MILOSZ di Pierluigi Battista

In questo numero: l'America di maclean a pesca di nostalgia [di masolino d'amico] o* fortini: da quarantanni duello con Pasolini [di Pierluigi battista] (£f Pensando a sereni: meno rock, più poesia In questo numero: l'America di maclean a pesca di nostalgia [di masolino d'amico] o* fortini: da quarantanni duello con Pasolini [di Pierluigi battista] (£f Pensando a sereni: meno rock, più poesia [di frutterò e lucentini] (LTmaupassant cent'anni dopo: un amore invisibile [di Gabriella bosco] o* y trio rì hì fascista per ribellione al padre [di Oreste del buono] o* Scrittori in viaggio: una mostra a Milano [di michele neri] o" La o e r m a n i a vista dall'Italia [di lalli mannarini con interventi di Bolaffi, Rusconi, vertone] o* I giochi di bartezzaghi MILOSZ Un 'Europa di liberi pensatori r SENSO VORREI dire qualche parola sugli innamorati. Nelle terre dei ghiacci e delle nevi, dei lunghi inverni e delle tarde primavere, in altre parole nell'Europa del Nord, NordEst ed Est, abitava un tempo una singolare tribù di adoratori del greco e del latino. Normalmente erano professori in scuole superiori e cercavano di trasmettere agli allievi il loro entusiasmo per l'esametro o il verso saffico, di interessarli alle avventure di Odisseo, di insegnare loro come districare la complessa sintassi di Orazio. Potevano vivere a Oslo o Bratislava, Uppsala o Cracovia, San Pietroburgo o Rostov sul Don, o in piccole località a malapena presenti negli atlanti geografici, ma tutti volgevano il loro sguardo a Sud, verso il sole e le coste del Mediterraneo. Che fossero scandinavi, tedeschi, polacchi o russi, avevano anche un'altra patria, greco-latina. I loro nomi, ricordati per un po' dagli studenti, sono ormai caduti nell'oblio, e dunque è giusto rammentare che sono esistiti. E' vero che fra loro vi erano traduttori di Omero e dei poeti latini in lingue poco usate o addirittura in dialetti, Omero in dialetto svizzero-tedesco solo per fare un esempio. Il valore di queste traduzioni era solo filologico, ma alcune di esse acquistarono un posto fìsso nella storia di una lingua, e portarono ai loro autori una modesta fama. Nelle scuole della zona che ho in mente (che nel XIX secolo comprendeva Germania, Russia e l'impero austro-ungarico) il latino è stata una materia importante fino al 1914. In alcuni Paesi della zona lo fu fino al periodo fra le due guerre, e scomparve definitivamente dopo la seconda guerra mondiale. In questo modo finì una lunga simbiosi delle varie lingue locali con la retorica e la poetica dell'antichità. Questo fatto non è privo di significato, soprattutto per chi si interroga oggi sulla situazione della poesia in Europa e America, alla fine del XX secolo. Questo mio omaggio agli amanti delle culture mediterranee è motivato da ragioni molto personali, soprattutto dall'attaccamento alla memoria del mio professore di latino. Apparteneva alla generazione che finì i suoi studi universitari prima del 1914, a Cracovia, allora parte dell'impero austroungarico. Nella mia scuola si insegnava solo il latino, non più il greco. Tra i miei conoscenti solo chi è andato a scuola prima della prima guerra mondiale era capace di leggere Omero nell'originale e conosceva a fondo gli autori greci. La cosiddetta «educazione classica» e le scuole elitarie non riuscirono a proteggere l'Europa dal crimine e dalla foiba col lettiva, eppure io penso con nostalgia alla scomparsa del greco LA STAMPA Supplemento al numero odierno Speli. in abb. postale f»r. 1 70 tuttolibri ANNO XVIII. GIUGNO 1993 E nullaSe così fLa paroChe coNei caE prote l // Premio Nobel per la letteratura Czeslaw Milosz «Non dimentichiamo le radici della nostra patria greco-latina: l'eredità dell'umanesimo è la capacità dì confrontarsi e di cambiare opinione» opnee pi e del latino. Oltretutto la civiltà mediterranea oggi è presente comunque, in modo diverso, più attraverso le immagini che le parole. Nonostante ciò quando penso a quel che ho imparato dal mio professore di latino, mi viene spontaneo tracciare una linea che divide in due la storia della poesia europea o americana. Da una parte della linea vi sono coloro che ancora usano i «topoi», simboli e allusioni che si sono ripetuti per molti secoli e sono quello che chiamiamo l'eredità dell'umanesimo. Dall'altra parte vi sono coloro le cui menti si sono formate a un altro tipo di scuola, dove il posto delle lingue antiche è stato preso da biologia, fìsica, sociologia. Esiste poi una generazione «borderline» di cui mi sento di far parte anche io. La scuola a volte ci dà ricordi che persistono con la vivezza di un paradigma. Invece di meditare su ciò che è capitato sulle coste del Mediterraneo un tempo, ciò che ha formato per due millenni la cosiddetta Europa, a me basta ricordare il mio professore di latino. Era un razionalista e un Ubero pensatore, rimasto fedele alla filosofìa greca, e sospetto che si sarebbe pronunciato in favore di Giuliano l'Apostata. Fra lui e il prete che ci insegnava dogmatica, apologetica e storia della Chiesa, era in corso una guerra silenziosa e costante, che per noi studenti aveva l'aspetto di un'appassionata rappresentazione teatrale, persino di un balletto. A tutt'oggi penso che quel che si svolgeva di fronte ai nostri occhi era uno scontro di opposti, fra l'antichità e la cristianità. Una tensione senza la quale non vi sarebbe stata l'Europa. Non so se oggi siamo sufficientemente coscienti del paradosso che poeti come Orazio e Virgilio rappresentavano per la cristianità. Erano assai più difficili da riconvertire di Aristotele o Platone. La dualità e le contraddizioni sembrano la vera essenza dello spirito europeo. Appena dopo aver terminato la scuola, lessi la Montagna incantata di Thomas Mann e nel duello continuo fra l'umanista Settembrini e il gesuita Naphta ritrovai il balletto fra il mio professore e il mio prete. Dicendo addio alla formazione dei filologi classici, che hanno preservato isole di potere nell'università ma quasi ovunque sono scomparsi dalle scuole, non posso non sperare che nuovi tipi di dualismi e contraddizioni, al posto degli antichi, entrino nella mente degli europei, perché lo stimolo dello scambio fra menti, probabilmente inseparabile dalla vocazione europea, sia ancora presente. Czeslaw Milosz Quando morirò, vedrò la fodera del mondo. L'altro lato, oltre l'uccello, il monte e il tramonto. Letture che richiamano l'autentico significato. Ciò che non concordava, concorderà. Ciò che era incomprensibile, sarà compreso. E se non esiste fodera del mondo? Se il tordo sul ramo non è affatto un segno Sob un tordo sul ramo, se il giorno e la notte Si susseguono senza badare al senso E nulla esiste sulla terra oltre a questa terra? Se così fosse, comunque resterà La parola una volta destata da labbra malferme, Che corre, corre, infaticabile messaggero, Nei campi interstellari, nel turbinio delle galassie, E protesta, chiama, grida. [Czeslaw Milosz] Da «Nuove contrade» (19911: la raccolta di poesie, tradotte da Pietro Marchesani, uscirà in Italia da Adelphi J elphi J Durante i lunghi anni dell'esilio, non ho mai avuto la tentazione di scrivere in un'altra lingua che non fosse quella della mia infanzia. Ho continuato non solo a scrivere in polacco, ma anche a maneggiare argomenti e paesaggi tipici della mia area di origine. E' stato come scegliere coscientemente una probabile sconfitta, e la rispondenza che ho trovato in alcuni dei miei lavori, accessibili al pubblico solo in forma di traduzione, mi ha sorpreso come un privilegio inaspettato. Non mi sono mai considerato uno scrittore politico eppure non posso ancora liberai mi da questa responsabilità. Guerre e oppressioni mi hanno confinato nell'angolo della poesia di rabbia e protesta verso il genocidio. E più tardi, in esilio, ciò che è capitato in Polonia e negli altri Paesi della zona, specialmente in Lituania, dove sono nato, mi ha profondamente coinvolto. Devo confessare di nutrire un sogno, il sogno di un'Europa centrorientale che emerga dall'esperienza di guerre e totalitarismo saggia abbastanza per vivere in pace e tolleranza e per resistere alle tempeste spirituali della tecnologia avanzata. Ora, vedendo ciò che accade nell'ex Jugoslavia, il mio pensiero è pieno di orrore e pietà. Se nella sofferenza c'è una responsabilità e una colpa comuni a tutta Europa, chi viene da regioni etnicamente e religiosamente miste, come me, sente una doppia colpa se non agisce per prevenire crimini simili nel suo Paese. Come molte persone, non mi aspetto cambiamenti politici rapidi nel nostro continente. Eppure in tarda età ho visto il disintegrarsi dell'utopia comunista e la nascita del problema nazionalista. Spero che non vi dispiaccia se tocco un problema doloroso per tutti noi in questo momento. Il fatto è che credo che scrivere possa far molto per avvertire la gente dei pericoli del nazionalismo. La verità di questa affermazione si può verificare in pratica, per esempio in Polonia, dove la comunità di scrittori adesso cerca di dare il suo contributo per le buone relazioni fra Stati vicini. Come membro di quella comunità, traggo una cer ta soddisfazionze dall'armonia delle mie opinioni con quelle dei miei collegbi, che lavorano per un'Europa senza odi tribali o razziali cgp

Persone citate: Bolaffi, Czeslaw Milosz, Gabriella Bosco, Oreste Del Buono, Pasolini, Pietro Marchesani, Platone, Thomas Mann