I DUELLANTI

I DUELLANTI I DUELLANTI Fortini e Pasolini: un'amicizia al veleno CROMA ON la forza di una pulsione irrefrenabile, di un impeto d'ira, di un imperativo ideologico, «dovevo ingiuriarlo». Che è come dire: dovevo farlo a pezzi, infilzarlo, spaccargli (metaforicamente, s'intende) il muso. Insomma annichilirlo, quell'esibizionista di Pier Paolo Pasolini, quell'emulo di D'Annunzio e Malaparte, quel «bardo di Kossighin» che aveva accettato di farsi ancella della più «volgare propaganda». Franco Fortini non aveva scelta: con lo scritto del 1968 contro gli studenti e a favore dei poliziotti «figli del popolo», Pasolini aveva oltrepassato il segno e perciò «doveva» essere ingiuriato. Dunque, giù botte da orbi, con perfidia e calcolata efferatezza: «a Pasolini è meglio dargli qualcosa da leggere o da scrivere perché non disturbi»; «codesta del Pasolini è una riuscita carta acchiappamosche. Ora bisogna buttar via le mosche e la carta»; «Pasolini è un nemico del popolo più di quasi tutti i poeti italiani viventi messi insieme» (sebbene, Fortini è troppo intelligente per non riconoscerlo, un «nemico del popolo» può anche rivelare «una verità preziosa» mentre «il devoto a una causa giusta» nondimeno può ben figurare nella folta galleria degli «sciocchi» e dei «cialtroni»). Capitolo cruciale, questo della ingiuria «dovuta» e quasi architettata a freddo, nello psicodramma intellettuale allestito da Fortini in Attraverso Pasolini (Einaudi, pp. 258, L. 24.000). Itinerario autobiografico costellato di spine e insufflato d'amoreodio che assomiglia alla trasposizione nell'Italia del dopoguerra della storia degli eterni «duellanti» raffigurati nel racconto di Conrad portato sugli schermi da Ridley Scott, esempio da manuale di una simbiosi mai digerita e perciò conflittuale, impastata, parole di Fortini, di «ammirazione, devozione, stima e reciproca competitiva aggressività» nonché nutrita di «invidia, rancore, amore, narcisismo frustrato» e quant'altro Fortini ha voluto offrire «con poco pudore» a «chi se ne accontenta». Curioso che la persistenza pressoché immutata di questi «psichismi» a diciotto anni dalla scomparsa di uno dei due duellanti sia stata interpretata come rappacificazione postuma sol perché Fortini ammette di non aver avuto «ragione» in quel furioso e pluriennale duello (affrettandosi ad aggiungere che anche lui, PPP, peraltro «aveva torto»). Come se l'epicentro emotivo e concettuale del libro non fosse quell'infinito inseguirsi, annusarsi, ingiuriarsi, farsi male che ha impegnato due protagonisti della vita intellettuale della Prima Repubblica con un'ossessività che al «giovane di oggi», confessa Fortini, non potrà non apparire paurosamente somigliante a qualcosa esistenza «pubblica». Amici e sodali, Fortini e Pasolini si scambiano un'infinità di lettere dalle cui righe trasuda il senso di un accanimento reciproco le cui motivazioni profonde restano tuttora inspiegabilmente misteriose. Fortini a Pasolini, 1958: «... ti rimprovero una soggettivamente ma non oggettiva- mente innocente nebulosità». Pasolini a Fortini, 1959: «Sii meno secco, malfidato, violento e sgarbato». Risposta di Fortini: «Tu mi giudichi male: e, con la tua ultima lettera, mi hai anche, gratuitamente, offeso... Ma io non ti ho mai nascosto che ho una certa diffidenza obiettiva nei tuoi confronti». Replica di Pier Paolo Pasolini; a destra., Franco Fortini: Rinaudipubblica Usuo itinerario «Attraverso Pasolini» Un libro per «far pace» ma anche un addio al «mondo di ieri» fatto di riviste, scontri intellettuali f inai per sempre sua partner nei balli, conserva ancora oggi un trofeo vinto con lui in una gara di samba. E quell'altra tendenza, che avrebbe provocato tanto scandalo, fino a farlo cacciare dal Friuli? Gli amici della meglio gioventù sorvolano, alcuni dicono addirittura di non crederci. «Pasolini si è sempre comportato bene con noi dice Ernesto Chiaretto, classe 1929 -. A una festa Vanilio Drina, che non consideravamo molto affidabile, ci ha detto che secondo lui era oreciòn. Lo abbiamo fatto tacere». «Poi, chissà cosa sarà stato, Pier Paolo ha cambiato rotta», confessa Antonio Cicuto, che ospitava la Academiuta di Pasolini nella sua casa. Il sentimento di questi compaesani verso lo scrittore non è mai cambiato. Come quello di Pasolini verso di loro. «Compagni così cari non ne troverò neanche a girare tutto il mondo», scriveva ad Archimede Bortolùs, quando era già a Roma con i ragazzi delle borgate. Giorgio Calcagno Viaggi in tutto il mondo, incassi strepitosi, amicizie con personaggi famosi, da Kruscev ai grandi dello schermo, da De Sica ad Antonioni a Kubrick a Mastroianni alla Loren: tutto questo non le è piaciuto? «Certo, ma vi sono stati'lunghi periodi bui. Mi ricordo quando andavo a trovare Kruscev, era molto affabile ed era un grande ammiratore del Ferroviere e di Divorzio all'italiana. Passavamo ore e ore a bere di tutto, dal whisky allo champagne alla vodka. Dopo qualche ora scivolavo sotto al tavolo. Lui resisteva molto meglio». Fra i suoi amici, chi l'ha aiutato nei momenti difficili?

Luoghi citati: Friuli, Italia, Roma