I poveri in Europa sono ormai 50 milioni

I poveri in Europa sono ormai 50 milioni RECESSIONE E DEFICIT Mentre non si allenta la morsa dei disoccupati, che sfiorano il 10,4% della popolazione attiva I poveri in Europa sono ormai 50 milioni Delors lancia l'allarme: «Il Vecchio Continente è in declino» LUSSEMBURGO DAL NOSTRO INVIATO Ancora una volta, ieri, la Comunità europea ha registrato un aumento della disoccupazione, che in aprile ha toccato il 10,4 per cento della popolazione attiva. E mentre i Dodici, vista la scarsità dei mezzi finanziari, sono restii a rafforzare la magra iniziativa di crescita decisa ad Edimburgo, 50 milioni di persone (un settimo dell'intera popolazione comunitaria), vivono al di sotto della soglia di povertà, e rischiano di essere esclusi da una società minacciata di «declino». In Italia, dove il commissario Cee Christophersen dovrebbe arrivare venerdì per esaminare la manovra del governo Ciampi, la disoccupazione marcia al ritmo comunitario: 10,4 per cento. Solo la Spagna ha visto diminuire la percentuale dei disoccupati (20,7 per cento ri¬ spetto al 21 di marzo), mentre Irlanda e Gran Bretagna sono ferme. Un'altra cattiva notizia per l'Europa è venuta dalle indiscrezioni sul rapporto che Christopher sta preparando sulla crescita economica (dovrebbe essere reso pubblico il 16 giugno). Malgrado le precedenti previsioni, che davano la crescita allo 0,8 per cento, i nuovi dati potrebbero indicare una contrazione pari a -0,3. Il presidente della Commissione europea, Jacques Delors, ha così affermato che «mentre riappare la prospettiva di un declino europeo, è arrivato il momento di dare una nuova dimensione alla lotta contro l'esclusione». Secondo Delors, «il modello europeo di società è minacciato» su due fronti: quello interno, «a causa della rottura dei legami sociali, del declino del sentimento di solidarietà e dal¬ l'assenza di un modello di sviluppo che combini competitività, cooperazione ed eguaglianza delle possibilità». E quello esterno, per l'affacciarsi sulla scena internazionale dei Paesi del Terzo mondo o dell'ex impero sovietico che hanno sposato l'economia di mercato, e dunque per l'emergere di un rischio reale di perdita della competitività europea. C'è un modo per assicurare lo sviluppo dei Paesi poveri senza distruggere la competitività, e quindi le basi produttive della Cee? Per far sì che il progresso tecnologico crei impiego, invece di ridurlo? Per non gettar via lo Stato sociale come «un cesto sfondato»? Un modo c'è, afferma Delors, che al prossimo vertice Cee (Copenaghen, 21-22 giugno) vorrebbe vedere approvato un piano ambizioso di rilancio della crescita e di riduzione della disoccupazione. Bisogna innanzitutto raddrizzare i sistemi fiscali, che «soprattassano» il lavoro, una «risorsa abbondante», mentre trascurano le «rare» risorse naturali (aria, acqua ecc). Delors riparte così alla carica, ed alla vigilia del vertice lancia l'idea di «una dichiarazione solenne contro l'esclusione», i cui firmatari (comunità locali, città, organizzazioni non governative) si impegnino moralmente a ristabilire i legami sociali tra tutti i cittadini. Questa «dichiarazione» dovrebbe essere accompagnata da un «manifesto delle imprese», e dall'introduzione di un «passaporto» che garantisca a ciascun «escluso» il diritto «all'inserimento, alla formazione, ad un alloggio decente». Utopie? Forse. Di certo c'è che i Dodici dovranno affrontare le nuove grandi sfide con una sconfortante povertà di mezzi. Fabio Squillante

Persone citate: Christophersen, Ciampi, Delors, Fabio Squillante, Jacques Delors

Luoghi citati: Copenaghen, Edimburgo, Europa, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Spagna, Vecchio Continente