Salari, si rischia la rottura

Salari, si rischia la rottura Salari, si rischia la rottura Giugni: Abete così non ci aiuta Trentin: ci vuole inginocchio ROMA. Si è ad un passo dalla rottura della trattativa triangolare sul costo del lavoro. Questa mattina a Palazzo Chigi si apre il «match» decisivo Confindustria-sindacati e il presidente del Consiglio Ciampi avrà il suo bel da fare per evitare un completo fallimento. Le previsioni della vigilia non sono incoraggianti: l'«aut aut» del presidente degli industriali Luigi Abete («Certo non aiuta», ha detto ieri sera il ministro Gino Giugni) ha provocato reazioni durissime nel fronte sindacale e all'interno della Cgil c'è già chi minaccia una vasta mobilitazione dei lavoratori privati e pubblici, nonché la proclamazione di uno sciopero generale di protesta a breve scadenza. La situazione è precipitata in poche ore. Ieri Abete, intervenendo all'assemblea annuale della Federchimica, ha alzato il tiro con un ultimatum preciso: «O al tavolo delle trattative con governo e sindacati si raggiunge un accordo sul doppio livello di contrattazione, nel senso che non si ripetano le sovrapposi- zioni del passato, oppure come presidente della Confindustria chiederò formalmente a tutti gli associati di fare solo i contratti aziendali e non quelli di categoria. Il sindacato non può pensare di tornare indietro, mentre si deve compiere il massimo sforzo per integrare il Paese nel sistema europeo, puntando ad una efficace politica industriale, alla riduzione del costo del denaro e ad una sana politica del costo del lavoro». Il vicepresidente della Confindustria Carlo Callieri conferma che, se non si arriverà sollecitamente all'accordo, la stagione dei contratti a fine anno si aprirà fabbrica per fabbrica, senza «alcuna mediazione». Però Callieri ha ancora fiducia che il negoziato possa andare a buon fine, nonostante le bordate infuocate delle ultime ore. «Oggi - precisa - la palla è in mano al governo, che ha la responsabilità di condurre il confronto e, quindi, ci sono certamente tempi, modi e margini perché si esca da questa situazione con una soluzione che scaturisca dalla trattativa». In sintonia, una breve dichiarazione del vicepresidente della Fiat Umberto Agnelli: «Io credo che le tecniche negoziali siano tante. Mi pare ancora che il quadro del confronto sia aperto. Mi auguro che tutti si rendano conto della delicatezza del momento e che, pertanto, si giunga ad una intesa nell'interesse del Paese». Ma l'ultimatum del presidente della Confindustria è stato raccolto dai sindacati come una vera e propria dichiarazione di guerra. «A questo gioco - replica il leader della Cgil Bruno Trentin non ci stiamo. L'uscita di Abete rispecchia il suo disegno: avere il sindacato in ginocchio. La sua non è una proposta razionale. Essa rivela con tutta evidenza che in questa vertenza la partita non è sui soldi, ma sul tentativo di fare carta straccia dei diritti individuali e collettivi». La drammatizzazione del confronto, osserva il segretario confederale della Cgil Sergio Cofferati, «avrà certamente effetti sulla trattativa, ma Abete sappia che il sindacato è pronto a sostenere con la lotta i suoi obiettivi». Il numero due della Cisl, Raffaele Morese, avverte che a questo punto serve una trattativa stringente e non dispersiva che alimenta polemiche fra un intervallo e l'altro. Il governo, a suo avviso, non deve consentire che il tempo scorra inutilmente perché «una sovrapposizione del negoziato alla discussione sulla legge finanziaria può diventare una miscela micidiale». Non meno forte la reazione del segretario generale della Uil Pietro Larizza: «Abete trasmette minacce da un altro pianeta. Le sue dichiarazioni riflettono più una voglia di liberarsi del negoziato che una alternativa realisticamente praticabile. Se mancherà l'accordo non ci sarà un modello negoziale, ma tanti modelli, categoria per categoria, a seconda del rapporto di forza: sarà il caos». Gian Cario Fossi

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