Profondo giallo, nel Medio Evo di draghi e peste nera di Umberto Eco

Profondo giallo, nel Medio Evo di draghi e peste nera 4. DA DONG GUAN A XIAN. A Nord-Ovest sulla via della seta con Umberto Eco e Jacques Le Goff Profondo giallo, nel Medio Evo di draghi e peste nera E il professor Wang Bin racconta: «Così ho sbagliato giocando a Trivial» DISPACCI DALLA CINA VERSO XIAN I sono due Occidenti, ci dicono i professori cinesi che ci accompagnano. Uno è arL v I rivato dal Sud e dal mare, le cannoniere, le grandi potenze. Uno viene dal Nord e dalle montagne. Questo spiega sia lo sdoppiamento d'immagine nel modo in cui gli occidentali hanno visto la Cina (pirati e mercanti, corti e cerimoniali raffinati, taoismo, grandi città, immense campagne feudali), sia le due invasioni da cui la Cina ha visto arrivare gli stranieri, le flotte di minaccia e conquista, e le carovane di mercanti. La minaccia della potenza e l'infiltrazione di una cultura lontana però pacifica. Questo serve a spiegare perché abbiamo vagato per giorni in mezzo al boom rivierasco del delta del Fiume delle Perle. E perché ora si sale al Nord-Ovest, la «Via della seta». Come il lettore ormai sa, il nostro gruppo è formato di europei (Umberto Eco, Jacques Le Goff, Paolo Fabbri, Alain Le Pichon e altri) e di cinesi che si propongono di esplorare non solo ciò che si vede fisicamente ma anche questo secolare sdoppiamento di immagini. La foresta di specchi parabolici che abbiamo visto sui tetti della nuova Cina che sta sorgendo dovunque fa sentire il fiato potente di un altro Occidente, l'America. Nomi, prodotti, banche, cartelloni, bevande, scarpette Nike e grandi «poster» che reclamizzano il gioco del golf, ma soprattutto la Cnn, tutto ciò mostra l'ininterrotta invasione americana di notizie, gesti, modelli, abitudini. Quest'invasione non arriva più dal mare del Sud o dalle montagne del Nord, arriva dall'etere. L'abbiamo chiamata «il terzo Occidente». Ma adesso siamo in viaggio verso Xian, lontano dal mare, dalla crescita frenetica, dal turismo. Ci fermia¬ mo per giorni nel centro della Cina, migliaia di chilometri dai fiumi, dalle montagne, dalla Grande Muraglia che ha separato nei secoli la Cina dal mondo. Tocca a Le Goff, mentre partiamo, fare il punto sull'idea di «Oriente» nella mente europea dei secoli: «E' un mondo ostile da cui vengono i draghi che hanno avuto un ruolo così grande nel Medio Evo europeo; le eresie, le epidemie, la peste nera. E' il popolo designato dalla Bibbia come l'orda di Gog e Magog. Dio per fortuna U ha fermati all'estremo confine del mondo dietro la grande muraglia. Solo alla fine del mondo, come soldati dell'anticristo, faranno irruzione e spargeranno terrore». E dal punto di vista orientale? Risponde uno degli antropologi cinesi: «L'impero mongolo tocca Polonia e Germania. L'impressione è terribile, in Europa li chiamano Tartari, nome che evoca l'inferno nella cultura occidentale. Ma l'impero mongolico ha unito culturalmente decine di regioni europee isolate forgiandole in uniche civiltà, dando un territorio coerente alla via della seta e dunque dei commerci fra due parti del mondo. E poi, in poche decine d'anni, l'immagine mongola, dunque dell'Oriente, diventa positiva per opera dei missionari che parlano di ricchezza, civiltà, tolleranza, spazi aperti per gli stranieri». E' il momento di Umberto Eco: «Non si può capire il rapporto fra Oriente e Occidente oggi senza pensare al ruolo degli Stati Uniti, al modo in cui essi vedono se stessi come l'erede naturale dell'Occidente cristiano, benevolo depositario delle sole regole del bene che possono migliorare il mondo. Ma allo stesso tempo, dentro agli Stati Uniti, le tensioni razziali delle minoranze tendono a spezzare questa nuova persuasione di superiorità e impediscono il formarsi di un nuovo Sacro Romano Impero». Risponde Hu Shouwei, storico dell'Università Zongshuan: «Voi parlate di Via della seta, ma in verità c'è la via della seta e c'è quella del pepe che ha dato sapore alla vita e che era presso di noi anche una medicina. Non dimentichiamo d'altra parte che la Cina è anche l'origine della cultura Zen. Le vie di penetrazione non sono di un solo prodotto, non rispondono allo scopo semplice con cui le vediamo oggi. Gli emissari e i missionari, arrivando in quella che oggi si chiama la Cina, si sono trovati di fronte ad un palazzo con cento porte. Ne hanno aperte soltanto alcune e sono bastate, per un momento, a sbiadire la persuasione del centralismo cristiano». Aggiunge il professor Wang Bin, nostra guida: «La storia continua. Nel 1980 sono andato negli Stati Uniti e mi sono trovato a giocare un gioco tipico fra gli americani, "trivial", che dipende dalla velocità di memoria e di riflessi. Ogni volta che io dicevo "est" come luogo, i miei amici americani mi fermavano: errore! Est vuol dire costa dell'Est, per esempio New York: avrei dovuto dire "oriente". Mi sono reso conto che gli americani formano i punti cardinali a partire dalla loro storia, dalla loro tradizione. Sentono l'America come il centro del mondo. Il resto è periferia dell'impero». Interviene Eco: «In Europa Est e Ovest sono termini geografici, Oriente e Occidente sono definizioni di storia e di cultura». Ma il giovane professor Wang insiste: «Da quello che ho capito dalle parole di Le Goff e Eco, l'Oriente è una concezione confusa e globale, qualcosa che va dalla Persia al Giappone, senza alcuna percezione e persino alcun interesse delle infinite venature storiche, culturali e geografiche che distinguono luoghi dell'Oriente radicalmente diversi. Adesso tocca a noi considerare l'Occidente in modo differenziato, vederlo come tutta una cosa, dall'America all'Europa». A me viene fatto di osservare che incombono sulla nostra cultura, e sulla nostra discussione, tre grandi metafore della Cina: quella dell'Oriente misterioso e imperscrutabile; quella dell'Oriente come fonte di ispirazione e di luce (il «Grande Oriente» della tradizione massonica); quella della Cina come mondo alternativo, futuro dell'umanità così come era stato colto dall'immaginazione giovanile occidentale, in America e in Europa, negli Anni 60. Furio Colombo Mongolia, fabbrica di civiltà