Quello strano conteggio di Gian Antonio Orighi
Quello strano conteggio Quello strano conteggio Più sì allo psoe, 16 seggi in meno MADRID NOSTRO SERVIZIO 22 giugno 1986. Quarte legislative del dopo Franco. Il psoe, il partito socialista di Gonzalez, stravince conquistando per la seconda volta la maggioranza assoluta. Una valanga di voti: 8 milioni 900 mila, percentuale ottenuta 44,3. Seggi alla Camera (su un totale di 350, 176 la maggioranza assoluta) 184. 29 ottobre 1989. Il psoe fa il tris. Voti 8 milioni 80 mila, percentuale 39,5, deputati 175. 6 giugno 1993. Gonzalez fa poker. Il suo psoe ottiene 9 milioni 70 mila voti alla Camera. Guadagna cioè quasi 100 mila suffragi rispetto alle legislative dell'86 e ben quasi un milione rispetto a quelle dell'89. La maggioranza assoluta dovrebbe quindi esse¬ re di nuovo assicurata. Macché. Il cervellone del ministero degli Interni aggiudica ai socialisti solo 159 seggi alla Camera. Una perdita di 16 seggi che costa loro la maggioranza assoluta. Un errore del computer? No, la ferrea applicazione costituzionale del sistema elettorale spagnolo del '78, una proporzionale corretta con il sistema D'Hondt. Ma 1'«anomalia spagnola» non finisce qui. I comunisti di Izquierda Unida, con ben 2 milioni 246 mila voti, percentuale 9,5, hanno racimolato un bottino davvero modesto: 18 deputati. Coalicion Canaria, gli autonomisti delle Isole Canarie, invece, hanno fatto tombola: con appena 206 mila voti, percentuale di 0,8, ottengono 4 rappresentanti alla Camera. «E' un sistema elettorale profondamente ingiusto e antidemocratico», tuonava domenica notte Rafael Calva Ortega, il presidente del centrista Cds (l'ex partito di Adolfo Suarez) che, con 410 mila voti e una percentuale dell'1,7, non ha preso neppure un deputato. Il sistema elettorale spagnolo, votato all'unanimità nel dicembre del '78, premia fortemente i partiti maggioritari. Venne scelto proprio per evitare il «modello italiano», la proporzionale secca che favorisce l'atomizzazione dei partiti da sempre vista come il fumo negli occhi dai politici spagnoli. Funziona così: il regno viene suddiviso in 52 province, cui spettano, per legge, almeno 2 deputati. Il numero dei seggi alla Camera dipende però dalla popolazione di ogni provincia. Madrid, con quasi 4 milioni di votanti, elegge 34 rappresentanti alla Camera. Alava, nei Paesi Baschi, con solo 220 mila votanti, ne manda al Congresso 4. C'è poi un tetto minimo per conseguire un seggio, il 3 per cento in ogni circoscrizione. Il sistema dei resti non esiste, valgono solo i voti conseguiti in ognuna delle 52 sedi. Quindi si aggiudicano matematicamente i seggi. Ogni partito che abbia superato il fatidico 3 per cento divide la somma dei voti conseguiti per il numero degli scanni disponibili in ogni circoscrizione. Fatta la tabella, si comincia dal primo, che spetta al partito maggioritario, poi via via seguendo il numero più alto dei voti ottenuti dalle varie liste. Questo sistema proporzionale D'Hondt premia insomma i partiti maggioritari non solo su scala nazionale, ma anche quelli su scala di circoscrizione. Con risultati quanto meno sorprendenti. Coalicion Canaria, con lo 0,8 per cento a livello nazionale, ma con il 24,6 e il 26,7 per cento nelle due circoscrizioni delle isole, è diventato il sesto partito nazionale. Il settimanale «El Siglo», prima delle elezioni, ha chiesto ai maggiori partiti se considerassero necessaria una riforma elettorale. Tutti hanno risposto di no. Secondo l'esperto Dieter Nohlen «il sistema spagnolo è imperfetto ed è in aperta contraddizione con il principio di uguaglianza dei suffragi dei suoi abitanti e dovrebbe essere oggetto di una riforma». Gian Antonio Orighi
Persone citate: Adolfo Suarez, Dieter Nohlen, Gonzalez, Ortega, Unida
Luoghi citati: Madrid, Paesi Baschi
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