiese non corre alcun rischio di imbastardimento». E spiega: «Leggo sul giornale di Xian che stanno per inaugurare - a Pechino - un museo dedicato a padre Ricci e a padre Shall, i due gesuiti che hanno portato il cattolicesimo in Cina. E' un esempio tipico del "terzo Occidente" di cui Colombo ha parlato nei nostri seminari. Discutere in termini culturali della funzione storica delle missioni gesuite in Oriente avrebbe potuto aprire grandiosi problemi. Invece fare una Disneyland dedicata ai due padri europei in Cina non disturba nessuno, inorgoglisce i gesuiti, e favorisce il clima dei buoni rapporti commerciali. Precisamente come il flusso neutrale di informazioni che arriva dalla catena del Cnn e che è appunto il terzo arrivo dell'Occidente in Cina». Domani ci inoltreremo ancor più dentro il Paese, ancora più a Nord. E poi, in 24 ore di viaggio in treno, fino alla città di Dunhuang, l'estremo Nord-Ovest da cui i mercanti, per via di terra, entravano nel Cathay. Furio Colombo AN nci<x prcKNO/2 CANTON ' ipt1«-Ci***»'?' L'Armata di terracotta che l'imperatore Qin Shihuang ha voluto accanto a sé nella morte

Persone citate: Castiglione, Tian, Umberto Eco, Xian

Luoghi citati: Cina, Pechino