DE CONCINI: SULLA MAFIA VI RACCONTO LA VERITÀ'

DE CONCINI: SULLA MAFIA VI RACCONTO LA VERITÀ' DE CONCINI: SULLA MAFIA VI RACCONTO LA VERITÀ' Ma ora la vecchia ambizione si prende una rivincita: è da poco in libreria La verità. Il vero romanzo della mafia (SugarCo, pp. 194, L. 25.000). Nel suo minuscolo studio di piazza Ungheria ai Parioli, De Concini racconta: «Ho scritto migliaia e migliaia di pagine per films, soprattutto per annegare il dolore, per dimenticare la malattia di mio figlio, afflitto da gravi disturbi psichici. E' stato anche un modo per me di vivere in maniera dissociata, incongrua. Io sono come un topo e l'unica cosa che mi piace è stare da solo con le mie carte e lavorare». Dice che sta scrivendo a quattro mani con il giornalista Fantasia la sua autobiografia che avrà come titolo «Memorie di un fallito di successo». Ma, altro che fallimento: del funambolo del cinema italiano si raccontano mirabolanti imprese nel tirar fuori dal suo magico cappello un'intera sceneggiatura in alcune ore, durante una sola nottata. E anche La verità è nato così di getto. A seguito di una telefo¬ HROMA A stracciato, ridotto a pezzetti il suo primo romanzo già pronto in bozze, perché non se ne sentiva abbastanza sicuro. E' stato caporedattore della Fiera letteraria, rivista di cultura fra i più importanti del dopoguerra, e poi ha bruscamente voltato le spalle alla letteratura ed è stato risucchiato dall'esperienza della celluloide: ha sceneggiato almeno 200 film e tantissimi programmi televisivi, fra cui la Piovra. Però Ennio De Concini, uno dei più famosi e prolifici autori di cinema italiani, nella cui attività brilla persino un Oscar (per Divorzio all'italiana), di quel romanzo ridotto in cenere ha un grande rimpianto. Si rammarica di non aver avuto la pazienza di riscriverlo, lasciandosi travolgere da una valanga di «ciack», dalle Fatiche di Ercole a Guerra e pace di King Vidor. Spielberg cambia i finali Un romanziere scrive, un regista lo invita a cambiare il finale prima della publicazione se vuole che la sua storia diventi film. Quando il regista è Spielberg si obbedisce. Almeno così ha fatto William Harrison, scrittore miliardario di bestseller come le Montagne della luna e Madre terra, padre cielo (Sonzogno e Bompiani) e di sceneggiature come quella di Rollerball. InUpriver (che l'agente letterario Santachiara porterà in Italia) il protagonista è una sorta di nuovo Indiana Jones tutto cuore e azzardo in un'avventura africana. «Il mio finale - dice Harrison - era melanconico mentre Spielberg vuole il massimo di azione...». Mirella Appiotti nata dalla Sicilia, lo scrittore ha creduto di essere finito in un vortice, in una storia fatta un po' di foiba e un po' di realtà. Una persona bene informata sulla mafia gli ha raccontato in dettaglio tanti frammenti di «verità». E nel romanzo, in cui un giudice interroga un pentito di mafia che si fìnge pazzo, i personaggi - alcuni riconoscibili, altri nominati con nome e cognome - vanno da Andreotti al giudice Carnevale, a Salvo Lima. Sopra di loro si estende una «cupola» di grande mistero, e chi indaga tocca le vette dell'allucinazione. «Il mio è stato un destino singolare - riflette De Concini -, la pazzia vi ha giocato sempre un ruolo importante. Anche io, tutto sommato, ho vissuto in maniera folle: sempre condizionato dal timore per il futuro, con tante insicurezze anche psicologiche. Ma proprio perché spinto da una coazione, mi è restato di tutto quello che ho fatto come un sapore amaro in bocca». Come si ricorda gU scrittori e critici con cui lei collaborava alla Fiera letteraria? «Con me c'erano Angioletti, Gargiulo, Baldini e Ungaretti. A quest'ultimo ero molto affezionato. Era una persona dolcissima nonostante le apparenze di carattere burbero e scostante: l'unico che lo faceva andare su tutte le furie era Montale. Ne temeva la concorrenza. Non si controllava, diceva persino che l'autore degli Ossi di seppia aveva scopiazzato da lui molti versi. Comunque la rivalità mi è sempre sembrata anche un grande stimolo. Tra poeti era molto diffusa: mi ricordo quando Saba con un sorrisetto agro diceva "Quel povero Pennino", indicando Sandro Penna». Dopo che ha lasciato il mondo letterario, ha frequentato molti scrittori? «Moravia, con cui ho lavorato al soggetto di Sensualità; Gadda, compagno di lunghe passeggiate, e poi Pasolini e De Libero». Veramente lei si considera un fallito anche se di successo?

Luoghi citati: Indiana, Italia, Sicilia