L'amante invisibile di Bruno Quaranta

l'amante invisibile l'amante invisibile Maupassant, insiste con la sua schermaglia: «E se fossi un uomo?», azzarda. Allega uno schizzo che illustra l'ipotesi, un grasso signore addormentato su una sdraio in riva al mare, sotto una palma, boccale di birra, sigaro. «Adesso capisco, mascalzone», risponde Maupassant dopo aver lasciato passare quindici giorni. «Siete un professore di liceo... D'ora in poi non sarò più galante (lo ero?) e vi tratterò da professore, cioè da nemico». A sua volta si descrive, con diversa malizia: «Amo accovacciarmi all'orientale su un divano. Il mio pittore, tra i moderni? Millet. Il mio musicista? Ho orrore per la musica! Preferisco in realtà una donna graziosa a qualsiasi arte. E metto una buona cena, una cena vera, una cena rara, quasi sullo stesso piano della donna graziosa». Lei continua il giochetto del¬ Storie di eroi non per caso tra quadri andati in fumo e scoppi di polveriere dionale (il terremoto di Avezzano, 1915) e durante la Grande Guerra, l'agonia del Teatro Regio (9 febbraio 1936), il varo (1941) del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco, il calvario della Seconda guerra mondiale nella città continuamente bombardata. L'escursione di Michele Sfor- l'omaccione rozzo. Si lancia persino, così mascherata, in un'allusione, «al fatto brutale che Monsieur Dumas figlio chiama Amore». E firma: «Savantin, Joseph». Maupassant è ormai prossimo a spazientirsi: «Mio caro Joseph - scrive - la morale della vostra lettera è questa, vero? Siccome non ci conosciamo, non abbiamo soggezione uno dell'altro, parliamoci con franchezza come due vecchi amici». Passa al tu: «E se non sei contento, rivolgiti a Victor Hugo che ti chiamerà Caro poeta». Poi calca un po' pesantemente la mano, consigliando all'«amico» i migliori bordelli di Parigi: «In questo momento in rue Jobert c'è un fenomeno, un mostro affascinante che ho scoperto l'estate scorsa a Clermont-Ferrand. Puoi anche andare in rue Colbert, semplice e buono. Rue des Moulins, caro e mediocre. Rue Taitbout, non merita la fama che ha. Rue Feydeau, media onesta. Rue d'Amboise, al Tumulte, casa decaduta. Diffida delle specialità, in questo momento non valgono granché». Sono notizie fresche, assicura, ha fatto la sera prima un giro d'ispezione. Poi conclude: «Non ho nessuna voglia di conoscerti. Sono sicuro che sei brutto. E poi trovo che ti ho già mandato abbastanza autografi. Ma lo sai che, a seconda del contenuto, valgono da 10 a 20 soldi l'uno? Ne hai almeno due da 20 soldi». «Lettera grossolana e stupida», annota Marie nel suo diario. «Rivoltante ricerca del lato bestiale dell'amore». Lo stesso giorno scrive a Maupassant parlando di sé come di «un essere raro circondato di imbecilli». Quanto agli autografi - è decisamente offesa - «li ho già venduti in America a un prezzo folle». Lo scrittore, divertito, accenna delle scuse. Ma per lui è arrivato il momento di stringere. Propone un incontro. Marie è scandalizzata: «Non siete all'altezza. Mi dispiace. Come avrei gradito riconoscervi tutte le superiorità, avrei avuto qualcuno- con cui parlare». Per Maupassant la partita è chiusa. «Se sapeste signora... Non mi importa nulla né del valore morale né del valore artistico. Nella vita non mi importa di nulla, uomini, donne, fatti. Eccola la mia professione di fede. E aggiungo, questo forse faticherete a crederlo, che non tengo a me più che agli altri. Tutto si riduce a: noia-farsa e miseria». E' il 13 maggio 1884. Lei insisterà ancora provocandolo: se un'avventura è facile non vi attira, se è troppo difficile vi tirate indietro. Tenterà lusingandolo, facendo nuove moine, anche umiliandosi. Non avrà più risposta. Continuerà a tormentarsi sul silenzio di Maupassant e si spegnerà il 31 ottobre (venticinquenne) dopo aver chiesto, pare, la distruzione delle sue lettere. Invano. Gli esegeti affermano che Maupassant non fece mai nulla per saperne di più sulla bella sconosciuta. Gabriella Bosco Due illustrazioni tratte dal volume «Pompieri» di Michele Sforza, pubblicato daAllemandi za, come detto, si arresta al 1945. L'autore assicura che un seguito ci sarà, fino ai nostri giorni. Altri fuochi, da Superga allo Statuto. Intrecciati con falò romanzeschi: Palazzo Reale brucia in La coda della cometa di Italo Cremona, Palazzo Madama in Domingo il favoloso di Giovanni Arpino. «Buchi nel cuore» dell'aridità, dell'indifferenza, della stupidità metropolitane, secondo le intenzioni dei due scrittori. Mali che nessun pompiere, nessun caporal Robbino, saprebbe domare. O anche solo occultare con un telone, estremo gesto di pietà. L'ottimismo è una moneta fuori corso, remota, come il cittadino d'un racconto di Palazzeschi a cui toccò la felice sorte di scoprire nella scatola abbandonata in mezzo alla piazza non una bomba, ma un cestino di fichi secchi. Bruno Quaranta

Luoghi citati: America, Avezzano, Clermont-ferrand, Mali, Parigi