Ghitti: l'inchiesta sulle tv è nostra di Susanna Marzolla
E' stato sollevato un conflitto di competenza con Roma su tangenti telefoniche e frequenze E' stato sollevato un conflitto di competenza con Roma su tangenti telefoniche e frequenze Ghitti: l'inchiesta sulle tv è nostra A Milano si costituisce Rapisarda MILANO. Questa volta non sono più possibili «accordi amichevoli»: sarà la Corte di Cassazione a dirimere il contrasto tra i magistrati di Roma e quelli di Milano. Oggetto, ancora una volta, l'indagine sulla telefonia e le frequenze televisive. Ma stavolta è Milano a sollevare conflitto di competenza. Per capire qualcosa di più su questo «rimbalzo» tra i due uffici giudiziari occorre ripartire dagli accusati principali: Giuseppe Parrella, ex direttore generale dell'Asst (azienda di Stato per i servizi telefonici); Giuseppe Lo Moro, suo collaboratore; Davide Giacalone, segretario dell'ex ministro delle Poste Oscar Mammì, nonché «mente» della legge sulle tv, nonché (dopo) collaboratore della Fininvest. Sono loro i protagonisti di un giro di tangenti al ministero delle Poste, finite in buona parte, secondo l'accusa, al partito repubblicano. Ma sono sempre loro i protagonisti di una concussione ai danni di Remo Toigo, titolare della «Federai Trade Misure», la società che si aggiudicò l'appalto (valore 30 miliardi) per il piano delle frequenze radiotelevisive. Sulla prima storia indaga Milano; sulla seconda Roma. Che aggiunge un quarto accusato, Cesare Caravaggi: a lui Toigo sarebbe stato costretto a cedere il 60 per cento della «Ftm» sotto la «minaccia» di non ottenere, altrimenti, l'appalto. Per un po' sulla vicenda Milano e Roma viaggiano su binari paralleli: qui si inviano avvisi di garanzia a La Malfa e Mammì; nella capitale si ascolta come testimone Silvio Berlusconi. Ma a un certo punto Milano spicca un nuovo mandato contro Giacalone, Caravaggi & C. E Roma insorge: «E' competenza nostra», e solleva conflitto in Cassazione. Seguono telefonate infuocate, scortesie palesi, accuse neanche velate di «protagonismo». Milano glissa, dicendo che si tratta di «episodi differenti», che sta indagando sulla telefonia e non sulle frequnze: e su questa divisione dei compiti sembra ristabilirsi l'accordo. Ieri, invece, un nuovo ribaltone: è il gip Italo Ghitti, stavolta, a sollevare conflitto di competenza. La sostanza è questa: tutta l'inchiesta, frequenze comprese, spetta a Milano. Perché? Perché qui, e precisamente negli uffici della «Ftm» a Segrate, sarebbe stata richiesta la tangente. Perché qui, in un ufficio del centro, sarebbe materialmente avvenuto il passaggio di proprietà delle quote societarie. E per porre un punto fermo nella vicenda Ghitti ha spiccato nuovi mandati contro Giacalone e gli altri. In attesa delle decisioni della Cassazione, l'inchiesta conti- nua. E' stato interrogato l'ex ministro de Clelio Darida, accusato per una tangente da Umberto Belliazzi, ex direttore della Fiat di Roma. Ha respinto gli addebiti ma non ha risposto ad altre domande perché si è inaspettatamente trovato senza uno dei difensori, Salvatore Catalano: il legale difende anche Crescenzo Bernardini, il commercialista che fece da mediatore per le tangenti Fiat, ed ha rinunciato al mandato. «Non c'è contrasto tra le due posizioni spiega - ma ho preferito così per evitare incomprensioni con la procura». Interrogato a lungo, invece, Gabriele Cagliari: teoricamente, oggi, sarebbe potuto uscire dal carcere, ma contro di lui è stato appena spiccato un altro mandato per presunte tangenti sul contratto di assicurazione dei dipendenti Eni. Per questa vicenda era ricercato Fausto Rapisarda, amministratore delegato della Sai, che proprio ieri si è costituito. Rapisarda, interrogato dal pm e dal gip, si sarebbe presentato più come vittima di una concussione, parlando anche di altre operazioni effettuate dalla Sai con l'Eni: l'acquisto, per 30 miliardi, del 20 per cento della Serfi, la finanziaria dell'ente petrolifero; l'acquisizione (costo 10 miliardi) di quote di un'altra società. Il ritorno di Rapisarda, con un possibile «fiume» di dichiarazioni, era stato messo in relazione ad un presunta «scomparsa» di Salvatore Ligresti, che della Sai è proprietario (e che, per l'inchiesta milanese, era già rimasto a lungo in carcere). Ma Carlo Bruno, suo portavoce, si è affrettato a smentire: «Ligresti non è affatto irreperibile - dice è appena rientrato da un periodo di vacanza; da lunedì è a Roma e tornerà a Milano a fine settimana: non manca mai al pranzo domenicale con sua madre». Infine, sempre per l'Eni, è stato interrogato come testimone uno dei suoi ex presidenti, Raffaele Girotti: il pm dell'Osso, che indaga sul conto Protezione, prosegue infatti il suo viaggio a ritroso nei misteri dell'ente. Susanna Marzolla Il vice di Ligresti, amministratore della Sai, era ricercato per tangenti sulle assicurazioni ai dipendenti Eni A sinistra Fausto Rapisarda Sopra, Clelio Darida A destra il giudice milanese Italo Ghitti
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