Voragine nell'occupazione

Nel primo trimestre la grande industria ha perso il 6,5% dei posti Nel primo trimestre la grande industria ha perso il 6,5% dei posti Voragine nell'occupazione Sul costo del lavoro sono tutti contro tutti ROMA. Le ultime rilevazioni Istat confermano il trend negativo nella grande industria: calano l'occupazione e le retribuzioni. Il saldo fra ingressi e uscite di lavoratori nelle aziende con oltre cinquecento dipendenti - nel raffronto tra il primo trimestre '92 e il corrispondente del '93 fa emergere un calo di occupati del 6,5 per cento. Una flessione che si è verificata sia nella categoria degli operai e apprendisti, sia in quella degli impiegati e intermedi. Ed è generalizzata in tutti i rami. Significativa la discesa dell'8,7% nei settori delle costruzioni e mezzi di trasporto e del 12,2% in quello della produzione e prima trasformazione dei metalli. Le retribuzioni sono diminuite dell'1,9%, con valori oscillanti tra il -1,4% dell'alimentare, tessile, legno e altre manifatturiere, e il calo del 6,1% dell'industria dell'energia, gas e acqua. Sempre tra gennaio e marzo '93 (62 giorni lavo-, rativi) e gennaio-marzo '92 (63 giorni), le ore effettivamente lavorate per dipendente sono diminuite del 4,5%, una flessione che ha interessato tutti i settori industriali: si oscilla fra il meno 2,2% dell'industria dell'energia ed il meno 5,8% di quella della lavorazione e trasformazione metalli. E diminuisce anche il costo del lavoro medio per dipendente: del 4,1% tra i due trimestri a confronto. ROMA. «Un calo di occupati del 6,5%, da un anno all'altro? Ma è spaventoso; non ricordo un altro così pesante», dice Gianmaria Gros-Pietro, economista industriale, a cui chiediamo un commento a caldo delle rilevazioni Istat. Parlano i numeri e dipingono un quadro a tinte fosche, la conferma che la grande industria è sprofondata nel tunnel della crisi. Non si salvano gli operai, e neppure i colletti bianchi e i quadri, espulsi a folte schiere. E chi resta in produzione ha buste-paga sempre più leggere. Professore, la grande industria più vulnerabile della piccola? «In effetti la grande industria sconta le sue rigidità, ma credo che siamo alla resa dei conti. La disoccupazione nascosta nel '92 dalla cassa integrazione sta affiorando in tutta la sua preoccupante dimensione». Non era prevedibile? «In gran parte sì; siamo di fronte ad una crisi con¬ giunturale che colpisce settori con un elevato rapporto di addetti: auto, informatica, aeronautica, industrie collegate alla produzione militare, parzialmente anche i beni strumentali. C'è stata forse una sottovalutazione. Nella seconda metà del '92 tutti dicevano che ormai "il peggio è passato", sperando nel- ietro «Con un mercato alla fame, in cui si compra meno - è crollato del 20-25% - è difficile scalzare i prodotti della concorrenza, a maggior ragione se si è puntato troppo sui prodotti tradizionali». Ma il docente di Economia e politica industriale, mette il dito su una «piaga» delicata, i cui riflessi sull'azienda Italia non sono ancora stati sufficientemente valutati: «Non si è ancora parlato dell'effetto "Mani pulite" in termini di occupazione. Le ripercussioni di Tangentopoli hanno portato alla chiusura di moltissimi cantieri. E sappiamo, come ci aveva spiegato Keynes con la sua ricetta, quando i cantieri chiudono si crea un circolo vizioso che coinvolge in modo diffuso più centri di produzione, con tutto quello che ne consegue per l'occupazione». In effetti, è significativa la discesa degli oc¬ cupati di ben l'8,7% nei settori delle costruzioni e mezzi di trasporto e del 12,2% in quello della produzione e prima trasformazione dei metalli. E la nota dolente delle retribuzioni? Professor Gros-Pietro, come valuta la loro flessione dell'1,9% nel primo trimestre '93? «E' un calo pesantissimo, zioni gioca un è difficile zione degli stipendi mix di fattori per cui formulare una valutazione precisa. Certo, l'accordo di luglio sul costo del lavoro ha frenato la dinamica salariale, ma non ha certo provocato la discesa». In effetti, dai dati Istat si scopre ad esempio che le ore effettivamente lavorate per dipendente sono diminuite del 4,5%, una flessione che ha interessato tutti i settori industriali. E nel calo del livello retributivo si deve tener conto della corresponsione a gennaio e marzo '92 di consistenti ratei di «una tantum», previsti dai contratti all'epoca vigenti nel settore dell'energia, gas ed acqua ed a gennaio '92 in quello alimentare. Tutto sembra confermare che il '93 è ancora più «nero» del '92. Stefanella Campana l'effetto trainante dell'economia degli Usa. Ora eccoci a questi dati. Le speranze sono lontane» Ciampi ha messo in primo piano nel suo programma il problema della disoccupazione. L'azienda Italia in panne, a partire dalla grande industria: perché? ma non credo che basti per salvare la grande industria». L'Istat spiega che le buste-paga si alleggeriscono dell'1,4% nell'alimentare, tessile, legno e altre manifatturiere, ma addirittura del 6,1% dell'industria dell'energia, gas e acqua. «Nella composi- Per l'economista Gros-Pietro «Mai un tonfo così forte nel mondo produttivo» «E il crollo delle retribuzioni non basterà a salvare le imprese in difficoltà» Gianmaria Gros-Pietro docente di economia e politica industriale all'Università degli Studi di Torino A sinistra Bruno Trentin Sotto Umberto Agnelli

Persone citate: Bruno Trentin, Ciampi, Gianmaria Gros-pietro, Gros-pietro, Keynes, Professor Gros-pietro, Stefanella Campana, Umberto Agnelli

Luoghi citati: Italia, Roma, Torino, Usa