II memoriale di Moro accusa il senatore

I giudici: le carte trovate nel covo br di via Montenevoso all'origine dell'omicidio del giornalista I giudici: le carte trovate nel covo br di via Montenevoso all'origine dell'omicidio del giornalista II memoriale di Moro accusa il senatore «Glielo consegnò Dalla Chiesa, Pecorelli lo conosceva» ROMA. «Il sen. Andreotti ha negato di aver mai ricevuto il cosiddetto memoriale... L'on. Franco Evangelisti ha dichiarato in data 28 maggio 1993 di aver spesso fatto da tramite per gli incontri frequenti del gen. Dalla Chiesa con l'on. Andreotti, allora Presidente del Consiglio, che non passavano per la segreteria del Presidente. In questo contesto era andato a trovarlo di notte e gli aveva fatto leggere un dattiloscritto che a suo dire proveniva da Moro e che egli si riprometteva di consegnare l'indomani ad Andreotti. La ragione della visita notturna stava nel fatto che nel dattiloscritto si faceva riferimento anche all'on. Evangelisti. Le modalità dell'incontro e le caratteristiche del dattiloscritto fanno ritenere che potrebbe trattarsi del cosiddetto memoriale sequestrato in via Montenevoso». Se i giudici della Procura romana hanno ragione a scrivere così, bisogna concludere che il senatore a vita ha avuto il famoso «memoriale Moro», molto probabilmente per averlo ricevuto da Dalla Chiesa che lo aveva trovato nel covo di via Montenevoso. Andreotti ha sempre negato di aver visto quelle carte. Quando a Milano, nel 1990, fu trovata l'edizione «completa» con la parte che riguardava la «Gladio» e lo scandalo ItalcasseCaltagirone, sfoderò anche una singolare teoria secondo cui, a metterle ili quell'appartamento, poteva essere stata «una manina o una manona». Se invece le conosceva e ha mentito, è su questo che si basa l'accusa dei giudici: sia Pecorelli che Dalla Chiesa avrebbero potuto smentirlo perché conoscevano il memoriale e il percorso delle carte fino a Palazzo Chigi. Ecco, sembra essere proprio questa la parte cruciale dell'indagine dei magistrati romani. Ma cosa c'entra il «memoriale Moro» con l'omicidio Pecorelli e soprattutto con un'inchiesta - quella recente a carico di Andreotti - nata dalle rivelazione dei pentiti di mafia? A giudicare dai risultati cui sono giunti i giudici, è proprio l'esistenza di quel documento l'indizio più grave a sostegno dell'ipotesi che Pecorelli possa essere stato assassinato dalla mafia, che intendeva fare un favore ad Andreotti liberandolo dal ricatto del giornalista che sapeva troppo. Cosa aveva, infatti, detto Tommaso Buscetta a proposito dell'omicidio del direttore della rivista Op? Che «era stato un delitto politico voluto dai cugini Salvo, in quanto a loro richiesto dall'onorevole Andreotti». Il pentito aveva poi aggiunto: «Secondo quanto mi disse Badalamenti (Gateano, boss mafioso di Cinisi, ndr), sembra che Pecorelli stesse appurando "cose politiche" collegate al sequestro Moro. Andreotti era appunto preoccupato che potessero trapelare quei segreti inerenti al sequestro dell'on. Moro, segreti che anche il gen. Dalla Chiesa conosceva. Pecorelli e Dalla Chiesa sono infatti "cose che si intrecciano fra di loro"». Secondo i giudici questa tesi appare attendibile, anzi sembra che i riscontri di cui sono entrati in possesso abbiano confermato che Andreotti fosse riuscito ad ottenere il famoso «memoriale», trovato ed «epurato» dai servizi dell'antiterrorismo. «Si sono raccolti - scrivo- no i magistrati - elementi probatori che indicano che Pecorelli potesse essere a conoscenza della consegna ad Andreotti di materiale inedito proveniente dal sequestro dell'on. Moro rinvenuto in via Montenevoso e non sottoposto a sequestro». Su questi particolari viene ritenuta interessante la testimonianza di Franco Evangelisti, capocorrente andreottiano. Come sarebbero andati i fatti, secondo i giudici? Pecorelli - siamo nel 1978 - segue la traccia dello scandalo Italcasse, sorta di organismo finanziatore degli andreottiani (vicenda molto simile all'odierna tangentopoli). Scopre un giro vorticoso di assegni e si accinge a farne materia di un articolo per la sua rivista dal titolo «Gli assegni del Presidente». L'operazione viene bloccata, sembra, perché al giornalista vengono pagati (la famosa cena alla «Famija Piemonteisa») 40 milioni di lire. Ma la cosa non si ferma lì, perché - il testo del documento chiarirà parecchi particolari - Pecorelli intuisce (o viene informato da qualcuno?) la vicenda del memoriale di via Montenevoso e alza il prezzo del ricatto. I giudici romani hanno ricostruito il movimento di quegli assegni: un miliardo e mezzo (oggi sarebbero almeno dieci) di titoli provenienti dalla Sir e finiti agli andreottiani i quali ne avrebbero smistato una parte persino ad esponenti affiliati alla cosiddetta Banda della Ma¬ gliana di Pippo Calò. Ed esattamente al suo prestanome Domenico Balducci (ucciso nel 1980) e alle imprese «Sofint» e «Flaminia nuova». Sarebbe questo il nesso tra la corrente andreottiana e la mafia, di cui hanno parlato i pentiti interrogati nuovamente in Usa. Ma non è tutto: c'è un teste che ha sottoscritto un verbale con cui dichiara di essere stato intimidito da persona vicine all'on. Andreotti (fa il nome di Carlo Zaccaria, della segretaria particolare del senatore a vita), perché testimoniasse che con i soldi dell'Italcasse Andreotti non c'entrava nulla. H teste è Ezio Radaelli, patron del Cantagiro, che in un primo momento aveva seguito il consiglio di Zaccaria negando tutto, ma poi ha confessato. Anche il segretario avrebbe infine ammesso. Pecorelli e Dalla Chiesa, vittime dello stesso movente? Per ora i giudici si limitano a far osservare una serie di «coincidenze». Sono documentati molti incontri fra il giornalista e il generale, tra il giornalista e lo stesso Andreotti, anche nell'immediatezza del ritrovamento del primo «memoriale Moro». Preziosissime, in proposito, le testimonianze di Franca Mangiavacca, ex segretaria di redazione di Op legata sentimentalmente a Pecorelli, e di Egidio Carenini, ex deputato iscritto alla P2. Insomma la richiesta di autorizzazione a procedere promette tante sorprese. Anche sul «caso Moro». Dalle indagini, infatti, sarebbe dimostrato - come avevano detto i pentiti - che Cosa Nostra fu interessata al tentativo di salvare lo statista democristiano. Ci furono trattative, interrotte tra il 9 e il 19 di aprile. Buscetta fu interpellato in carcere, proprio come aveva raccontato. Francesco La Licata Assegni per miliardi sarebbero stati girati anche ad esponenti della banda della Magliana. «Pressioni su un teste perché non danneggiasse Andreotti» I

Luoghi citati: Cinisi, Milano, Roma, Usa