In cella l'ex ministro dc Darida

Avrebbe preso un miliardo 750 milioni da Cogefar-Impresit per il metrò Avrebbe preso un miliardo 750 milioni da Cogefar-Impresit per il metrò In cella l'ex ministro de Derida Chiesto l'arresto di Citaristi e Moschetti MILANO. Era scampato alle «carceri d'oro», adesso è a San Vittore, sesto raggio, lato B, cella singola da tangentista. Brutta fine per Clelio Darida, ex ministro de, ex sindaco di Roma, ex parlamentare. Corruzione e violazione della legge sul finanziamento pubblico, l'accusa dei giudici di «Mani pulite». Tangenti sul metrò di Roma, il fatto. Un miliardo e 750 milioni pagati dalla Cogefar-Impresit (gruppo Fiat), la bustarella. A fare il nome di Darida è stato Umberto Belliazzi, ex responsabile della Fiat a Roma, adesso agli arresti domiciliari. Belliazzi racconta tutto a Di Pietro. E parte da quei contatti dell'87, quando l'allora ministro delle Partecipazioni statali ammoniva: «La Fiat Impresit non assolve a certi impegni finanziari». Ruolo importante, nella vicenda Intermetro, quello di Darida. Collettore di mazzette, in sostanza. Fu proprio lui, secondo Belliazzi, a creare il contatto con Crescenzo Bernardini, allora portaborse e portatangenti di Vincenzo Balzamo, cassiere nazionale psi, e adesso agli arresti domiciliari. Incontro, accordo, bustarella. E soldi versati in Svizzera, come sempre in questi casi. Già, brutta fine quella di Clelio Darida, negii Anni 50 leader dei giovani de, parlamentare nel '63, e poi sindaco della capitale, dal '69 al '76. Formidabile, la carriera: ministro con Andreotti, Cossiga, Forlani, Spadolini, Craxi, Clelio Darida passa dalle Poste alle Partecipazioni statali, dalla Funzione pubblica alla Giustizia. Nell'87 non è più eletto. E iniziano i guai con la giustizia. Il primo è quello delle «carceri d'oro». Per l'architetto De Mico Clelio Darida prese 150 milioni. Un miliardo la richiesta. Tutto archiviato nell'89. Motivo: «Dichiarazioni inattendibili di Bruno De Mico». Quattro anni dopo, ieri, le manette. E non finisce qui il bollettino degli arresti di ieri a Tangentopoli, dove tutto cambia ma non il rullo compressore di «Mani pulite». Accompagnato dall'avvocato, si costituisce a Di Pietro Hans Jurgen Verling, direttore generale del settore trasporti e componentistica della Siemens Italia. Mazzette ferroviarie, il filone. Duecento milioni, la mazzetta pagata ad Arnaldo Chisari, il direttore generale del ministero dei Trasporti, dal 24 maggio stesso carcere, stesso raggio. Continuano intanto le richieste dei magistrati milanesi per mandare a San Vittore pure Severino Citaristi e Giorgio Moschetti, i due senatori de più volte avvisati in «busta gialla». Chiedono nuovamente l'arresto i giudici antitangenti. E per Citaristi, tangenti Enel, Anas, Fs, motivano al Senato: «Dovendosi ragionevolmente ritenere che egli commetterà ulteriori reati della stessa specie di quelli per i quali si è chiesta o si chiede l'autorizzazione a procedere». Stessa musica per Giorgio Moschetti, mazzette Acea. E intanto si preparano nuovi processi. Dodici persone sono state rinviate a giudizio per le tangenti pagate sugli appalti dell'Ortomercato. Corruzione l'accusa contestata dal giudice Ghitti, che ha rinviato tutti a giudizio al prossimo tre dicembre. Pena patteggiata per l'ex assessore al Commercio Angelo Capone, psi. A lui niente processo, ma subito un anno e sei mesi di carcere per una bustarella da 70 milioni. Capone, compunque, è latitante da mesi, ricercato per l'inchiesta sullo scandalo dell'edilizia privata. La stessa inchiesta, condotta dal giudice Fabio Napoleone, che ha portato domenica in carcere a Pavia l'ex assessore al Demanio Bruno Falconieri, socialista pure lui. Falconieri è accusato di concussione per avere «raccolto» nel giugno '91 una tangente da 300 milioni per il piano di recupero di un'area industriale. A pagare la Immobiliare Monterosa, a cui Falconieri aveva chiesto inizialmente 500 milioni. Secondo la ricostruzione del magistrato Falconieri nella vicenda ebbe il ruolo di collettore. Raccolse i soldi, e li girò ad altri consiglieri comunali del garofano. Quali? Per ora non si sa. E il giudice Napoleone indaga- Fabio Potetti Quattro anni fa era scampato a un altro scandalo: le carceri d'oro Severino Citaristi (qui a fianco); Clelio Darida (foto grande) e Giorgio Moschetti (in alto)

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